Procaccini
e Cucchi. C’è un quadro che non mi stanco
mai di vedere, si tratta della tela Ambrogioferma Teodosio sulla
porta della Basilica del bolognese Camillo Procaccini. Si trova nella
Basilica di Sant’Ambrogio qui a Milano e raffigura il vescovo che “armato” di
pastorale e di mitra respinge l’imperatore impedendogli di varcare la soglia
della chiesa. Lo sdegno di Ambrogio nasceva dal sangue di cui l’imperatore si
era macchiato a Tessalonica nel 390. Teodosio, tuttavia, era cristianissimo e
usò la mano pesante contro eresie e pagani, politica che Ambrogio non
disdegnava, com’è noto, tanto che alla morte dell’imperatore sarà proprio lui a
celebrare a Milano i solenni funerali di questo devoto figlio della Chiesa. Il
quadro esibisce un Ambrogio deciso e risoluto che se ne fa un baffo della
porpora rossa dell’imperatore. Che il vescovo guerriero originario di Treviri
avesse conservato intatta la carica del combattente, ce lo mostra un altro
pittore, il milanese Ambrogio Figino, col suo dipinto dal titolo rivelatore: Sant’Ambrogio a cavallo scaccia gli ariani, realizzato verso la fine del Cinquecento. In sella
ad un cavallo impennato il religioso leva il braccio brandendo lo scettro
ecclesiastico, indifferente ai corpi calpestati. L’Ambrogio del Procaccini me
lo sono andato a rivedere anche lunedì 1° novembre in una giornata grigia e
piovosa. C’era la messa e nessuno badava a me, defilato nella penombra della
parte laterale della Basilica, col naso rivolto in su ad ammirare il dipinto, donato
da un anonimo devoto benefattore nel 1866, come recita la targa sottostante.
Maurizio Cucchi
Ero volutamente arrivato in anticipo rispetto all’orario dell’appuntamento che
avevo con il poeta Maurizio Cucchi proprio davanti alla chiesa, per poterlo contemplare
ancora una volta con tutto l’agio necessario. Una doppia gioia per me, in quella
tarda mattinata novembrina, perché al suadente pennello del Procaccini ho unito
il piacere di una conviviale conversazione col poeta Cucchi sui temi più
diversi. Ho potuto conoscere alcuni aspetti della sua infanzia e della sua
giovinezza attraverso i luoghi della città abitata nel tempo; di una Milano che
si è trasformata ed in parte è sparita. Seduti ai tavolini della Pasticceria
Viscontea, mentre la pioggia batteva incessante, pensavo ai suoi tanti versi e
alle sue traversate; e a come anch’io, che seppure in questa città non
ci sia nato, la attraverso e la canto con lo stesso amore.