Ch’è sì difficile da trovare, e che anche una volta
trovata, resta tanto difficile da praticare… A150 anni dall’apertura di
una breccia accanto a Porta Pia, si continua a mio parere a perseverare
nell’errore di far coincidere quell’evento con la fine del “potere temporale
del Papa”, e quindi nell’affermarsi anche in Italia di quel principio di democrazia
liberale che si vuole racchiuso nel motto, “libera Chiesa in libero Stato”. Mi
convinco sempre di più che da quella breccia non è entrata l’Italia
nell’enclave Vaticana, ma ne è uscita la Chiesa Vaticana per riprendersi
l’Italia che era appena nata, e che dava i primi vagiti di Stato laico e
libero. E da allora il deficit di laicità è andato sempre crescendo, un
deficit che a differenza di quello del debito su Pil, che l’Europa prima
dell’arrivo di Sars-Cov-2 ci obbligava a contenere entro il 3%, continua a
crescere nella indifferenza generale. Trovo conferma in questa mia
convinzione, nella sciatteria del linguaggio (quando non nella sua corruzione),
con cui si spaccia di continuo la falsa contrapposizione, laici e
cattolici. La vera contrapposizione è fra laici e chierici, e
credo si possa arrivare a sostenere che nessuno è laico e ognuno di noi è
chierico, perché a tutte le persone è demandato la guida di un ufficio nella
vita, e qualsiasi sia la veste, la tonaca del prete o la divisa del poliziotto,
il camice del medico o la camicia dell’impiegato, la tuta dell’operaio o il
grembiule del cuoco, tutti siamo appunto “chierici”. Si arriva così,
sempre a mio parere, a mettere davvero a fuoco il cuore di ciò che è la
laicità, ovvero la bella pratica di anteporre la missione che ciascuno è
chiamato a svolgere, alla propria persona e alla propria fede; laddove al
contrario il clericalismo antepone la propria “veste”, alla missione. Come
ricordava Filippo Gentiloni, (un “credente laico”, come nel 2018 in sua morte
lo battezzava Andrea Bianchi), “solo la laicità può scongiurare che tutto si
appiattisca in modo indistinto”, oggi più che mai, “sotto il peso di una
pubblicità che (ma questa è mia, riduce tutto a merce), anche la preghiera, la
tristezza e la gioia”.
La sinistra italiana che mi sta tanto a cuore, nel
mare del clericalismo più cinico e pure ignorante, è annegata da tempo, prima
ancora che politicamente, culturalmente, lo dico per allontanare almeno un poco
dal mio ragionare il sospetto che io parli per partito preso. Il mio
pessimismo sul deficit di laicità in Italia, confesso che allo stato è sempre
più radicato, zavorrato com'è da quel secondo comma dell’Art. 7 della nostra
Costituzione (di cui tante parti improvvidamente si provano a cambiare), che
nessuno osa, non dico mettere in discussione, ma nemmeno nominare...
invano. Basta poi leggere un qualsiasi vocabolario per sapere che laicista
è un aggettivo che qualifica qualcuno che spinge in direzione della laicità, e
cosa altro deve fare uno che crede nella validità di tale pratica, e crede che
il terreno della laicità sia il solo, dove il cozzo delle idee possa avvenire
senza spargimento di sangue, e dal quale si possa uscire avendo anche corretto
qualche proprio errore, non solo con la conversione dell’avversario da esibire
come ex voto.
Forse è proprio come specie che siamo lontani anni
luce dall’aver assunto la laicità come “campo di gioco”, ma in Italia siamo
lontani qualche “secolo luce” in più. Personalmente in tutta umiltà, per
ricorrere ad una altra parola cara a Gentiloni, da tempo “laicità vo’ cercando,
ch’è sì difficile da trovare, e che anche una volta trovata, resta tanto
difficile da praticare…”. Statisticamente marchiato come cattolico,
essendo stato a suo tempo battezzato, cresimato e comunicato, da più di
cinquant’anni sono ateo e agnostico (le due condizioni non collidono), avendo
maturato la (dubbiosa?) convinzione che il Dio della Bibbia e suoi derivati, e
gli Dei che lo hanno preceduto, e pure quelli che paganamente sopravvivono
tuttora in giro per il mondo, siano tutti invenzioni umanissime, ma questo non
mi impedisce di rimanere ammirato da figure come Benedetto Calati, che è stato
un uomo che amava la sua Chiesa e che giunto in prossimità della fine, non
fosse bastata tutta la sua vita, come regalo per il prossimo che ha avuto la
fortuna di conoscerlo, ha scelto di lasciarci un’ultima testimonianza, raccolta
per tutti da Raffaele Luise (La visione di unmonaco, Cittadella
editore). In quel testamento spirituale, Don Benedetto, ribadito il suo
amore per la sua Chiesa, alla domanda di Luise: “Quindi la chiesa
comunione, la chiesa popolo di Dio deve abbandonare il clericalismo ediventare
compiutamente laica?”. Rispondeva: “Necessariamente. Questa parola ‘clericale’
deve essere scomunicata! La laicità, a riguardo, è la vera parola evangelica.
Gesù è laico, e pure la sua chiesa deve esserlo”. E a me che non sono nessuno, non mi resta che gridare,
con tutta la forza che mi rimane, o quel che rimane della Sinistra, o fa
della Laicità la sua bandiera, o muore.