Il rifiuto di Zelensky, di contemplare un
negoziato con Mosca, contribuendo in tal modo ai rischi di una escalation nucleare,
va considerato prescindendo da una valutazione delle sue motivazioni,
nella prospettiva di un crudo, impietoso realismo. Avendo presente la
gravità della situazione, segnata dai dilemmi riconducibili a uno
stato di “emergenza suprema”, ritengo meritino attenzione le
argomentazioni di qualche tempo fa, di Thomas Friedman, un analista non
certo incline a posizioni morbide nel merito delle responsabilità di Putin
nella conduzione del conflitto. Ecco le sue parole: “Occorre evitare di
coltivare aspettative troppo alte nel caso dell’Ucraina. I paesi di dimensione
medio minore, forti del sostegno di una grande potenza rischiano una intossicazione”.
Molto è cambiato nella situazione dell’Ucraina con la fine della guerra fredda tranne
un dato, la geografia. La collocazione ai confini della Russia. Il che comporta
l’esigenza, per quanto onerosa, di optare per una politica di compromesso, per
arrivare alla conclusione del conflitto. L’Occidente farebbe bene a non rendere
questa scelta ancora più difficile, facendobalenare la prospettiva di poter conseguire obiettivi al di fuori
della realtà.” Paolo Calzini