“Compagni dai campi e dalle
officine
prendete la falce e impugnate il martello
scendete giù in piazza picchiate con quello scendete giù in piazza affossate il sistema” (“Contessa” – Paolo Pietrangeli) Epoi ci sono gli “arrabbiati” come Paolo Pietrangeli, che si collocano nel
filone della canzone di protesta degli anni Settanta, fortemente impegnata, che
scrivono dei testi politici che, se non hanno avuto un grosso riscontro di
vendite, sono tuttavia stratificati nella memoria di chi ha vissuto quegli
anni, tanto da diventare degli inni generazionali. Come si sa, fra la fine
degli anni Sessanta e i primi Settanta, fioriscono i più importanti cantautori
italiani. Si lascia da parte l’easy listening, la canzonetta facile e
orecchiabile, tutta cuore e amore, e si cavalcano temi di grande respiro,
sociali e politici. Anche i cantautori
della prima generazione, quelli che avevano iniziato nei Sessanta con le
canzoncine d’amore, virano sui temi impegnati. Pietrangeli si colloca in questa
scia e compone canzoni che concedono poco alla melodia e al sentimento ma che
trattano tematiche pesanti, nel solco della tradizione dei canti di lotta
operai, e le sue canzoni sono talmente impersonali che sembrano anch’esse
canzoni popolari. Il nome di Pietrangeli si identifica da sempre con il suo
manifesto: “Contessa”. Il brano diventò il vero inno delle occupazioni
studentesche del 1968. Pietrangeli, uno studente comunista lettore di
"Classe Operaia" e di "Operai e capitale", la scrisse nel
maggio 1966 durante l'occupazione dell'Università di Roma seguita all'uccisione
dello studente Paolo Rossi da parte dei fascisti, avvenuta il 27 aprile. “E la
scrisse in una notte”, come si può leggere in rete (Wikipedia), “prendendo
spunto dalle conversazioni che una certa vecchia borghesia faceva a proposito
di quell'occupazione e di pretese orge sessuali e dalla cronaca di un piccolo
sciopero avutosi a Roma in una fabbrichetta, dove il padrone, certo Aldo, aveva
chiamato la polizia contro i suoi operai che facevano picchettaggio." Appena prima, c’era stata “Valle Giulia”
ispirata dagli avvenimenti del 1° marzo 1968, quando presso la Facoltà di Architettura della Università di Roma, appunto a
Valle Giulia, avviene il primo grave scontrotra gli studenti
che occupano e le forze dell'ordine. Il ’68, in cui inizia Pietrangeli, è un
anno di svolta nella musica oltreché nel costume. Un anno di cambiamenti
epocali, analizzato nel libro Avanti Pop.
Canzoni
indimenticabili di un anno che non è mai finito(Rizzoli,
2008), a
cura di due ottimi giornalisti musicali: Franco Zanetti, direttore della
rivista Rockol, e Riccardo Bertoncelli, quello citato nella famosissima canzone
di Guccini “L’avvelenata”. Nel libro si elencano le classifiche di vendita
di quell’anno ma soprattutto vengono tratteggiati, insieme ai mutamenti
sociali, alle agitazioni studentesche, ai sommovimenti politici, i prodromi
della canzone d’autore impegnata. E infatti al volume è allegato un cd che
documenta la canzone di sinistra che stava nascendo, quella dei circoli operai,
delle sezioni del Pci, delle prime manifestazioni di piazza, diffusa principalmente per via orale, con
rari sbocchi e riscontri discografici (il disco, prodotto da Ala Bianca,
comprende, fra gli altri, brani di Giovanna Marini, Sergio Liberovici, Fausto
Amodei, tratti dal repertorio dei Dischi del Sole, un giacimento culturale
depositato nell'archivio sonoro dell'Istituto Ernesto De Martino). Paolo
Pietrangeli in realtà ha una grande passione per il cinema e infatti
all’attività di cantautore affianca ben presto quella di regista, con film come
Bianco e nero dal contenuto
fortemente politico, del 1974, Porci con
le ali, del 1977, tratto dall’omonimo romanzo di Marco
Lombardo Radice e Lidia Ravera, e I giorni cantati, in cui
recita anche Francesco Guccini. Passa poi alla regia televisiva e in questo
caso fa un patto con il diavolo. Egli, convinto comunista, entra nel libro paga
del telecapitalista Berlusconi e addirittura si dà ai lustrini e pailettes,
dirigendo il “Maurizio Costanzo show”, in seguito alcune fra le più becere
trasmissioni di Mediaset, quelle di Maria De Filippi. “Cosa nun se fa pe magnà”,
verrebbe da dire. La coerenza politica
non si sposa bene col pranzo e la cena, con l’ideologia non si fa la spesa e il
sol dell’avvenire non riscalda la fine del mese. Nel 1996, si candida alla
Camera dei Deputati con Rifondazione Comunista ma viene trombato, ci riprova al
Senato e viene trombato ancora. Poi lascia Rifondazione, per cui aveva scritto
anche l’Inno (“Coraggio compagni e compagne, riprendiamoci quello che era
nostro e rialziamola questa testa!”), ed entra nel
partito di Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà. Nel 2010 porta
in scena lo spettacolo in due atti "T(essere)". Tra le canzoni,
interpretate in compagnia di Giovanna Marini e Rita Marcotulli, e i brani
recitati dall'attore Johnny Errera, Pietrangeli ripercorre la sua storia di
musicista e soprattutto cerca di mettere a fuoco l'ambivalenza che lo ha
accompagnato per tutta la vita: da una parte il raccontare con le canzoni,
attività che non è mai diventata un vero mestiere, dall' altra il suo lavoro di
regista cinematografico e televisivo: «Ripeto spesso che il mestiere è una cosa
e la volontà di raccontare è un'altra» dice Pietrangeli su “La Repubblica” on
line. «In molti, soprattutto a sinistra, sottolineano spesso questa mia doppia
attività come una contraddizione, ma si tratta di un'accusa infondata: da aiuto
regista non ho fatto solo i film belli con Visconti e Fellini, ma anche film
brutti dai quali ho però imparato tante cose. Ho sempre vissuto così, fino al
venerdì ho fatto l'aiuto regista e poi il regista, al sabato andavo a cantare.
