La linea ufficiale delle
organizzazioni sindacali per anni è stata (e in molti casi lo è ancora) quella
della monetizzazione della salute. Il sindacato confederale e i partiti politici che lo
controllavano e che tuttora lo controllano, sotto la pressione e le lotte
spontanee per la difesa della salute, contro la nocività e per il rispetto
della salute e delle norme antinfortunistiche dei lavoratori nei luoghi di
lavoro e di vita come è successo anche con il covi19, sono quindi stati
costretti a interessarsi della salute assumendosene la "delega",
anche se nessuno l'aveva loro concessa, nel tentativo di togliere il
protagonismo ai lavoratori. Nello scontro col padronato i lavoratori sono stati
costretti a sperimentare nuove forme di lotta, a rivendicare i dispositivi di
protezione individuali e collettivi, come le pause, 5/10 minuti l’ora di
respiro “libero” fuori dai reparti senza mascherine o luoghi nocivi in cui
erano ammassati. I lavoratori da sempre capiscono che dalla loro parte
hanno il numero, sono tanti, e comprendono che nell'unità c'è la loro forza
d'urto, ma anche che nella fabbrica, in ogni luogo di lavoro per battere il
dominio incontrastato del padrone, bisogna sviluppare una propria, autonoma e
indipendente capacità critica della complessiva organizzazione capitalistica
del lavoro. Le lotte derivano da contraddizioni reali che i
lavoratori vivono e gli scioperi sono frutto delle decisioni preventivamente
concordate, dei momenti di discussioni collettive sul contratto, sulla
brutalità delle condizioni di lavoro nella fabbrica, sul complessivo
sfruttamento cui è sottoposto il lavoratore. Per il padrone e gli istituti da lui chiamati a
controllare la salubrità degli ambienti di lavoro la concentrazione di polvere,
gas e fumi, il calore, la rumorosità, la luminosità, i ritmi e la fatica del
lavoro, la situazione è sempre normale con o senza Green Pass; per i lavoratori
la situazione invece è molto diversa, e tuttora spesso sentono, che questi
istituti apparentemente neutri ma pagati del padrone, li imbrogliano e
continuano a imbrogliarli.
L'indagine operaia e l'organizzazione capitalistica
del lavoro. Se negli anni passati la salute del lavoratore poteva
essere in parte tutelata attraverso l'adozione di strumenti protettivi
(aspiratori, maschere, tute, ecc.) capaci di preservarci dalle nocività così
come s'intende normalmente (calore, rumore, polveri ecc.), oggi in particolare
con la pandemia si vede ancora meglio come tutta l'organizzazione del lavoro
nella fabbrica è essa stessa nocività. Il cottimo palese o mascherato come
premio di risultato, ritmi, orario di lavoro, organici, qualifiche,
dislocazione e tipo del macchinario, costituiscono insieme con il rumore, il
calore, le polveri, quel tutto unico che significa sfruttamento del lavoratore.
Medicina preventiva, rapporto medico-lavoratore, passato e presente. Se in
passato le visite periodiche, da parte dei medici di fabbrica si svolgevano in
questo modo: «Si va all'infermeria, si viene pesati, viene fatto firmare un
documento senza che nessuno spieghi cosa vi sia scritto. Il medico interroga il
lavoratore sulle malattie subite nel recente passato, ausculta i polmoni, prova
la pressione del sangue: la durata media della visita non supera i 6-7 minuti.
Molte volte non c'è neppure fatta togliere la giacca». Oggi la situazione non è
molto diversa con il medico competente pagato dal padrone per fare i suoi
interessi. Il lavoratore si reca alla visita per pura formalità:
non conoscerà l'esito reale della visita, sa che quella "visita" non
c'entra nulla con la tutela della sua salute, essa fa parte di un rapporto
privato tra il medico e la Direzione volto ad accertare unicamente l'efficienza
produttiva del lavoratore. Col medico di fabbrica ci si confida il meno
possibile per il timore di essere dichiarati inidonei al proprio attuale lavoro
e di essere spostati in un altro reparto, subendo una decurtazione di salario. Nel frequente caso di disturbi e malattie ci si
rivolge con fiducia al proprio medico curante, ma questi, per la cultura
professionale che gli è stata generalmente impartita all'università, non
conosce minimamente le condizioni di lavoro cui è sottoposto il suo paziente e
quindi, non essendo in grado di stabilire un rapporto tra disturbi denunciati e
ambiente di lavoro, non ha, in linea di principio, la possibilità di formulare
una diagnosi corretta. Il medico si trova di fronte a malattie di cui non è
in grado di controllare le cause e quindi la sua sfera d'intervento è limitata
ad alleviare il dolore del paziente con dei farmaci. Questo valeva per il
passato, quando pensiamo all'Italia delle grandi fabbriche diffuse su tutto il
territorio, con le centinaia di migliaia di operai che ci lavoravano, ma
purtroppo vale anche per il presente. È quindi necessario istituire un'efficiente medicina
preventiva che, ricercando scientificamente il rapporto di causalità tra
malattie tipiche della società industriale (disturbi cardiaci, reumatismi,
bronchiti, tumori, ecc.) e intervenga sull'ambiente di lavoro per rimuovere le vere
cause delle malattie. Sempre più alle vecchie malattie e nocività che
colpiscono la classe operaia e i lavoratori si aggiungono le nuove pandemie
dovute a un sistema capitalista /imperialista che distrugge gli esseri umani e
la natura. Sulla base della nostra esperienza noi riteniamo
necessario un nuovo rapporto fra medico e lavoratore, un confronto dialettico
di reciproco arricchimento di cognizioni, un rapporto che li deve vedere
entrambi necessari protagonisti di una medicina a favore dell'uomo che lavora e
non del padrone o delle multinazionali dei farmaci che non hanno nessun
interesse a investire in ricerche per guarire i malati ma solo quello di
rendere croniche le malattie per vendere più farmaci. Da sempre noi operai,
lavoratori e cittadini, compagni del Centro di Iniziativa Proletaria “G.
Tagarelli” e del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel
Territorio, non abbiamo nessuna fiducia nello Stato e nella scienza e medicina
del padrone. Abbiamo sempre lottato in prima persona senza delegare
ad altri la difesa dei nostri interessi e diritti raggiungendo con le lotte
contro i padroni e l’INAL risultati importanti, per i lavoratori e per le
vittime dell’amianto e altre malattie professionali. La nostra lotta non si è fermata alla fabbrica,
l’abbiamo portata anche nei palazzi del potere, davanti al governo, parlamento,
in confronti scontri con i medici e persino nelle aule di tribunale pur sapendo
che la legge del nemico è contro gli operai e i proletari dimostrando ai nostri
compagni che credevano nell’imparzialità delle istituzioni che in una società
divisa in classi non esiste neutralità, né della legge, né della scienza né
della medicina . Avendo provato per decenni sulla nostra pelle la
medicina del padrone, abbiamo lottato per far mettere al bando l’amianto anche
quando era legale e, il governo e tutti i suoi esperti, medici, scienziati ecc
del Ministero della Salute dicevano che non era cancerogeno perché pagati anche
dalle lobby dell’amianto, fino a farlo mettere fuorilegge con la legge 257 del
1992 grazie alle lotte dei lavoratori dell’Eternit, della Breda, dell’Ilva di
Taranto, i Cantieri navali, i portuali, i cittadini di Casale Monferrato e
molti altri. Michele Michelino Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio