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lunedì 22 agosto 2022

COSTRUIRE UN UMANESIMO SOCIALISTA
di Franco Astengo


 
 
Nel sistema politico italiano continua a presentarsi un vuoto, quello della rappresentanza politica di quei valori di solidarietà e di uguaglianza che un tempo avremmo definito “socialismo”. È urgente rinnovare un tentativo per affrontare questo tema partendo da un punto fermo: l’inevitabilità di ricostruire una coscienza e una volontà politica. La coscienza della propria appartenenza e la volontà politica di determinare il cambiamento rimangono i fattori insuperabili e necessari come motore di qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose.
Attenzione però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell’assunzione di una consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza tra individuale e collettivo “si realizza la vita d’insieme che è solo la forza sociale, si crea il blocco storico” (Gramsci Quaderno 11).
Come auspicava Luckas: “la coscienza di classe trova il suo superamento nell’universale riconoscimento della propria appartenenza al genere umano. La coscienza della propria appartenenza deve così sfociare nella coscienza di un'umanità che richiede uguali diritti per tutte e per tutti.
La volontà politica del “soggetto” va allora impegnata nella ricerca di un socialismo possibile nella forma di un nuovo umanesimo. Un umanesimo socialista posto “contro” il modello di quello realizzato e fallito ma anche oltre forme di socialdemocrazia incapaci di porsi anche soltanto nella semplice prospettiva del riformismo. Punto di partenza dell’umanesimo socialista: rimanere fedeli ad un’etica della trasformazione in quanto opposizione allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla donna, di un genere umano che ritiene senza limiti l’antropizzazione della natura.
Va disegnato l’orizzonte di un “Socialismo della finitudine” inteso come valore universale esprimendo l’intenzione di ripartire dall’idea del dover ripensare la teoria della linea dello sviluppo infinito inteso quale motore di una storia inesorabilmente lanciata verso “le magnifiche sorti e progressive”. Socialismo della finitudine” come idea che, nella sua dimensione teorica, riesca a comprendere quanto di “senso del limite” sia necessario acquisire proprio al fine di realizzare quel mutamento sociale posto nel senso del passaggio dall’individualismo competitivo fin qui egemone nella post-modernità, a nuove forme di soggettività collettiva ponendosi l’obiettivo di riuscire a proporre un mutamento di quell’offerta politica che oggi appare così debole e confusa.