MATER SEMPER CERTA DIRITTO ALL’ABORTO di Gabriella Galzio
Dopo
quattro mesi di martellamento continuo sulla guerra, non una voce si è levata
finora sulle pagine di Odissea sul pronunciamento della Corte suprema americana
in materia di aborto; grave non solo perché consegna metà degli Stati Uniti (quelli
conservatori) e 70 milioni di donne (più della popolazione italiana) a una
regressione senza precedenti, ma perché rovescia sulle cittadine americane
“l’onere della prova”, ossia l’onere di dimostrare di aver subito incesto o
stupro, nonché di aver subito un’interruzione di gravidanza di natura
spontanea. Se poi consideriamo il vento reazionario clerico-fascista che spira
nel nostro paese unitamente all’atteggiamento prono agli Stati Uniti del nostro
governo, dovremmo entrare in allarme rosso rispetto al rischio di importazione
di simili oscurantismi; tanto più se nel conto mettiamo anche le nostre regioni
di centro-destra che chiedono “l’autonomia differenziata”, autonomia sanitaria
in testa (poiché ricca), oltre quella che già hanno, che ha già dato i suoi
velenosi frutti in termini di ostruzionismo nelle procedure di accesso
all’aborto ambulatoriale.
Ma il silenzio di Odissea (che pure considero dotata di onestà intellettuale)
mi fa ricordare il Bergoglio antiabortista (molto citato invece come
antimilitarista) o anche il Pasolini cattolico (altrimenti lucido
intellettuale) per il quale l’aborto equivaleva alla “legalizzazione
dell’omicidio”. Di che natura è dunque questo silenzio? A mio avviso nasce da
una visione produttiva e politica oscurata della sua parte “riproduttiva”, che
pure è la premessa e la garanzia per il mantenimento della prima. Ben lo sapeva
il “nostro Duce” che favoriva la natalità per ottenere il risaldarsi della
“stirpe” guerriera. Ed ecco che sotto il fascismo politiche antiabortiste e
politiche militariste erano felicemente saldate insieme. Com’è che oggi questo
nesso non lo si vede? Come mai gli Stati Uniti campioni di liberalismo (anche
nell’uso delle armi) sono così restrittivi nel controllo delle nascite? Semplice:
perché - a dispetto dell’ipocrita retorica pro-life che anche molte donne si
bevono - controllo “riproduttivo” (cui è preposta la Chiesa) significa
mantenimento della patrilinearità, che è la dorsale su cui regge la
trasmissione del capitale. Chi avesse qualche dubbio in proposito vada a farsi
un ripasso del vecchio diritto di famiglia italiano in auge fino a tutto il
1975: morto il marito, la donna non ereditava nulla, e il figlio poteva tranquillamente
sbatterla fuori di casa. Da allora è passato mezzo secolo, ma la mentalità
patriarcale più o meno inconscia è ancora tale da imporre il cognome del padre
per default, e da lasciare inalterato il dettato costituzionale che recita la
famiglia patriarcale essere “famiglia naturale”, quando le madri sono
esautorate persino nel nome. Mater semper certa era detto dalla notte
dei tempi, poiché la vera famiglia naturale poggia sulla dorsale matrilineare
(nome compreso). E quelle matrilinee erano organizzate socialmente in reti di
mutuo soccorso, dedite alla distribuzione e non all’accumulazione. Ancora nelle
società contadine se ne conservavano echi, quando le donne si passavano l’un
l’altra il lievito madre. Storicamente le donne sono state esautorate e defraudate
della titolarità e dignità della maternità, perdendo il duplice diritto di
creare una famiglia e fondare una società, vero è che la “ragazza madre” di per
sé è ancora considerata una disgraziata, una madre di serie B, senza tutele (patriarcali).
Deprivate della titolarità della maternità, le donne sono state terreno di
conquista nel nome e nel corpo (dal matrimonio al divieto di aborto).
Chi voglia considerarsi di sinistra oggi non può più ignorare tutto questo. Le
vecchie utopie non sono più riproponibili, non perché fallite alla prova di
realtà, ma perché orbe e monche del nesso che esiste tra imposizione della
dorsale patrilineare e trasmissione del capitale, entrambe espressione di una
medesima volontà di dominio. Per formulare un nuovo progetto di civiltà bisogna
svecchiare le proprie categorie cognitive e abbracciare nuovi paradigmi,
rischiare di perdere rassicuranti certezze e comode alleanze. In una visione
sistemica società-economia-politica-cultura (religione) devono essere riconcepite
nel loro insieme, non pensiate di andare lontano, se una di esse rimane al palo!