Igreci, da radici: (bol/bal) βολ/βάλ, coniarono il verbo (ballo) βάλ-λω: getto, lancio, scaglio, spingo,
getto a terra, avvalendosi di una perifrasi generica: genera l’andare
lo sciogliere o dall’andare lo sciogliere, che attiene alla sfera
sessuale e che, in questo caso, mutua ciò che avviene con l’eiaculazione. Con lo
stesso processo coniarono il sinonimo (boleo) βολ-έω, da cui il deverbale: βολίςβολίδος(in latino: bolis bolidis): freccia, proiettile,
bolide, mentre, in italiano, da βαλsi ebbero: baleno,
balestra, balistica, abbaglio, sbaglio, baluardo
(il grembo diventa difesa insormontabile), balaustra ecc. Inoltre,
dedussero: (belos) βέλος: freccia,
dardo, saetta, (bolé) βολή: lancio,
ferita, (bolos) βόλος: getto
(di rete, di dardi), quindi, per metonimia: preda. Da βολή i greci dedussero παραβολή, in linea
con il significato: parabola (geometrica), direzione obliqua (direzione
parabolica), ma anche: paragone, confronto, comparazione, in
quanto (parà) παρά aveva assunto anche il significato di: a
confronto di, mentre cambiò la lettura di βολή, diventando: pronunciamento del grembo, per cui la perifrasi mutò:
(il mettere) a confronto la crescita del grembo, per cui la parabola
evangelica divenne una similitudine. Per rendere più chiaro quanto
detto, si ricorda che βολήβολής si rende: genera ciò che sciolgo andando a legare, per cui alcuni
pensarono alla traiettoria del lanciato, altri pensarono al grembo che,
progressivamente, cresce, quando lega.
Da (dià) διά che, alla lettera, si può tradurre: dal generare il mancare,
elaborarono δια-βάλλω: calunnio,
scredito, accuso, inganno, induco in errore, quindi,
δια-βολή: discordia, inimicizia, denigrazione,
calunnia, l’aggettivo: διάβολος, che è colui
che fa le diavolerie, meglio: tutto quanto esprime δια-βάλλω. Pertanto, per i greci il diavolo rappresentò
l’uomo del male, mentre per il cristianesimo rappresentò Lucifero
e, in alcune filosofie, divenne il dio del male. Poi, coniarono
συμ-βάλλω: unisco, scambio, confronto, interpreto,
da cui σύμβολον dai tantissimi significati, tra cui: segno di riconoscimento,
tessera ospitale, segno/simbolo, che indica il congiungimento e/o
il periodo di formazione dell’essere nel grembo materno, volendo esprimere che
il pronunciamento del grembo è un simbolo, ma anche un fatto di costume, come
il congiungimento di due pezzi, in mano a due persone, per indicare un segno
di riconoscimento o una tessera ospitale, funzione simbolica, che in
altri periodi storici, nell’Italia meridionale, fu assunta dalla tacca,
manifestazione culturale presente ancora oggi nel codice civile, con la
denominazione di taglie e tacche di contrassegno. Ci sono altre
parole desunte da βάλλω, il cui
significato è stato innovato e cristallizzato dagli studi medici, come embolia,
metabolismo, anabolismo, ma originariamente erano in consonanza
logica con quanto vado affermando. Infatti, ἐμβολή acquisì il significato di: entrata, stretto,
foce, mentre (to embolon) τὸἔμβολον indicò: prominenza, rostro, pene
e (anabolé) ἀναβολή: ascensione, dilazione, asportazione, eruzione.
Con (metabolé) μεταβολή si fece riferimento a: mutamento, rivolgimento,
trasferimento, atti conseguenti alla crescita del grembo, espressi dal
prefisso prepositivo/avverbiale: μετά. I latini
conobbero la radice βαλ dalla quale ricavarono
il verbo bal-eo (in alcuni dialetti si pronuncia balente), cui
attribuirono i seguenti significati: sono forte, ho vigore, ho
valore/ho efficacia, mi congedo (vale!), che contestualizza più
momenti del processo di formazione, ma, sicuramente, inquadra anche la creatura
che sta per nascere, che affronta la battaglia per la vita. Da valeo furono
dedotti: valente, valentia, valido, in italiano: valore,
valoroso, validare, convalidare ecc.
