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lunedì 10 maggio 2021

TERRORISMO
di Franco Astengo


Il lungo testo dell’intervista sul terrorismo rilasciata dal presidente Mattarella a “la Repubblica” è attraversato da un “nocciolo duro”. Una tesi di fondo riferita alle “incompletezze” degli elementi di conoscenza di cui disponiamo rispetto a quel tragico periodo. Dobbiamo interrogarci però sul dove dovrebbe essere ancora rivolta la domanda di verità avanzata dal Presidente della Repubblica. Una domanda sul chi dovrebbe essere chiamato a rispondere e a svelare le “zone grigie” che certo non corrispondevano agli intellettuali che, all’epoca, non si schierarono “né con lo Stato, né con le Br”.
Mattarella nella sostanza identifica il presunto terrorismo rosso nella “Resistenza Tradita” in una sorta di richiamo ad un dannunzianesimo anarcoide e il presunto terrorismo nero (sul quale si ammettono collegamenti interni ed esteri) ad un tentativo di “eversione della giovane democrazia italiana”. Nel primo caso Mattarella ritiene, ancora adesso, non sufficientemente condannati gli intellettuali appartenenti a una sorta di “circolo della critica”, mentre nel secondo caso non rivolge la sua richiesta di verità verso quei “corpi separati” che, in realtà, ebbero parte grandemente attiva all’esplosione terroristica almeno sul piano del determinarne tempi e modi (a partire da piazza Fontana).
In queste condizioni è inutile chiedere la verità, auspicare la cattura (dopo 40 anni) dei latitanti all’estero: non sta lì la risposta compiuta, ma sta dentro alle strutture e ai servizi della Repubblica dell’epoca e all’interno dello stesso sistema politico. Per comprenderci meglio: il rapimento e l’uccisione di Moro furono sicuramente da attribuirsi al filone delle Br.
Deve però essere considerato come quel fatto fu anche l’unico che determinò una deviazione di fondo nell’insieme del sistema politico italiano: come il punto di inserimento di una nuova frattura rispetto a quella determinatasi con il 18 aprile del ’48 e corrispondente alla divisione del mondo in blocchi.
Una deviazione che portò alla fine della “Repubblica dei Partiti” e che non poteva essere identificata nell’attacco al “compromesso storico” inteso come tentativo di saldatura della divisione cui si faceva cenno poc’anzi e che aveva portato alla “conventio ad excludendum” e alla democrazia bloccata: questa tesi regge, (vedi il libro di Veltroni recentemente pubblicato), ed è patrimonio di gran parte della vulgata corrente.
La deviazione nell’andamento del sistema politico si ebbe, invece, sulla faglia “fermezza/trattativa”, con i protagonisti che ricordiamo e con una paradossale eterogenesi dei fini.