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venerdì 15 aprile 2022

CONFRONTI
Una riflessione sul conflitto in Europa
di Claudia Azzola
 


Nel dibattito sulla guerra, piuttosto, sull’aggressione da parte di una potenza a una nazione sovrana, senza dichiarazione di guerra, non si può non essere d’accordo sugli errori di valutazione e previsione da parte dell’Occidente e, prima ancora, sulle conseguenze dell’assetto geopolitico disegnato a Yalta dai vincitori della Seconda guerra mondiale, foriero di sciagure. E infatti.  
Sento richieste di disarmo venire da varie parti e fazioni. Non penso che sia una cosa giusta. Sono richieste di disarmo unilaterale, dato che la Russia non ha nessuna intenzione di disarmarsi e anzi nega la responsabilità dei crimini perpetrati, in un crescendo che non conosce ripensamenti a chiudere questa guerra insensata che si avvale anche di mercenari senza regole, sanguinari.  Lasciare quindi le mani libere ai massacratori di civili, alle torture, alle devastazioni, alle deportazioni? L’Ucraina non deve difendersi? Deve consegnarsi all’aggressore che non si fermerà a dire: che bravi, come siete pacifisti? Il padrone della Russia, in un discorso del dicembre 2012, disse: “Dobbiamo capire che i prossimi anni saranno decisivi. Alcuni prenderanno il comando della storia, altri saranno destinati a compiti periferici…”.
L’Europa deve diventare protagonista, insieme all’Ucraina, del proprio destino e non affidarsi alle armi americane, deve salvaguardare i confini politici, chiudendo questo orrore provocato da un uomo che ha preso il seggio più alto dello stato, che occupa da vent’anni, insieme a fedelissimi o forse  complottisti in attesa di detronizzarlo. Dopo l’Ucraina, aspettiamo l’invasione delle repubbliche baltiche, Romania, stati dell’ex Jugoslavia, ecc. nel disegno di riformare il calco dell’Unione Sovietica - vecchio arnese ideologico.  Lasciamo stare Churchill Stalin Roosevelt. Lasciamo stare lo Zar, non spostiamo il giudizio storico a principii e assetti geopolitici d’altri tempi.   



Credo, anzi, esperisco, che il fluire del reale non si conforma a crismi politici preconcetti e sistemici, ma l’irrompere degli eventi spezza gli schemi come il fiume rompe gli argini prudentemente eretti per contenerlo. Ho sensazione forte di un rancore di europei verso l’Europa, di diffidenza per la casa comune ricca di pensiero, illuminista, e fastidio della coscienza individuale e del diritto di autodeterminazione. Sento il richiamo dal soglio di Pietro in favore del disarmo, che non sarà attuato dall’uomo al potere da vent’anni che disprezza i sudditi, cui è negato anche l’accesso all’informazione. La propaganda di regime prescrive che l’Ucraina ha invaso la Russia, che gli ucraini si tirano le bombe da soli! L’agnello ha aggredito il lupo!  
Sento simpatie per il potente russo provenire da diverse parti politiche. Non sento la pietas per i rifugiati, i milioni di rifugiati che hanno perso tutto, e hanno avuto la vita distrutta, insieme ai loro cari, e perdono la propria lingua. Il profugo, parola tremenda che contiene fugěre, fuggire, è eterno ritorno nella memoria dell’Europa. Persone giuridiche parte di un organismo statuale di diritti e doveri sono deportate in una nuova planimetria di sradicamento. Le donne che hanno il marito sul campo di battaglia ne portano la memoria, come la moglie di Mandel’štam recava a memoria i versi del grande poeta, che non poteva più scrivere perché stava morendo di stenti in un gulag presso Vladivostok, deportatovi dall’allora padrone della Russia.  
Un profugo è un paria. I suoi risparmi sono rimasti nelle banche e non sa se li recupererà. Dare armi alla nazione aggredita è aiutarla a difendersi, a non soccombere a una volontà imposta unilateralmente. Finita questa macelleria, si passerebbe alle nazioni contigue dell’Europa, per riportarle in un sistema non più accettabile in un mondo globalizzato di scambi tra culture, stati e continenti. Se l’Ucraina si disarma, la guerra finisce e la Russia, che non si disarma, procede a fare tabula rasa. Ben venga il disarmo ma non unilaterale.  La coraggiosa e dignitosa Ucraina deve difendersi.