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lunedì 24 ottobre 2022

Libri
CHIARA
di Federico Migliorati
 

Piero Chiara

Un inedito ritratto di Piero Chiara.
 
Scrittore, giornalista culturale e di cronaca, saggista, narratore prolifico, irriverente e anticonformista, critico letterario militante seppur lontano dalle accademie, traduttore finissimo, riscrittore di classici e persino commentatore radiotelevisivo, il luinese Piero Chiara (1913-1986) ha lasciato una traccia indelebile nella letteratura del Secondo Novecento ed è ancora oggi autore studiato, approfondito, oggetto di ricerche e di compulsive ricerche. Tra le recenti pubblicazioni da cui esce un ritratto sincero e per certi versi originale sul suo percorso professionale c’è Con Piero Chiara. Studi, collaudi, pretesti (235 pagine, 20 euro) che l’attenta casa editrice meneghina Biblion edizioni ha congedato in libreria a firma di Alberto Brambilla, fine studioso, componente del Comitato Scientifico per l’Edizione Nazionale delle opere di Carducci nonché direttore della rivista internazionale “Scritture e linguaggi dello sport”. Il testo è frutto di una molteplicità di approfondimenti portati avanti nel corso del tempo e in alcune sue parti è già apparso qua e là nel corso del recente passato in riviste varie: si presenta come uno sfaccettato insieme di spigolature, brevi saggi, aneddoti, rimandi a critiche del tempo legati alla vasta produzione dell’autore coetaneo e conterraneo di Vittorio Sereni del quale sono messi in luce i tratti precipui del suo proteiforme impegno intellettuale, “influenzato” in particolare da Manzoni e Boccaccio (del quale operò una sorta di decostruzione del Decameron), ma con un rapporto dialettico sempre intrattenuto anche con D’Annunzio (di cui curò una, alquanto contestata, intensa biografia) e Pirandello. È bene parlare di “intellettuale” anziché di ‘semplice’ scrittore poiché Chiara ha rappresentato un protagonista a tutto tondo, capace di inserirsi nel dibattito culturale del proprio tempo fin dagli anni Cinquanta quando darà forma e compiutezza ai suoi primi scritti, si pensi a Dolore nel tempo (1959, Rebellato), e in grado di guadagnarsi un’autonoma posizione, anche economica, in tale ruolo. Un autore completo che non ha mai disdegnato di cercare e trovare nuove strade lungo cui incanalare la propria vena precipuamente narrativa, tanto da far scrivere alla saggista Cinzia Masòtina che “la sua sperimentazione e frequentazione di linguaggi e media diversi fu quasi unica nel nostro Novecento artistico: solo di Pier Paolo Pasolini si può dire altrettanto”. Con il casarsese, in verità, Chiara manterrà sempre un certo distacco, tanto ideologico quanto umano, come è bene esemplificato in uno dei capitoli del libro: da maschilista e fustigatore di certi ‘costumi’, il luinese non potrà tacere il suo duro giudizio verso l’altro. “Antitaliano”, lo definisce con un certo acume Brambilla: e antitaliano in effetti fu davvero, per quel suo stile lontano da movimenti, scuole o gruppi di sorta, senza velleità di appartenenza ad avanguardie, ma con l’obiettivo di erodere i miti fondanti del secolo e in qualche forma anche la morale “sradicando” al contempo le caratteristiche dell’identità nazionale. In Chiara non esistono sensi di colpa, c’è un costante relativismo al fondo delle sue opere: i suoi personaggi, pescati dal mondo del grottesco e dell’ironico, sono sovente spregiudicati, incapaci di compiere buone azioni, attenti prevalentemente a soddisfare e titillare il proprio ego, individualisti fino nel midollo, vagamente anarchici, prevalentemente ribelli innocui. In tal senso il secondo capitolo del volume (Maschere italiane. Per una lettura antropologica della narrativa di Chiara) si configura come un fitto, interessantissimo viaggio nel retroterra dei suoi personaggi. Ma sarebbe ingiusto limitarsi a decrittare le figure di donne e uomini dei suoi racconti e romanzi senza considerare a pie’ pari il contesto e gli obiettivi che Chiara si è posto con la sua vasta attività culturale. Massone e liberale, per lui era fondamentale mettere in risalto i vizi dell’italiano medio, cercando di coglierne i tratti essenziali. 



Se il Novecento letterario non può prescindere dallo sport, si pensi solo allo stesso Sereni che ad esso, segnatamente alla manifestazione delle Mille Miglia, dedicò alcuni dei versi più celebri, con Chiara ci si affaccia sui territori della disciplina a due ruote: è il ciclismo, complice anche l’amicizia e un comune iniziale destino di allontanamento dalla propria piccola patria condiviso col campionissimo Binda che egli ritroverà per caso durante una manifestazione a Udine dov’era stato mandato per la sua attività nell’ambito dell’Amministrazione giudiziaria, a configurarsi come terreno per la sua scrittura. “Rabdomante” della poesia, lo definisce con lucido realismo Brambilla: ed egli in effetti così poteva presentarsi, fin dai tempi della rivista “Quarta generazione” curata dallo stesso Chiara con Erba nel primo dopoguerra, dove riusciva in poche righe a delineare i contenuti reconditi di alcuni versi e lo stile di un poeta. Chiudiamo questo breve excursus insieme al testo di Brambilla accennando alla narrativa odeporica, altro ambito che pure frequentò, precipuamente negli anni Cinquanta e Sessanta quand’era ancora uno scrittore di provincia apparentemente lontano dai successi dei futuri best-seller mondadoriani: la Spagna, Parigi assumono nel tour chiariano solo la funzione di luoghi, di atmosfere, per comprendere il mondo e, in particolare, lo sfondo su cui manovrare i personaggi da lui inventati. Ancora una volta, dunque, c’è l’essere umano, con le sue molte ombre e poche luci, ad essere al centro della scena di questo attento, vivace e istrionico intellettuale moderno.