Il
lungo testo dell’intervista sul terrorismo rilasciata dal presidente Mattarella
a “la Repubblica” è attraversato da un “nocciolo duro”. Una tesi di fondo
riferita alle “incompletezze” degli elementi di conoscenza di cui disponiamo
rispetto a quel tragico periodo. Dobbiamo interrogarci però sul dove dovrebbe
essere ancora rivolta la domanda di verità avanzata dal Presidente della
Repubblica. Una domanda sul chi dovrebbe essere chiamato a rispondere e a
svelare le “zone grigie” che certo non corrispondevano agli intellettuali che,
all’epoca, non si schierarono “né con lo Stato, né con le Br”. Mattarella
nella sostanza identifica il presunto terrorismo rosso nella “Resistenza
Tradita” in una sorta di richiamo ad un dannunzianesimo anarcoide e il presunto
terrorismo nero (sul quale si ammettono collegamenti interni ed esteri) ad un
tentativo di “eversione della giovane democrazia italiana”. Nel primo caso
Mattarella ritiene, ancora adesso, non sufficientemente condannati gli
intellettuali appartenenti a una sorta di “circolo della critica”, mentre nel
secondo caso non rivolge la sua richiesta di verità verso quei “corpi separati”
che, in realtà, ebbero parte grandemente attiva all’esplosione terroristica
almeno sul piano del determinarne tempi e modi (a partire da piazza Fontana). In
queste condizioni è inutile chiedere la verità, auspicare la cattura (dopo 40
anni) dei latitanti all’estero: non sta lì la risposta compiuta, ma sta dentro
alle strutture e ai servizi della Repubblica dell’epoca e all’interno dello
stesso sistema politico. Per comprenderci meglio: il rapimento e l’uccisione di
Moro furono sicuramente da attribuirsi al filone delle Br. Deve
però essere considerato come quel fatto fu anche l’unico che determinò una deviazione
di fondo nell’insieme del sistema politico italiano: come il punto di
inserimento di una nuova frattura rispetto a quella determinatasi con il 18
aprile del ’48 e corrispondente alla divisione del mondo in blocchi. Una
deviazione che portò alla fine della “Repubblica dei Partiti” e che non poteva
essere identificata nell’attacco al “compromesso storico” inteso come tentativo
di saldatura della divisione cui si faceva cenno poc’anzi e che aveva portato
alla “conventio ad excludendum” e alla democrazia bloccata: questa tesi regge, (vedi
il libro di Veltroni recentemente pubblicato), ed è patrimonio di gran parte
della vulgata corrente. La
deviazione nell’andamento del sistema politico si ebbe, invece, sulla faglia
“fermezza/trattativa”, con i protagonisti che ricordiamo e con una paradossale
eterogenesi dei fini.