Apocalissi
Apocrife 2012
- La profezia dei Maya Che
niente trascorra inutilmente! Nessuno
l’abitò, privo
d’ombra e di gridi e
della più disincantata vita. Nell’abisso
del nulla s’innalzò qual
profondo mistero. Sebbene
non lasciasse traccia del suo passaggio, si
limitò ad attendere l'uomo. 2012 Risplenderà
di nuovo. Nessuna
voce lo evocherà, eppure
tutto questo non sarà orrore, ma
l’immenso vuoto che ciascuno recava
con sé, prima della fine. Fummo gli ultimi, ma
non lo sapevamo. Ci soccorse cecità. 2012 È
in me, un frammento del tempo. Quale
Dio accorrerà a redimerlo? Forse
il dio dell’Apocalisse, il
giustiziere, che nel suo intimo non
perdona d’aver donato istante a eternità. IV Nel
suono mi rifugio prendendo ritmo
al tempo, rubando ciò che lo scandisce: segmentando
il nulla. Si può essere, dello strumento, materia
al canto. Perciò m’accosto alla sincerità allorché
assecondo un ordine sebbene
sconosciuto, delle leggi che governano i rapporti di
forza tra le cose. Non mi oppongo a questa dinamica senza
scopo, che solo consente alla
meccanica. Se faccio parte dell’ingranaggio se
anch’io risuono, niente potrà escludermi dal mondo. Come
i passi, come i baci. Nessuno che possa rinnegarli. Perciò
anch’io, tempo al levar del movimento. V
(piercing) A
pietire del corpo in
qualche misura partecipa chi
a un piccolo anello di ferro inchioda
la pelle, le labbra, a
tanto delirio spingendo la
difettosa materia che
il mondo sostanzia VI
(tatuaggio) Il
corpo che sei costretto ad assecondare di
cui guidi i passi con severità di pensiero questa
carcassa che da nocchiero sferzi e
offri al piccolo supplizio dei piercing alla
pressione che le cose vi
esercitano d’insostenibili atmosfere
dai bizzarri sbalzi
di temperatura questo
difettoso ombrello su cui pioggia trascolorano
e cieli in
attesa del giudizio che verrà questa
cornice difettosa su
cui panneggi con ferocia rarità
di tatuaggi, che
si fa quadro. Sentire Significò
leggere nei molti me stesso, e
sempre dubitare di tutti loro con annessi, fin
quando ricomposi nell’ascolto quel
che sempre involto nasceva
con le mie schisi cresceva
con le rughe dei sorrisi invecchiava
per morire. Con me, di me. Silenzio Risiede,
nelle biblioteche, il silenzio. Sontuoso,
vasto - attinge a virtù esclusive. Con
un pizzico di trepidazione i
lettori ne osservano la regola. Sprofonda,
il tempo, in quegli ambienti. Il
peso dei libri - non il silenzio - incombe,
grave, annichilente. Oscuro,
si avverte, il rovello della lunga ricerca della
perfezione formale che macerò coloro che
ora dormono, inascoltati. È
quel silenzio a impetrare il nostro. Silenzio Di
tutt’altra natura il silenzio delle chiese. Profuma
d’incenso e di giglio, assorbe
pene, imprecazioni, suppliche e
quel che gli uomini nascondono per
riversarlo sul dio. Si
battono il petto, sollevano le braccia verso
l’alto, s’inginocchiano, carponi fino
all’altare; muti, esausti: qualcuno, in estasi. È
il modo di affidare alla propria coscienza messaggi
in bottiglia. La fragilità dei deboli, le
sconfitte dei vinti, le rimostranze dei ricchi: tutti
egualmente perdenti. Silenzio Nel
silenzio del chiostro s’appaga il
divino che è in noi. Stupore
che proviene dalla meditazione. Visione
scaturita dalla contemplazione. Estetica
del nulla. Passeggiano
i monaci. Custodiscono L’istante
in cui al mistero si sono donati.
Quando a loro fu
concessa l’humilitas. Silenzio Il
proferire d’uno sguardo di neonato cela,
del silenzio, la verità. Fragilità da
cui tutti proveniamo, che avvolge la creatura con
il creatore, lo schiavo con il padrone, il
temerario con il codardo: che da sempre unisce
il bene con il male, crudeltà con innocenza, l’unico
- che l’altra incita al ritorno - germoglio
con la primavera. Silenzio Sono
passato attraverso mille e mille anni di storia. Sono
stato dei tanti racconti l’eroico protagonista e
l’umile comparsa. In
ogni luogo della via conquistato era
il segno dell’indifferenza. Mi
sono battuto, ho
assaltato, depredato. Contro
il cielo ho inveito ho urlato denudato,
ridendo e beffeggiando chi
mi aveva chiamato a ridere di lui. Silenzio Per
conoscere la punta del silenzio in
cui la fine regnerà, siamo
stati chiamati: per
salvare la nostra morte da
ogni possibile contraffazione. Per
l’istante che dell’eterno ci
restituirà, a un’irripetibile unicità. Si
compirà il mistero dell’individuo, ogni
minuto si trasformerà in
tempo definitivo, ogni angoscia in
pacificazione. Sarà
pace d’ogni desiderio di trionfo, di
ormeggio, di annientamento, di fine, di
resurrezione. E d’ogni principio.