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sabato 22 aprile 2023

LE FAVILLE DI DI LENA
di Antonio Rondinelli

Giovanni Di Lena

Cosa spinge Giovanni Di Lena a scrivere poesie? Egli, che non si esalta in endecasillabi e terzine e non si prodiga in sonetti e ballate? Il bisogno di manifestare ciò che non accetta della società, di certi uomini e del sistema che impongono. Non ci sta a farsi passare sulla testa le loro malefatte. E denuncia: perché non basta avere le mani pulite se le si tiene in tasca (don Milani). Questa è la morale interna che scorre dall’una all’altra delle sue poesie. Questa la sua poetica. In questa silloge (Piccole faville, Villani Ed. pagg. 64, 2022) troviamo il poeta, il lavoratore e il cittadino deluso dalle ingiustizie e dalle iniquità di Istituzioni ed Autorità; l’uomo che manifesta il suo animo, confessa attese tradite e speranze latenti. Ma non è un poeta romantico e la sua poesia non è autobiografia. L’autobiografia è sotto traccia, autobiografia dell’animo. In ogni riferimento alla realtà avvertiamo la persona del Poeta, i fatti personali assumono oggettività, colgono il comune sentire e la poesia   assurge ad arte. 


La copertina del libro

Il termine faville induce a pensare ad intuizioni secondo la poesia pura di Benedetto Croce. Vero. Ma è poesia secca, come lo stile: lingua arida, ruvida, a volte tagliente, spesso inquietante, sempre penetrante, che costringe a riflettere. Niente rima, non ricercati funambolismi retorici, lepidezze verbali, né ardimenti lessicali. Questa è la stimmung stilistica di Di Lena: non riduttivamente ermetismo, specificatamente ermetismo dileniano. I temi della raccolta sono: Pisticci, la Basilicata, il saccheggio delle sue ricchezze, la società, l’attualità, figure e momenti personali. Queste piccole faville, più di una grande fiamma, alimentano il fuoco della vita dell’Autore e di ogni uomo.