L'avvio
della campagna elettorale sembra far registrare alcuni passaggi sulla base dei
quali dovrebbe esserne informato il successivo sviluppo: 1)
la situazione internazionale ha richiamato alcuni degli attori in campo da una
parte e dall'altra verso le logiche della ricerca del "complottismo"
ricostruendo anche termini desueti da "logica dei blocchi"; 2)
per ora manca quasi completamente la volontà di mettere al primo posto la
propria elaborazione progettuale preferendo muoversi semplicemente per
contrastare l'avversario e rivolgendosi in buona parte dei casi su temi
marginali verso un'opinione pubblica impaurita e giorno per giorno
progressivamente impoverita; 3)
le due formazioni "maggiori", almeno a giudicare dai sondaggi,
lavoravano più in direzione del sottrarre spazio ai propri alleati che non a
privilegiare la crescita della coalizione di cui fanno parte (viene, infatti,
data per scontata l'assegnazione preventiva dei seggi nei collegi uninominali
che dovrebbe favorire fortemente il centro-destra). Per FdI la questione
riguarda l'assegnazione dell'incarico a formare il governo nel post-elezioni;
per il PD l'inseguimento del vecchio sogno della "vocazione
maggioritaria" e della "bipartizzazione" del sistema politico; 4)
risulta completamente trascurato il tema dell'astensionismo, considerato
erroneamente fisiologico, e la possibilità di un recupero in quella direzione.
Invece soltanto il recupero di una parte della diserzione dal voto (puntando a
ridurla attorno al 25%) potrebbe far pensare di modificare alcune situazioni
nel rapporto di forza che apparentemente appaiono incontrovertibili. Un
recupero che si trova però di fronte a tre elementi di difficoltà: a) la semina
di sfiducia verificatasi con l'avvento della politica illusionista e il
conseguente crollo del consenso al M5S; b) l'assenza di strutturazione
territoriale delle forze politiche; c) le liste bloccate in tempo di taglio
della rappresentanza con la conseguente scelta delle candidature affidata ai
"cerchi magici" e ai "paracadute da salvataggio". Verifichiamo
allora qualche numero: Nelle
elezioni politiche 2018 i votanti sul territorio nazionale furono il 72,94%
(con un totale di 32.841.025 voti validi con 1.500.000 circa di schede bianche
e nulle): alle Europee 2019 il 56, 09% (26.662.962 voti validi con 1.400.000
circa di schede bianche e nulle). Le elezioni regionali successive alle Europee
hanno fatto registrare questi dati: Umbria 64,69%, Emilia-Romagna 67.67%,
Calabria 44,33%, Veneto 61.15%, Liguria 53,42%, Campania 55,52% (La Liguria:
ultima regione del Nord o prima regione del Sud?), alla ripetizione del voto in
Calabria la quota di votanti è rimasta pressoché invariata al 44,36%. In
sostanza il recupero dei voti validi verificatosi in alcune regioni non è
apparso consolidarsi al punto da fare prevedere, almeno in questo momento, ad
un ritorno alla quota del 2018.
È
così ragionevolmente possibile prevedere un totale di votanti del 65%
corrispondente a circa 29.700.000.voti validi ferma restando a 1.500.000 la
quota di schede bianche e nulle. Quindi circa 3.000.000 di voti validi in meno. Questi
dati ci forniscono allora alcune indicazioni: 1)
alla fine della favola è probabile che le due formazioni maggiori, nella somma
dei loro consensi si collocheranno al di sotto del 50% dei voti validi. In
questo senso è valida la definizione "tigri di carta" intesa come
indicazione di una debolezza di sistema. Fdi e PD stanno impostando una
fanciullesca campagna elettorale: da un lato puntando i piedi per reclamare un
incarico che non sarà comunque assegnato dall'esito elettorale di un singolo
partito e dall'altra riscoprendo una sorta di manicheismo ideologico dopoessersi trastullati per anni sulla fine delle
ideologie se non addirittura sulla "fine della storia". Materie
estremamente delicate e importanti sembrano completamente fuori dal dibattito:
industria, lavoro, informazione, stato sociale (al riguardo della sanità, ad
esempio, appare completamente assente una discussione sugli esiti della
regionalizzazione realizzata attraverso la tragica modifica del titolo V della
Costituzione), scuola, università. Così
come appare latitante la riflessione sui temi istituzionali e sul combinato
disposto legge elettorale /riduzione nel numero dei parlamentari Ebbene
alla fine questi due partiti che, almeno sulla carta, sembrano contendersi la
maggioranza relativa potrebbero avere all'incirca 13.500.000 voti in due. Ciò
significa che fuori dai loro rispettivi recinti starebbero più di 16.000.000 di
voti validi e all'incirca più di 20.000.000 astenuti, schede bianche e schede
nulle comprese verso i cittadini che stanno scegliendo questa strada non si sta
rivolgendo nessuno. Un sistema politico in grave crisi per una somma di ragioni
, senza rinvangare antiche storie del tempo dei partiti di massa quando i
protagonisti del "bipartitismo imperfetto" assommavano(1976) quasi 27.000.000 di voti validi su
36.700.000 espressi e un'astensione del 6% (2.400.000 diserzioni dalle urne)
più 1.000.000 tra schede bianche e nulle :restiamo alle cifre senza ricordare
compromesso storico, terza fase, conventio ad excludendum, democrazia
bloccata poi consociativa: tutta materia di responsabilità della classe
dirigente di allora, ma sistema solido fortemente ancorato alle contraddizioni
sociali e alla capacità di rappresentanza; 2)
Infine un avviso a chi si trova sulla soglia del 3%: serviranno più o meno
900.000 voti. Per chi ha dovuto raccogliere le firme per la presentazione è
evidente che c'è stato un dato di mobilitazione militante, ma questo discorso
vale anche per chi non ha dovuto sottoporsi a questa difficile prova. Il punto
della soluzione dell'impervia ascesa al quorum (qualcuno tanti anni fa titolò
sul raggiungimento del Karaquorum), in assenza di una sufficiente possibilità
di apparizione mediatica, risiederà soprattutto nella presenza territoriale: e
su questo punto si misurerà il dato di una organizzativamente insufficiente
offerta politica, un elemento quest’ultimo che riguarda direttamente la
sinistra e che dovrà essere affrontato nel dopo-voto. Forse si sarebbe dovuto,
per tutti, riflettere meglio sulla partecipazione dal basso nella composizione delle
liste.