Dieci febbraio: quale ricordo? Dagli
anni ’90 è diventato dominante nel dibattito politico nazionale l’assillo per
la memoria condivisa. Ricompare allora in Italia il tema delle foibe e delle
“atrocità comuniste titine”. Vengono così recuperati viete modalità e falsi
miti della propaganda fascista d’epoca. Ci sono voluti alcuni anni, e
cospicui finanziamenti pubblici, e nel marzo del 2004 - con il governo
Berlusconi e un largo consenso bipartisan - si è arrivati ad approvare una
legge sul “Giorno del Ricordo”, nota a tutti come la giornata delle foibe e
dell’esodo. È
questo un clamoroso esempio di come legalmente si possa mistificare la storia.
Prendiamo l’articolo 2, comma 3, della succitata legge: “Agli infoibati sono
equiparati a tutti gli effetti gli scomparsi e quanti nello stesso periodo e
nelle stesse zone sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione,
massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati”. Insomma, bisogna far
dimenticare che nei Balcani negli anni ’40 era in corso una guerra di
liberazione contro la feroce invasione nazifascista. Fa comodo avere una legge
che assimili agli “infoibati” tutti i morti e gli scomparsi di quell’epoca di
guerra. In tutta Europa nel dopoguerra ci furono decine di migliaia di vittime delle
vendette contro fascisti, nazisti e collaborazionisti: è l’esito tragico di
ogni moderna guerra totale. Perché solo in Italia ci vuole un Giorno apposito
che faziosamente le ricordi? Non una parola
sulle stragi, le violenze e i crimini perpetrati dall’esercito italiano e dai
suoi alleati sul confine orientale. Non si ricordano le deportazioni di donne,
anziani e bambini in decine di campi di concentramento. Non una parola sui
paesi e villaggi saccheggiati e bruciati per rappresaglia dai nostri soldati.
Meglio tacere anche sulla triestina Risiera di San Sabba, dove i
nostri alleati nazisti bruciavano gli slavi nei forni. Perché
non ricordare un ventennio di “bonifica etnica”, con il divieto di usare la
lingua croata o slovena, l’italianizzazione forzata dei cognomi, l’epurazione
del clero cattolico slavo e l’impossibilità di esercitare attività economiche
per i “non italiani” definiti “allogeni”? Con
il 10 febbraio si promuove invece il mito della pulizia etnica per far credere
che quelle persone furono perseguitate e infoibate solo “in quanto italiane”.
Non si ricorda che decine di migliaia di militari italiani dopo l’8 settembre
1943 hanno combattuto con l’esercito di liberazione jugoslavo contro i
nazifascisti. Si sa, ma non si ricorda, che migliaia di soldati italiani sono
stati salvati dalla deportazione in Germania dai partigiani slavi e nascosti
dalla popolazione croata e slovena. Non si ricorda che rappresentanti italiani
erano eletti nel parlamento comunista jugoslavo. Si
parla poi dell’esodo come fosse una tragedia solo italiana e si dimenticano le
decine di milioni di profughi e rifugiati in tutta Europa durante la guerra e
dopo il 1945. Si enfatizzano episodi e disagi patiti dagli esuli all’arrivo in
patria. Vittimisticamente si ignora il contesto di distruzione post-bellica in
cui si viveva in Italia. Si dimenticano i tanti provvedimenti a favore degli
stessi profughi, tra cui le misure di sostegno economico e le agevolazioni nel
trovare loro casa e lavoro. Anche la data del
10 febbraio è stata scelta per cancellare il ricordo di quanto realmente
accaduto quel giorno del 1947 in cui a Parigi veniva firmato il trattato di
pace e l’Italia pagava il conto per una guerra voluta dalle farneticazioni imperial-nazionalistiche
del fascismo. Una ideologia totalitaria al servizio di potentati economici che
ora rialza la testa con i suoi variegati eredi, in nome di una necessaria italianità
condivisa e perfino riabilitando il corporativismo e il razzismo, come già a
Fiume insegnava nel 1919 Gabriele d’Annunzio. [Aned e Anpi]
Movimento Nonviolento Brescia