La ricorrenza della Giornata mondiale del libro è di grande significato,
a meno di attraversarla come una commemorazione puramente “celebrativa”, per
restituire l’importanza del libro e della produzione culturale e creativa, in
generale, non solo come fattore di crescita culturale e di progresso sociale,
ma anche come punto di intersezione tra istruzione, inclusione sociale,opportunità di
emancipazione. È allora assai significativo quanto emerge dal rapporto
recentemente pubblicato dall’UNESCO dal titolo «Leave no child behind. Global report on boys’
disengagement from education», vale a dire «Non lasciare indietro nessun bambino. Rapporto globale sull’abbandono scolastico dei ragazzi»,
che fornisce «una panoramica sulla situazione globale inerente all’abbandono e
al disagio scolastico dei ragazzi [e] identifica i fattori che influenzano la
partecipazione, l’avanzamento e i risultati di apprendimento dei ragazzi a
scuola». Ne emerge un quadro complesso, particolarmente grave nei
Paesi in cui le condizioni di vita e di accesso sono più problematiche,
aggravato dalla chiusura delle scuole, dalla compressione dei diritti e da
altre misure di limitazione e di contenimento assunte da vari Paesi in diversi
momenti della diffusione della pandemia da COVID-19. Infatti, come il report mette
in risalto (p. 14), «il diritto all’istruzione rimane un diritto ancora
irrealizzato per molti ragazzi. Troppi bambini e ragazzi in età di scuola
primaria e secondaria non vanno a scuola. Poco più della metà sono ragazzi. Una
delle preoccupazioni legate alla pandemia è che avrebbe portato ad un aumento
dell’abbandono scolastico. Nel 2020, l’ultimo anno scolastico prima della
pandemia, si stima che 259 milioni di bambini e ragazzi in età di scuola
primaria e secondaria abbiano abbandonato la scuola, 132 milioni dei quali
maschi. [...] Laddove, a livello globale, le ragazze si iscrivono a scuola
tendenzialmente meno dei ragazzi, i ragazzi, in molti Paesi, vanno maggiormente
incontro al rischio di ripetere anni di scuola, di non riuscire ad avanzare
nella carriera scolastica e completare quindi la propria istruzione, e di non
conseguire un apprendimento adeguato mentre sono a scuola». D’altra parte, «è probabile che la chiusura prolungata
delle scuole e l’impatto a lungo termine del COVID-19 sulle carenze nell’apprendimento
e sull’abbandono scolastico finiranno con l’aggravare le disparità di genere
esistenti, a meno che non vengano prese misure per soddisfare i bisogni di
apprendimento di tutti». Secondo i dati (p. 37), peraltro, «in 15 dei 126 Paesi
(12%) per i quali i dati sono disponibili, la quota di ragazzi in età di scuola
primaria che non va a scuola è del 20% o più. Tutti questi Paesi si trovano in Africa
sub-sahariana ad eccezione di Giamaica, Isole Marshall e Porto Rico. In Mali,
Niger e Senegal, tra il 30% e il 40% dei ragazzi in età di scuola primaria non
frequenta la scuola. Dei 140 Paesi per i quali i dati sono disponibili, 37
Paesi (26%), registrano il 20% o più di ragazzi in età di scuola secondaria di
primo grado che non frequentano la scuola. Per quanto riguarda la scuola
secondaria di secondo grado, il livello è di 87 su 158 Paesi, vale a dire il
55%. Nel 30% dei Paesi, oltre la metà di tutti i ragazzi in età di scuola secondaria
di secondo grado non andava a scuola. [...] In Tanzania nel 2016 la quota era
di due terzi».
Se, in generale (p. 46), «nel complesso ambiente sociale
che fa da sfondo alla frequenza scolastica di ragazzi e ragazze, molteplici fattori
- a livello macro (sociale, economico, culturale), meso (scuola e
altre istituzioni) e micro (personale e interpersonale) - concorrono a condizionare la partecipazione,
l’avanzamento e i risultati di apprendimento», le norme e le convenzioni sociali che fanno da cornice alla
costruzione sociale del genere continuano, in particolare, a essere decisive
per comprendere i fattori dell’abbandono scolastico dei ragazzi. Così come
fondamentali restano le condizioni materiali di esistenza (p. 50): «la povertà
- in particolare la povertà estrema - ha molteplici effetti a lungo termine sul
rendimento scolastico. A livello globale, la povertà è, con ogni probabilità, la
precondizione più significativa di scarsi risultati e di abbandono scolastico.
Sebbene le dimensioni di genere delle cause e degli effetti della povertà
differiscano, la povertà familiare è stata identificata come il fattore chiave
che incide, sopra tutti gli altri, sulle possibilità di completamento
dell’istruzione primaria e secondaria sia per i ragazzi sia per le ragazze». Non stupisce, pertanto, che tra le raccomandazioni (p.
115), figurino misure quali le seguenti: garantire dodici anni di istruzione
gratuita, pubblica, inclusiva, equa e di qualità, senza discriminazioni;
mobilitare il sostegno necessario per promuovere politiche trasformative di
genere (gender-transformative) per l’istruzione sia delle ragazze
sia dei ragazzi; rafforzare e far rispettare le normative sul lavoro,
assicurando che siano allineate con le politiche per l’obbligo scolastico, al
fine di proteggere i ragazzi dall’abbandono; creare ambienti di apprendimento
trasformativi di genere, ed inclusivi, capaci di rispondere ai bisogni di tutti
gli studenti e le studentesse; abolire le selezioni nella composizione delle
classi e ridurre al minimo le pratiche di segregazione di genere; investire in
modo significativo nell’istruzione, con particolare attenzione ai/alle ragazzi/e
più bisognosi/e; garantire approcci complessivi e coordinati per contrastare
l’abbandono scolastico, coinvolgendo gli attori dei diversi settori dell’istruzione,
del lavoro, della gioventù, della salute e della giustizia. Nella ricorrenza della Giornata mondiale del Libro, il 23
aprile, acquisisce dunque, proprio in ragione delle analisi raccolte nel report
e nella documentazione dell’UNESCO, particolare importanza quanto espresso sin
nella risoluzione
del 1995 che istituisce la
Giornata: i libri, storicamente, rappresentano il più potente fattore di
disseminazione del sapere e il più efficace strumento per conservarlo; e la
promozione del libro e della cultura non solo è fonte di arricchimento
intellettuale e spirituale, ma anche mezzo per accrescere la consapevolezza
collettiva delle tradizioni culturali e per ispirare comprensione, tolleranza,
dialogo. Come ha ricordato Audrey Azoulay, direttrice generale UNESCO, nel suo messaggio
in occasione della Giornata,
«il potenziale dei libri ai fini della realizzazione personale e della
creazione di cambiamento sociale è innegabile. Nelle
parole della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi
Adichie: Scegliere
di scrivere significa rifiutare il silenzio».