Primo
caso in Italia di morte di medicalmente assistita. Si
dice in genere che i credenti sono contrari all’eutanasia anche in condizioni
di sofferenza insopportabile. In realtà non è così come dimostrano le posizioni
di punta dei cattolici e dei protestanti. Favorevole all’eutanasia era,
infatti, Hans Küng, teologo cattolico di fama internazionale, morto nel 2021
all’età di 93 anni. Per lui, compito e dovere dei cristiani e delle Chiese
nella società moderna è combattere la sofferenza, fino a sostenere la legittimazione
dell’eutanasia in determinate condizioni, secondo il principio di responsabilità
personale. In questo senso, la vita è sì un dono di Dio, ma è anche compito
dell’uomo che, di fronte alla sofferenza intollerabile, è teologicamente e
moralmente legittimano a chiedere di essere aiutati a morire dignitosamente
(Küng 2015). La
stessa posizione, ispirata dal principio di responsabilità, è espressa dal
documento delle Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi “È la fine, per me
l’inizio della vita”. Eutanasia e suicidio assistito: una prospettiva
protestante, del 2017. Vi si legge: “Riteniamo che la scelta della morte
volontaria possa essere ammissibile in particolari situazioni… una situazione
in certo qual modo eccezionale, che richiede motivazioni specifiche… Il medico
che si rende disponibile al suicidio assistito o all’eutanasia non commette un
crimine [morale], non viola alcuna legge divina, compie un gesto umano, di
profondo rispetto, a difesa di quella vita che ha un nome e una storia di
relazioni” (Documento del 2017). Su
questa linea si muove anche la sezione italiana del movimento cattolico Noi
Siamo Chiesa che sostiene “la possibilità di una vera e propria eutanasia-buona
morte di ispirazione cristiana” (Documento del 2021). Già dal 2007, sulla
rivista “Micromega”, si sono espressi per l’eutanasia esponenti ecclesiastici
come, tra gli altri, don Andrea Gallo e don Paolo Farinella, preti di Genova,
inoltre l’ex abate di Roma Giovanni Franzoni. Più di recente e in altro
contesto, lo hanno fatto don Pierluigi di Piazza, prete di Udine, don Ettore
Cannavera, prete di Cagliari, per non dire di Franco Barbero animatore della
comunità di base di Pinerolo. Sono indicazioni che si pongono in sintonia con
il sentire dell’opinione pubblica che, secondo i risultati della ricerca
sociologica (circa il 63% non contrari all’eutanasia: Garelli 2020) pone una
chiara domanda sociale di eutanasia. Questa
posizione maggioritaria degli italiani riflette incidenza forte determinata da
casi paradigmatici, come il caso Welby (aiutato a morire nel 2006), il caso
Englaro (2009) e il caso Antoniani-Cappato (2017), che ha determinato la
sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019 (conseguente alla legge 219
del 2017 che ha introdotto le DAT) in quanto ha legalizzato il “suicidio
assistito” sulla base di quattro precise condizioni (capacità di intendere e di
volere, patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psichiche, sostegno
vitale). Sulla base di questa sentenza della Corte Costituzionale, il
Parlamento avrebbe dovuto approvare una legge, ma non lo ha fatto, nel periodo
2019-2021, spingendo con ciò i radicali alla proposta di referendum che, però,
è stato impedito dalla Corte Costituzionale presieduta da Amato. Un disegna di
legge è stato approvato finora solo dalla Camera nel 2022: si tratta di una
legge parziale, Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente
assistita (è assente la parola “eutanasia”), che modifica solo
l’art. 580 CP (“aiuto al suicidio”, escluso l’art. 579 sull’eutanasia
volontaria). Dai radicali la legge della Camera è stata giudicata arretrata, un
passo indietro rispetto alla sentenza della Consulta; è stata accolta
positivamente, invece, da esponenti “illuminati” del mondo cattolico, come
Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte Costituzionale, che ha parlato
di legge condivisibile per quanto imperfetta. Lo stesso giudizio è stato
espresso dalla “Civiltà cattolica”, nel gennaio del 2022, con un intervento del
gesuita padre Carlo Casalone. Una scelta che però non ha modificato la
posizione ufficiale della gerarchia ecclesiastica, che non ha modificato la
dottrina sul fine vita assolutamente contraria all’eutanasia e favorevole alle
cure palliative, legali anche in Italia dal 2010. Il
caso di “Mario”, il primo in Italia che ha ottenuto il diritto di morire con in
suicidio medicalmente assistito (ma costretto a pagarsi le spese di esecuzione)
pone con urgenza la necessità di una legge che consenta l’aiuto a morire
dignitosamente, in determinate e gravi condizioni, nelle strutture del Servizio
sanitario nazionale. Il disegno di legge approvato dalla Camera presenta non
pochi problemi, per cui dal costituzionalista Massimo Villone è stata definita
una legge che fa morire di burocrazia e non di eutanasia. D’altra
parte, al Senato anche questa legge, frutto di molti compromessi, rischia di
fare la fine del DDL Zan, o di essere stravolta, per l’opposizione massiccia
delle destre, che non dà ascolto alla speranza di chi desidera una morte
assistita per evitare sofferenze insopportabili. La
protesta e la proposta dei cittadini possono risultare determinanti per una
soluzione legale degno di un paese civile, nel nome di una laicità condivisa
che unisce credenti e non credenti.