CONFRONTI Una riflessione sul conflitto in Europa di Claudia Azzola
Nel dibattito
sulla guerra, piuttosto, sull’aggressione da parte di una potenza a una nazione
sovrana, senza dichiarazione di guerra, non si può non essere d’accordo sugli errori
di valutazione e previsione da parte dell’Occidente e, prima ancora, sulle
conseguenze dell’assetto geopolitico disegnato a Yalta dai vincitori della Seconda
guerra mondiale, foriero di sciagure. E infatti. Sento richieste di disarmo venire da varie
parti e fazioni. Non penso che sia una cosa giusta. Sono richieste di disarmo
unilaterale, dato che la Russia non ha nessuna intenzione di disarmarsi e anzi nega
la responsabilità dei crimini perpetrati, in un crescendo che non conosce ripensamenti
a chiudere questa guerra insensata che si avvale anche di mercenari senza
regole, sanguinari.Lasciare quindi le mani
libere ai massacratori di civili, alle torture, alle devastazioni, alle deportazioni?
L’Ucraina non deve difendersi? Deve consegnarsi all’aggressore che non si
fermerà a dire: che bravi, come siete pacifisti? Il padrone della Russia, in un
discorso del dicembre 2012, disse: “Dobbiamo capire che i prossimi anni saranno
decisivi. Alcuni prenderanno il comando della storia, altri saranno destinati a
compiti periferici…”. L’Europa deve diventare protagonista,
insieme all’Ucraina, del proprio destino e non affidarsi alle armi americane,
deve salvaguardare i confini politici, chiudendo questo orrore provocato da un
uomo che ha preso il seggio più alto dello stato, che occupa da vent’anni, insieme
a fedelissimi o forse complottisti in
attesa di detronizzarlo. Dopo l’Ucraina, aspettiamo l’invasione delle repubbliche
baltiche, Romania, stati dell’ex Jugoslavia, ecc. nel disegno di riformare il
calco dell’Unione Sovietica - vecchio arnese ideologico. Lasciamo stare Churchill Stalin Roosevelt. Lasciamo
stare lo Zar, non spostiamo il giudizio storico a principii e assetti geopolitici d’altri tempi.
Credo, anzi, esperisco, che il fluire del reale
non si conforma a crismi politici preconcetti e sistemici, ma l’irrompere degli
eventi spezza gli schemi come il fiume rompe gli argini prudentemente eretti
per contenerlo. Ho sensazione forte di un rancore di europei verso l’Europa, di
diffidenza per la casa comune ricca di pensiero, illuminista, e fastidio della
coscienza individuale e del diritto di autodeterminazione. Sento il richiamo dal
soglio di Pietro in favore del disarmo, che non sarà attuato dall’uomo al potere
da vent’anni che disprezza i sudditi, cui è negato anche l’accesso all’informazione.
La propaganda di regime prescrive che l’Ucraina ha invaso la Russia, che gli
ucraini si tirano le bombe da soli! L’agnello ha aggredito il lupo! Sento simpatie per il potente russo provenire
da diverse parti politiche. Non sento la pietas per i rifugiati, i milioni di rifugiati
che hanno perso tutto, e hanno avuto la vita distrutta, insieme ai loro cari, e
perdono la propria lingua. Il profugo, parola tremenda che contiene fugěre,
fuggire, è eterno ritorno nella memoria dell’Europa. Persone giuridiche parte
di un organismo statuale di diritti e doveri sono deportate in una nuova
planimetria di sradicamento. Le donne che hanno il marito sul campo di
battaglia ne portano la memoria, come la moglie di Mandel’štam recava a memoria
i versi del grande poeta, che non poteva più scrivere perché stava morendo di
stenti in un gulag presso Vladivostok, deportatovi dall’allora padrone della
Russia. Un profugo è un paria. I suoi risparmi
sono rimasti nelle banche e non sa se li recupererà. Dare armi alla nazione
aggredita è aiutarla a difendersi, a non soccombere a una volontà imposta
unilateralmente. Finita questa macelleria, si passerebbe alle nazioni contigue
dell’Europa, per riportarle in un sistema non più accettabile in un mondo
globalizzato di scambi tra culture, stati e continenti. Se l’Ucraina si
disarma, la guerra finisce e la Russia, che non si disarma, procede a fare
tabula rasa. Ben venga il disarmo ma non unilaterale. La coraggiosa e dignitosa Ucraina deve
difendersi.