Sicuramente, i
latini conobbero βέλος, βολή, βόλος e sorprende la capacità di collegamenti logici che ebbero per formulare
nuove parole. Già i greci da βολή: ferita
ricavarono: (bolba) βόλβα, che i
latini ricalcarono, con modifiche fonetiche, in vulva, dedussero: (bolbos)
βολβός: cipolla/bulbo e anche boleto, fungo che si caratterizza
per il cappello particolarmente rotondo. Da βέλος i latini elaborarono: veloce, bellum, veleno (anche
i greci da (toxon) τόξον: freccia
avevano desunto: tossico), verosimilmente, anche bellua/belua, in
quanto viene colpita dalle frecce; da βόλος (lancio) o βολίς formarono volo volas, quindi: volato e volatile,
volucer: alato, volucris: uccello, volito: svolazzo
qua e là; poi, da βόλος come preda,
dedussero vultur vulturis: avvoltoio (quello che invola gli
agnelli, facendone preda). Verosimilmente, da βέλος: freccia, dardo, saetta formularono, prima, vellus
velleris: vello, che è quello che si strappa, come la freccia e,
poi, da vellus il verbo vello, perfetto: vulsi/volsi/velli,
supino: vulsum, deducendone: strappo (la freccia), premotirando,
pizzico, svello. Da vello furono dedotti sicuramente: vellico
con i significati di: pizzico, pungo, eccito, tormento,
titillo fino al nostro: solletico. Anche, gli italici elaborarono
nuovi lemmi, facendo discendere da vellus velleris: velluto e vellutato. Da vello/vulsum
furono dedotti: avello/avulso, nel senso di stacco, staccato,
divelto, de-vello, re-vello: strappocon forza,
straccio, rompo, cancello, apro, quindi: con-vello:
stacco a forza, lacero, provo spasimi, da cui: convulso
(che si riscontra in colui cui è stato estratto, con lacerazioni, il dardo) e convulsioni.
Nel mio paese dire che un bambino ha le convulsioni (anche: iocarill’),
significa affermare che ha l’epilessia. Il vocabolario Oxford Languages così
definisce convulsione: “L’alternarsi involontario, disordinato
e rapido, di contrazioni e rilasciamenti di più muscoli, a carattere
accessionale, per lo più riferito agli attacchi epilettici “. Questa
definizione si addice, soprattutto, agli spasmi causati dall’estrazione violenta
di un dardo. Incidentalmente, si ricorda che delirium (delirio) è da collegare
a λῆρος: vaneggiamento, delirio, che per i greci significava dire
qualcosa del tutto inattendibile nel processo di formazione dell’essere. Mi
piace soffermarmi anche su iocarill’, che è da collegare a υἱός: figlio.
Infatti, gli italici dedussero da: figlio/bambino: il gioco,
così come avevano fatto i greci con παί-γνιον: gioco (che è ciò che di desume dal bambino) e, nel dialetto,
quel che può succedere talvolta ai bambini: iiocarill’ (battere
mani e piedi).
