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venerdì 3 febbraio 2023

EGEMONIA E CONTRADDIZIONI
di Franco Astengo
 


Scrive Federico Zuolo (“Domani” 1° febbraio: “L’egemonia culturale si è via via fusa con la questione morale in una sorta di autoconvincimento collettivo di destra e di sinistra che formato l'identità percepita dalla sinistra negli ultimi quarant’anni... l’egemonia ha via via perso le persone, le opere, le idee di cui avrebbe dovuto nutrirsi...”).
Il dibattito che si sta sviluppando attorno al tema dell’egemonia dovrebbe ripartire da questa constatazione che racchiude l’analisi riguardante il “restringersi” della capacità di un pensiero che si voleva (e sviluppava) egemonico rispetto alla realtà del mutare del rapporto tra produzione del pensiero e produzione materiale. Non può essere affrontata con superficialità l’analisi del modificarsi del rapporto tra struttura e sovrastruttura che sta alla base della difficoltà di esprimere un pensiero che oltrepassi l'immediato della politica. Ne fa fede la semplificazione con cui si cercano di ricostruire esempi di Pantheon basati sulle figurine del passato, come sta cercando di fare la destra italiana sofferente del complesso del “messo da parte” e vogliosa di “revanche”.
Nel quadro di una ridefinizione “storica” della centralità delle fratture deve essere individuata la faglia sulla quale ricostruire prima il concetto, poi l’analisi, indi l’elaborazione di una nuova capacità egemonica.
Si staglia una questione che è e sarà centrale:
1) l’accettazione senza discutere dei principi guida dell’evoluzione tecnologica verso i quali deve essere ricostruito l’impianto gramsciano del bene immateriale che può far apparire indiscutibili le nostre idee e i nostri valori;
2) sul piano più direttamente politico si tratta di elaborare una capacità di governo elaborando meccanismi di controllo e di termini di comando sul processo di relazione scienza/sviluppo tecnologico comprendendo appieno come, senza l’introduzione di una capacità democratica di programmazione, governo e controllo, ci si troverà presto all’interno di un quadro di gestione autoritaria del sapere e di conseguenza del potere in una fase in cui gli “over the top” assommano un capacità di influenza di massa superiore a quella che possono esercitare, nei vari stati o a dimensione sovranazionale, gli attori dei diversi sistemi politici impegnati a raccogliere consenso soltanto per esercitare un immaginario direi quasi “estetico” dell’agire politico.