Ricordate
il 7 maggio 1972? Un milione di voti perduti a sinistra? Sono
passati esattamente cinquant'anni. Per la prima volta nella storia della
Repubblica si svolsero elezioni politiche anticipate: le ragioni di quella
scelta, attuata dal neo - presidente della Repubblica Giovanni Leone, derivò da
una complessità di ragioni: 1)
La coalizione di centro - sinistra che reggeva il Paese dal 1962, prima con
l'appoggio esterno e poi con l'ingresso organico dei socialisti (salvo due
intervalli "balneari" guidati proprio da Leone nel 1963 e nel 1968
nell'immediato post - elezioni) mostrava la corda di una conflittualità interna
molto forte, accentuata dalla crisi irreversibile dell'unificazione socialista.
Unificazione socialista che era stata tentata tra il 1966 e il 1968 con un
esito disastroso dal punto di vista elettorale verificatosi con la
presentazione della famosa "bicicletta" (i due simboli di PSI e PSDI
uniti) nelle elezioni del 19 maggio 1968 e la rescissione dell'estate 1969; 2)
il Paese presentava un quadro sociale di forte agitazione con spinte
contrastanti a destra e a sinistra. A destra l'avanzata del MSI in coincidenza
con la rivolta del "Boia chi molla" a Reggio Calabria; a sinistra la
spinta delle lotte studentesche e operaie del più lungo '68 d'Europa con la
vittoria dei metalmeccanici a conclusione dell'autunno caldo del 1969. La
spinta al cambiamento era stata però bruscamente fermata dall'esplosione del
terrorismo con la strage fascista di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e le
prime avvisaglie di presenza delle BR. A sinistra ci si trovava nella fase di
formazione dei gruppi di quella che poi sarebbe stata la sinistra
extraparlamentare mentre nel PCI si era consumata la rottura con il gruppo del
Manifesto i cui esponenti erano stati esclusi dal partito per la posizione di
netto dissenso rivolto all'invasione di Praga da parte delle truppe del patto
di Varsavia (21 agosto 1968) e per aver messo in discussione, pubblicando la rivista
nel 1969 e successivamente il quotidiano dal 28 aprile 1971, il centralismo
democratico. Anche nello PSIUP, un partito che si era formato in opposizione
all'ingresso del PSI nel governo (governo Moro, dicembre 1963), si erano
prodotte rottura sulla questione dell'invasione di Praga (che aveva interrotto
la marcia del "socialismo dal volto umano" portata avanti dalla
maggioranza del PCC). Si era creata una divisione irreversibile tra il gruppo
dei "carristi" molto legati ai filosovietici del PCI e intellettuali
critici del calibro di Lelio Basso e Vittorio Foa; 3)
Nel quadro che aveva portato alle elezioni anticipate, era risultato non
secondario il contrasto verso quel processo di modernizzazione sul piano civile
e del costume che, in quel momento, disponeva di un punto di riferimento
emblematico nella legge sull'introduzione del divorzio. La legge che
introduceva il divorzio in Italia era stata appena approvata dal parlamento su
iniziativa di socialisti e liberali e osteggiata dalle gerarchie cattoliche
fino al punto di promuovere un referendum abrogativo (poi svolto nel maggio del
1974). Il mondo cattolico si trovava in una situazione di grande fermento e le
spinte dello stesso Concilio Vaticano secondo avevano prodotto fenomeni
socio-politici di grande interesse a partire dalla scelta
"socialista" compiuta dalle ACLI tra il 1970 e il 1971 e dallo
scontro aperto sul tema dell'unità sindacale che stava attraversando la CISL.
