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martedì 1 novembre 2022

ELEZIONI IN BRASILE
di Teresa Isenburg
 


Luiz Inácio Lula da Silva presidente del Brasile: 2023-2026.
 
San Paolo. “In questo periodo noi non abbiamo affrontato un avversario, non abbiamo  affrontato un candidato,  noi abbiamo affrontato la macchina dello Stato brasiliano messa a servizio del candidato della situazione per tentare di evitare che noi vincessimo le elezioni. E grazie al popolo brasiliano, che qui voglio ringraziare di cuore, il popolo che ha votato per me abbiamo vinto”. Queste parole di Lula subito dopo la proclamazione dei risultati da parte del Superiore Tribunale Elettorale/STE riassumono in modo preciso il carattere del governo di estrema destra che negli ultimi quattro anni ha occupato le stanze del potere: un governo avverso alle istituzioni che ininterrottamente ha considerata lo Stato nelle sue articolazioni oggetto di dominio e servizio dell’esecutivo e dei gruppi corporativi ad esso aggregati. E vorrei sottolineare che è questo punto il quale, a mio modo di vedere, contraddistingue i governi e le forze di estrema destra che avanzano nell’occidente. Prima di entrare nel merito degli indirizzi che intende dare alla propria pratica di governo, Lula ha aggiunto una breve frase autobiografica che ben coglie il clima di incitazione all’odio come pratica politica  avviato da agosto 2016 con la deposizione anticostituzionale di Dilma Rousseff: Mi considero una persona che ha avuto un processo di resurrezione nella politica brasiliana perché tentarono di seppellirmi ancora vivo, e io sono qui per governare questo paese in una situazione molto difficile. () Con l’aiuto del popolo troveremo una via di uscita perché questo paese ritorni a vivere in modo democratico, armonicamente”. Il discorso propositivo ha poi seguito la linea maestra della politica di Lula: inclusione sociale, pratica attiva antirazzista, politica estera di integrazione regionale e multilateralismo e distensione internazionale. Poco prima delle 20 ora locale di domenica 30 ottobre Lula veniva proclamato vincitore del secondo turno presidenziale con 50,9% dei voti rispetto a 49,1% dell’avversario; un margine percentuale piccolo, ma comunque oltre due milioni di voti di differenza: 60.345.999 rispetto a 58.206.354. Impressiona l’alto numero di adesioni al modello violento e antipopolare della destra. Il mese di propaganda elettorale fra il primo e il secondo turno, dal 2 al 30 ottobre, è stato estremamente teso, con parecchi tentativi di creare caos: attacchi armati  alla polizia federale  da parte di fedelissimi ultrà del presidente, esecuzioni in luoghi pubblici di militanti del PT/Partito dei lavoratori, fino all’azione oscura nel pomeriggio di domenica 30  della Polizia stradale in alcune regioni del Nord-est (il principale bacino elettorale di Lula) di blocco per controlli di mezzi di trasporto pubblico gratuito per elettori nonostante il divieto per tali operazioni da parte del STE e di disobbedienza da parte della polizia agli ordini. Incommensurabile è stato il diluvio di messaggi sui social con una attività ininterrotta di robot. Molto importante è stata in questo contesto l’azione di contrasto da parte gruppi di giovani e ragazze esperti di social per bloccare con successo parte di questi attacchi con modalità che sarà bene studiare e ripetere. 



In questo difficile mese la mobilitazione diffusa e minuta di singole persone per distribuire volantini, adesivi, scambio di opinioni in strada e nei punti di concentrazione dei trasporti è stata massiccia, impressionante, autonoma, ma orientata con indicazioni puntuali. Se moltissimi sono stati i cittadini e le cittadine che hanno resa manifesta in vario modo la propria scelta di voto, non si è visto nessun aderente alla destra rendersi identificabile in luoghi pubblici. Impressionante: un mondo sotterraneo, nascosto, invisibile, ma evidentemente potente e bel organizzato.   Così oggi possiamo respirare e pensare a domani. Ieri sera a partire dalle 20 nel centro San Paolo una fiumana di giovani e ragazze  adulti ha riempito le strade in direzione del luogo in cui Lula avrebbe parlato  nell’ Avenida Paulista vicino al classico punto  di incontro del Museo di arte di San Paolo. Ricordo in modo molto nitido che quattro anni fa, dopo la vittoria del capitano riformato, la città era silente, neanche loro, i vincitori, festeggiavano. E il mattino successivo nelle strade l’aria era di piombo, le persone andavano a testa china e espressione preoccupata, quasi domandandosi: “cosa abbiamo fatto?”.  Il grande punto di debolezza in questo ballottaggio è la vittoria del candidato miliziano Tarcisio a governatore dello Stato di San Paolo, la principale tessera della federazione sia per numero di abitanti che per peso economico e culturale. È cosa grave e molto negativa.
Il futuro esecutivo dovrà confrontarsi con un parlamento molto conservatore: dei 513 seggi della Camera, 39% sono di nuova nomina, 260 siedono a destra (+7 seggi),125 a sinistra (+4 seggi), 128 al centro (-11). Dopo la elezione di 27 senatori, degli 81 senatori  35 siedono a destra, 33 al centro, 13 a sinistra. Fra coloro che sono entrati in Parlamento, non pochi in questo modo si possono sottrarre, grazie all’immunità della carica, ai tribunali: l’ex ministro della Salute Eduardo Pazuello responsabile di forse 100.000 morti di covid per il negazionismo e incompetenza, l’ex ministra Damares Alves che ha calpestato tutti i diritti umani che è riuscita, l’ex giudice Sergio Moro già condannato per non imparzialità nell’esercizio delle sue funzioni, l’ex ministro Ricardo Salles devastatore dell’Amazzonia e del Pantanal. E questo solo ricordare la punta dell’iceberg.
L’interesse e la preoccupazione internazionale per quanto accade in Brasile sono confermati dalla rapidità (meno di un’ora) con cui gli Stati Uniti hanno riconosciuto i risultati. E molti paesi hanno fatto seguito.    Ma interessa l’Italia capire un po’ quello che è successo e succede in Brasile? Credo di sì. E mi richiamo a una conferenza internazionale organizzata dal PT e dai partiti dell’ampia alleanza che lo affianca tenuta il 29 ottobre 2022 con le delegazioni straniere presenti per accompagnare le elezioni. Una conferenza interessante per ascoltare le analisi di esponenti regionali e non solo. In quella sede José Luis Zapatero, già presidente del governo della Spagna, dopo avere sottolineato l’avanzata organizzata della estrema destra in Occidente concludeva con queste parole: la vittoria di Lula sarà la prima grande sconfitta della estrema destra mondiale, un momento di rottura. Mi permetto di ritenere che oggi in Italia e in altri paesi d’ Europa ci saranno politici assai tristi per avere perso un potente alleato come l’ex capitano espulso dall’esercito e oggi anche estromesso dalla politica.