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venerdì 16 settembre 2022

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione


Il sangue delle donne.


Quel che è diventato il pezzo di muro di via De Amicis al numero 2, potrebbe apparire kitsch ad un primo impatto, con tutte quelle bambole di ogni foggia e colore appese lungo l’intera superficie. E quei feticci di vita quotidiana incollati sui pannelli. E i fiori di plastica. E quelli freschi appassiti. Siamo a Milano, nei pressi della Porta Ticinese medievale, quella che i pochi milanesi rimasti chiamano Cicca, la Porta “piccola”, con la sua torre sopravvissuta e le arcate che immettono in quel miracolo che comprende la Basilica di San Lorenzo, il colonnato romano, e sfocia al Carrobbio. In altro tempo quell’edificio sovrastato tuttora dalle caratteristiche case di ringhiera, era stato ritrovo di contestatori e rivoluzionari, e quel muro carico di scritte e di manifesti di rivoltosi. Tutto il Corso, del resto, pullulava di rivoltosi, con la libreria Calusca di Primo Moroni, il Circolo anarchico in via Scaldasole, la sede di Avanguardia Operaia, i locali dove si mangiava a poco prezzo e dove si accendevano interminabili discussioni. C’erano il Caffè Letterario “Portnoy”, il Circolo De Amicis con la sede della Fiap e tutto il resto, e la Chiesa di Santa Maria della Vittoria era ancora una chiesa di rito cattolico. Non si leggono più poesie al Portnoy che ha mutato nome e funziona da semplice bar; la chiesa è stata affidata alla comunità rumena ed ha mutato rito, come ha mutato atmosfera e significato l’intero Corso.



Prima delle bambole sul muro, erano comparse scarpe rosse lasciate in simbolici luoghi di passaggio o allineate al centro delle piazze durante i cortei di protesta. Poi panchine pubbliche pitturate di rosso: rosso come il sangue versato dalle donne. Poi fogli di carta con i nomi delle vittime, le foto dei corpi devastati, l’elenco delle massacrate, attaccati nei luoghi più diversi. Bisogna sostare il giusto tempo davanti al muro di via De Amicis per capire fino in fondo. È un contemporaneo Muro del Pianto, un dolente Memoriale metropolitano affollato di nomi e volti di donne, vittime di un modo malato di amare, di un retaggio patriarcale che emerge con virulenza in piena modernità, proprio quando si credeva di averne debellato gli aspetti più biechi. È ritornato prepotente il piratesco concetto di possesso dei corpi, come se un corpo fosse una merce o una cosa e si può usare a piacimento. I massacratori appartengono a tutte le classi e a tutte le fedi. Hanno, intercambiabilmente, la pelle bianca e la pelle nera; sono sfruttati o praticano lo sfruttamento; sono di destra e di sinistra; sono credenti e sono atei. Non sono simili, ma sono accomunati dal dominio. E non hanno imparato, come ci ammonisce Desdemona nell’Otello, che “la morte che uccide per amore è contro natura”.


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