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domenica 2 luglio 2023

COSE E BENI
di Angelo Gaccione



La rilettura di una poesia di Silvio Aman compresa nella raccolta Garten, e precisamente i versi del testo “L’antiquaria”, mi hanno risvegliato una serie di pensieri intorno ad un argomento, o forse sarebbe più giusto chiamare stato d’animo, su cui ho più volte e in diverse occasioni indugiato con la mente fra me e me. Sappiamo che tutti, o un certo numero di oggetti, vanno dispersi o completamente eliminati assieme ad una vita che si spegne. Diversi di quelli che vediamo nelle botteghe degli antiquari, dotati di qualche pregio e ambiti dal mercato, vi sono giunti attraverso vie e modi fra i più vari. Si tratta di “cose che vanno e vengono/cose che lui voleva/e l’altro ha perso, un tempo” come dicono i versi di Aman. Chi le possedeva, quelle cose, non c’è più e chissà da quante mani e case sono passate prima di giungere là dove le troviamo esposte e messe in vendita. Chi se ne è privato ha avuto le sue buone ragioni: vantaggio di un sicuro guadagno, mancanza di spazio per custodirle, perché le sente estranee o non ne apprezza lo stile e la fattura. Chissà. Chi le compra a sua volta è mosso da motivazioni e sentimenti altrettanto complessi. Quel che è certo è che sono destinate a finire in case estranee, in case i cui proprietari non avevano alcun legame con coloro ai quali erano in principio appartenute. Facevo queste riflessioni mentre tenevo tra le mani il libro del poeta Aman e fissavo la semplice e sobria cristalliera di mia madre. Un bene (bene per me, intendo dire) che alla sua morte avevo fatto restaurare e portare da me a Milano. Conserva una sua bellezza questo manufatto, fatto davvero a mano da un falegname d’altri tempi; e una sua memoria racchiusa in una piccola storia che io conosco per averla più volte sentita dalla voce di mia madre. È una storia che ho tenuto per me, e se alla mia morte andrà disperso questo bene o dovesse finire in una bottega di antiquario, non se ne ricaverà che una misera cifra. Chi ne verrà in possesso di quella storia non saprà nulla. Tali sono gli oggetti che passano da una mano all’altra: perdono l’anima che racchiudono e restano muti. E forse non si trovano nemmeno bene nelle case che li ospitano.