L' importante è fare il proprio lavoro con passione: anche in una trasmissione
come "Amici" posso raccontare una storia attraverso immagini che
aggiungono sapori e intuizioni». Contento lui. Il cantante
Pietrangeli comunque resta quello di “Vestito di Rossini”, “Era sui
quarant’anni” e soprattutto “Contessa”. Al brano è legato un curioso aneddoto.
Intanto “Contessa” non ha copyright perché Pietrangeli non l’ha registrata, per
cui possono eseguirla tutti senza pagare i diritti. Nel 2006, alla malmostosa
festa del Primo Maggio di Roma, i Modena City Ramblers, che attraversavano un
momento di crisi con l’uscita dal gruppo del cantante Cisco, decidono di
interpretare su quel palco, emblema della falsa retorica comunarda di pace
unità accoglienza e uguaglianza, la canzone di Pietrangeli, cambiandone però una
strofa del ritornello perché giudicata troppo violenta. Piccata la reazione di
Pietrangeli, il quale, se da compagno libertario e pacifista non può impedirlo,
certo non si esime dal bollare la trovata dei Modena come una vera porcata. Si
apre una furiosa polemica sulla rete e un botta e risposta velenoso fra l’autore
e il gruppo modenese e fra questi ultimi e i lettori che li sommergono di
critiche. E d’altro canto, perché gli impresentabili Modena, se non condividono
una canzone, devono cantarla? È la domanda che viene spontanea. Confesso di
avere ascoltato in passato i primi dischi dei MCR, ma di avere sempre saltato
la loro riproposizione di “Contessa” e “Bella ciao”, per ragioni di reflusso
esofageo, per cui non mi ero punto avveduto del cambio di versi. Le ho
ascoltate in seguito alla polemica e ho preso atto della manipolazione. I
Modena fanno parte di quella congerie di musicisti che copiano, cioè che si
collocano nel solco di qualche maggiore e ne seguono le orme. Così per esempio,
ad altri livelli, fa pure Zucchero, ma per lui, se non si tiene conto dell’assenza
di originalità, si può apprezzare una proposta musicale di ottimo livello. I
Modena invece, come tutti i descamisados
finti arrabbiati, zapatisti per posa, con questo incidente al Primo Maggio
hanno perso ogni residua credibilità. Se tanto mi dà tanto, rispetto alla
Contessa “col filtro” dei Modena, meglio la “Contessa” di Enrico Ruggeri. C’è un video
allucinato in cui un sudatissimo Pietrangeli si esibisce al Folkstudio cantando
“Contessa” alla chitarra, accompagnato da Giovanna Marini. Quando alla fine
scatta l’applauso del pubblico, sembra quasi una liberazione per il goffo
Pietrangeli e un po’ anche noi ci sentiamo sollevati da quell’imbarazzo che
soffrivamo con lui. Paolo mi ricorda straordinariamente un professore di
filosofia del mio Liceo, Sergio Starace, il quale amava le canzoni popolari e
di protesta e durante le assemblee di istituto o le occupazioni studentesche
sovente imbracciava la chitarra e si metteva a cantare. Starace, che già
all’epoca aveva un grave deficit visivo poi diventato cronico, si mischiava
agli studenti e partecipava alla buriana come un nostro consimile e questo mi
colpiva molto, perché nel mio immaginario adolescenziale la figura di un docente
che stesse dall’altra parte delle barricate era alquanto suggestiva. Poi gli
anni passano e certe esperienze si dimenticano e con esse le canzoni che le
accompagnavano, che hanno segnato i momenti belli del passaggio dell’età. Così,
quasi per tutti. Non per Pietrangeli, che continua indefesso a cantare
“Contessa”. E bandiera rossa la trionferà.