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sabato 12 febbraio 2022

NELLA DIREZIONE SBAGLIATA
di Alfonso Navarra



Fossili e nucleare.
 
Il cambiamento climatico continua la sua inarrestabile corsa e il limite di 1,5°C è sempre più vicino. Continuando con le attuali politiche globali si avrà un aumento delle temperature fino a circa 2,7°C, di molto oltre gli obiettivi fissati negli Accordi di Parigi. Eppure, gli eventi catastrofici che già oggi viviamo dimostrano come ogni minimo ritardo nell’avviare un processo reale di transizione ecologica abbia effetti tangibili e drastici sulle vite di miliardi di esseri umani. Dal 2010 ad oggi si sono verificati almeno 1.171 eventi meteorologici estremi, pari ad una media di 106 l’anno, provocando migliaia di vittime e danni economici miliardari. Secondo il Global Climate Risk Index del 2021 l'Italia è al posto a livello globale per numero di vittime dirette di eventi estremi tra il 2000 e il 2019. Non possiamo perdere altro tempo.
In questo contesto il MITE sta valutando interventi legati a 50 centrali a gas fossile per 20.000 MW di nuova potenza distribuita tra nuove realizzazioni e ampliamenti, parte di un piano fatto di più di 115 interventi infrastrutturali del gas tra metanodotti, impianti di rigassificazione, impianti di stoccaggio, piattaforme di estrazione, e altre false soluzioni come il CCS. Oltre a rispolverare pericolose e velleitarie ricette come il nucleare.
 
Sette ragioni perché il metano è parte del problema e non può essere una soluzione.
 
1.- Per affrontare il phase out dal carbone, non abbiamo bisogno di nuove centrali a gas fossile. Quelle esistenti sono più che sufficienti ad accompagnare la transizione verso un utilizzo diffuso e massiccio di rinnovabili.

2.- Gli investimenti previsti nel gas fossile, comprensivi di Capacity Market, ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, che verranno sottratti alle energie rinnovabili, unica vera soluzione al cambiamento climatico.

3.- La molecola CH4 (metano) ha un effetto climalterante fino a 83 volte superiore alle CO2 ed è comunque una fonte fossile la cui combustione contribuisce al peggioramento dell’attuale situazione climatica.

4.- Le capacità occupazionali di impianti rinnovabili sono in larghissima misura maggiori rispetto a quelle di centrali a gas, producendo in alcuni casi anche il triplo di posti di lavoro.

5.- L’Italia importa il 94% del gas naturale che utilizza e ciò porta ad un’eccessiva dipendenza dal contesto internazionale e una conseguente vulnerabilità, non mitigabile da eventuali nuove estrazioni sul territorio nazionale, che non si avrebbe se investissimo nelle rinnovabili.        
6.- L’aumento dei costi in bolletta è da considerarsi come diretta conseguenza di questa politica di dipendenza dal gas fossile indipendentemente dalla sua provenienza e non è imputabile alla necessaria transizione ecologica.

7.- Considerati i tempi di vita di infrastrutture del metano, un’eventuale realizzazione nel 2025 condannerebbe l’Italia all’utilizzo del gas fossile almeno fino al 2050/2060, tempi incompatibili persino con gli obiettivi UE.