Emergevano poi forti tensioni tra la Chiesa Ufficiale e molte comunità di base
e andavano formandosi gruppi di "Cristiani per il socialismo" mentre
dalle stesse ACLI l'ex-presidente Livio Labor, dopo aver organizzato un
Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) aveva promosso un vero e proprio movimento
politico: MPL, Movimento Politico dei Lavoratori. In
questo contesto, fin qui schematicamente descritto, si andò alle elezioni con
una forte richiesta di "legge e ordine" da parte di settori economici
e della borghesia che avevano organizzato, rispetto all'effervescenza sociale
in atto, il movimento della "maggioranza silenziosa" fiancheggiatrice
della destra e anche di quei settori contigui al terrorismo nero collegato a
servizi segreti deviati e ad ambienti militari para- golpisti, come nel caso
del gruppo della "Rosa dei Venti". Il
quadro politico si presentava così, da un lato, con la prospettiva di una forte
avanzata del MSI: una previsione basata sui risultati delle elezioni
amministrative del 1971 in particolare nelle grandi città del Sud e
dell'incertezza per la presenza, a sinistra, di diverse liste di contestazione
verso il PCI. Al
termine di un forte dibattito interno era presente anche la lista del
"Manifesto" che raccoglieva parte della tensione anche di tipo
organizzativo che attraversava il gruppo escluso dal PCI e la tensione di molti
militanti verso la costruzione di una forza politica alternativa: una tensione
che poi avrebbe successivamente dato vita ad alterne fasi di costruzione
organizzata con la successiva complessa vicenda del PdUP per il Comunismo.
Ciò
che può interessare però in questo momento di rievocazione è riferire l'esito
di quelle elezioni. Il
risultato complessivo risultò, alla fine, ben diverso dai timori e dalle
speranze di molti. Si
verificò infatti uno dei più bassi tassi di cambiamento rispetto alle elezioni
precedenti in tutta la storia repubblicana, superiore soltanto a quello fatto
registrare con le elezioni del 1958. La
partecipazione elettorale risultò molto elevata, crescendo ancora leggermente
rispetto al 1968, in maniera uniforme in tutto il territorio nazionale. Malgrado
le attese di cambiamento la DC si attestò agli stessi livelli di voto del 1968,
mantenendo inalterata anche la distribuzione territoriale, così come anche per
il PCI che, però, riequilibrò il voto aumentando al Nord (evidentemente capitalizzando
le lotte operaie) e scendendo leggermente al Centro-Sud. Risultarono del tutto
negativi i risultati di quelli che, con un certo senso di anticipazione
l'Atlante Elettorale di Corbetta - Piretti (Zanichelli 2009) definisce già come
"partiti della sinistra radicale. Nell'occasione
PSIUP, Manifesto, MPL, e PC m-l raccolsero complessivamente il 3,3% a livello
nazionale, ben al di sotto del risultato del solo PSIUP nel '68 (4,4%) con il
mancato "quorum" e la dispersione di oltre un milione di voti. PSI
e PSDI tornarono a presentarsi separati con esito negativo: il PSI accusò una
flessione del 4% rispetto al 1963 con una perdita più accentuata al Centro-Nord
e il PSDI arretrò dell1% che fu guadagnato dal PRI il cui aumento si concentrò
nelle circoscrizioni settentrionali. Netta
sconfitta per il PLI (-1,9%): evidentemente la borghesia, in particolare al
Nord, aveva ritenuta esaurita una possibile spinta "eversiva" della
formula di centro-sinistra che invece aveva premiato i liberali nel 1963,
mentre il vero vincitore delle elezioni anticipate risultò essere il MSI, nelle
cui fila nel frattempo erano confluiti i monarchici dato vita alla lista del
Movimento Sociale - Destra Nazionale. L'estrema destra aumentò del 4,3%
(raddoppio rispetto al 1968) con una chiara affermazione al Sud. Si
formò così il governo Andreotti II detto
l'Andreotti-Malagodi, nato essenzialmente per il rifiuto dei socialisti a
sedere ad un tavolo di trattativa che comprendesse anche i liberali. Fu un
esecutivo malvisto anche da vasti settori della DC. Il secondo governo Andreotti per un anno dovette affrontare
l'insidia dei franchi tiratori, che lo mandarono sotto più volte, tirando
avanti soltanto per la mancanza di un'alternativa che sarebbe poi emersa alla
vigilia del congresso democristiano.In quel congresso un
accordo tra Moro, Fanfani e Rumor portò, nel luglio del 1973, alle dimissioni
del governo e al ritorno al centro - sinistra: nel settembre di quell'anno però
si verificò il "golpe" in Cile e il segretario del PCI Enrico
Berlinguer, proprio in esito ad una analisi relativa a quel tragico fatto,
lanciò la proposta di compromesso storico modificando in quella fase i termini
del dibattito politico in Italia.Si avviò
così una storia diversa che meriterebbe ancora oggi un ulteriore
approfondimento d'analisi.