In latino,
inoltre, fu dedotto l’aggettivo vulsus: senza peli, raso, imberbe,
ma anche: che soffre di spasmi, di crampi; mentre: volsa
volsorum significò: lussazioni, slogature. Per quanto
riguarda bolso (che respira a fatica)e bolsaggine della
lingua italiana si può, senz’altro, pensare a vulsus (nel senso di: strappato),
ma anche a bolso, in quanto, in greco, (polos) πῶλος(per modifica fonica: bol)
significa: puledro, puledra, per cui potrebbe trattarsi di
problemi respiratori, propri dei cavalli giovani. Infine, da βολίς o da βολή fu dedotto vulnus vulneris: ferita,
offesa, danno, che è ciò che si evince da un dardoche
ha attinto il nemico. Quella ferita, che poteva essere letale, è
indimenticabile, non fosse altro perché ha lasciato una cicatrice indelebile. Quindi,
si ebbero: vulnero, vulnerabile, invulnerabile, vulnerato. Da quanto
detto sin qui βολ, oltre alle affermazioni precedenti, significò, per
greci e latini, anche: grembo, corpo rotondo (in greco il
sostantivo (gyros) γυρός significò: giro,
cerchio, mentre l’aggettivo γύρος indicò: rotondo,
arcuato, curvo), per cui i latini, quando coniarono il verbo voluo/volvo
ebbero in mente bol non solo come grembo, ma anche come nucleo
(rotondo), che voltola. Pertanto, volvo volvis, volvi,
volutum, volvere acquisì i significati: volgo, volgo
intorno, miavvolgo. Quindi dedussero: volumen voluminis
come rotolo di pergamena o di papiro. Poi, volubilis: girevole
(caelum volubile, boxum volubile, nel senso di trottola), che muta:
volubilis fortuna, agile: volubilis oratio. Oggi, però, che conosciamo disvolere,
volubile ha acquisito anche il significato di chi cambia con facilità
ciò che vuole. Dal participio passato volutus (che si è girato) si
ebbero: le volute di fumo, dei capitelli corinzi (elementi a
riccio), della chiocciola. I latini, inoltre, da volutus dedussero
volutabrum: belletta, brago, mota in cui guazza il
maiale. Generarono sicuramente il sostantivo il volto: è ciò che noto in
chi si è girato, mentre, in italiano, ricavarono: la volta di una stanza,
la volta celeste, le volte di una cupola. I latini elaborarono: involvo/involutum:
avvoltolo, avvolgo, avviluppo, copro, da cui il
participio: involuto, oscuro (eloquentia
involuta) e il deverbale: involucrum. Nella lingua italiana si è
formato, per deduzione, co-involgere, che rimanda a compartecipazione
in un processo. Poi, si formò: ad-volvo: faccio rotolare sopra,
ma anche: mi prostro, che è la posizione ginocchioni di chi
spinge un grosso masso. Alcuni significati dedotti in italiano dai verbi
formati con volvo non erano presenti in latino. In latino de-volvere/devoluto
acquisì il seguente significato: faccio rotolare giù, per cui non
era presente il concetto di dare/trasmettere per magnanimità: ius
devolutionis e atto di devoluzione. Tanto avvenne, presumibilmente,
perché altri lessero in devoluto (rotolato giù) la nascita della
creatura che viene trasmessa a. Evolvo/evolutum significò: rotolo,
srotolo, svolgo, spoglio, mentre, in italiano abbiamo: cittadino
evoluto, come fase avanzata del processo di crescita della creatura e le evoluzioni
come acrobazie.
Il verbo re-volvo-revolutum acquisì questi
significati: rivoltolo, rotolo indietro e revolutio
revolutionis indicò: il rivolgimento, il far rotolare via. In
geografia generale il giro di rivoluzione della terra viene completato
in un anno e viene continuamente iterato, come fatto ciclico. Allora il
significato di rivoluzione della lingua italiana, per i latini: res
novae, conversiones rerum publicarum, per i greci: περι-τροπή (da τρέπω: volgo, torco, che indicano il
capovolgimento (conversio dei latini)) forse, fu, successivamente,
desunto da rovesciamento/ribaltamento della creatura nel grembo prima
del travaglio, che determina la deposizione. C’è
un’altra ipotesi, il concetto di rivoluzione della lingua italiana potrebbe
essere stato dedotto da βῶλος: zolla: quello che è sotto va sopra, che è un
rivolgimento. In italiano, fu coniata la rivolta, che, in alcuni
casi, è preludio di rivoluzione. Nel mio dialetto, c’è una parola che rimanda a
sottosopra, derivante da scompiglio e, talvolta, da vero e proprio, terremoto,
che è contenuta nell’espressione: c’è/c’era u rivut’, sinonimica di:
c’è/c’era u ribill’, che è la riunione di persone, allertate, che fanno
gran confusione.