MITO E VIOLENZA
di
Franco Astengo
Teppisti del calcio in azione
Il
calcio rappresenta ormai da molti decenni una parte fondamentale dell’immaginario
collettivo delle italiane e degli italiani. Ebbene questo immaginario, posto da
molto tempo al confine del mito, nel giro di pochi giorni è stato rappresentato
da due fatti tra loro apparentemente contrastanti.
Da
un lato la tragica scomparsa di Gianluca Vialli ha suscitato un turbine di “pietas”
e di buoni sentimenti: un’espressione emozionale collettiva legata alla visione
che il personaggio aveva sempre saputo costruire intorno a sé, particolarmente
nel periodo difficile della malattia. Dall’altro canto abbiamo assistito al
ritorno ad una esplosione di violenza, definibile davvero di nuovo come lotta
tribale (come descritta da Desmond Morris in un suo testo di qualche anno fa). Così
si può qualificare l’episodio dello scontro tra ultras Roma-Napoli avvenuto
sull'autostrada. Si è verificato un incrocio tra apparenti opposti intrecciati
però dall’esaltazione della “forza” intesa quale punto creativo della
supremazia, di quella aspirazione al dominio che rimane comunque, al fondo
dell'animo umano, lo scopo finale ed esaustivo della competizione. Non è
sfuggita a questa regola la strumentazione mediatica costruita attorno alla
tragedia di cui è stato protagonista Gianluca Vialli.
Anzi:
rivisto dopo la sua morte il film La bella stagione in cui è
protagonista il campionato dello scudetto della Sampdoria esso appare quasi una
sublimazione dell’idea di segnare un “oltre” nel quale il dominio assume quasi
l’espressione di una ricerca assoluta del senso della vita. Il film è
costruito, infatti, sull’idea della rivincita: tutto ruota nella ricerca dell’abbraccio
finale, quello di Wembley 2021 in un susseguirsi di aspettative coltivate sul
filo di una crescente tensione emotiva cui non si riesce a sfuggire: quasi una rapsodia
shakespeariana. Raramente si è visto un testamento spirituale così coinvolgente
costruito sulle immagini proprio da chi era il latore del messaggio nella piena
consapevolezza di ciò che si stava elaborando.
L’escatologia
del gioco raggiunge così il suo fine ultimo e il calcio si trasforma davvero in
“fede” ben oltre la fidelizzazione verso i diversi colori e l’approccio
nazionalista verso la competizione globale. Così la violenza non può che
inglobare i buoni sentimenti rendendone difficile la distinzione se non
compiendo una operazione faticosamente contraria alle regole comuni dettate
dall’ovvio della necessità di una appartenenza. Un’appartenenza contradditoria
in un momento che alla fine non può essere altro che di fantasia dal quale
accettiamo il regalo della sublimazione dei nostri sogni più reconditi: Nike la
mediatrice tra gli dèi e gli uomini.
Teppisti del calcio in azione |