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lunedì 3 luglio 2023

LA GENIALE BREVITÀ DI GIORGIO GRAMOLINI
di Lidia Sella

 

Questo libriccino (Frammenti di inesistenza, Puntoacapo 2022) incandescente pirotecnico sapienziale è uno scrigno di acume passione inquietudine ironia, un albero da cui stilla linfa vitale, una sorsata di azzurro, un conforto per chi si sente estraneo, e solo, in questo mondo omologato, ipertecnologico, stritolato dal politicamente corretto. L’occhio critico dell’autore funge da lente, da filtro, da setaccio. E cosi sulla pagina affiorano piccole pepite, intuizioni folgoranti, scaturite da una sofferenza priva di ostentazione, nobile e virile.
Una scrittura scarna, tagliente, che centra il bersaglio, mostra una funambolica abilità a giocare con la parola, germoglia da un fecondo retroterra culturale, ma senza sfoggio di erudizione, con modestia, e misura. Frasi ben congegnate diventano grimaldelli, arieti, oracoli, proiettili di umorismo, scandagliano abissi, intrigano, consolano. E tramortiscono. L’opera è un prodigioso intreccio di incisività, delicatezza, intensità. Il testo evidenzia una naturale inclinazione a trascurare l’ovvio e il superfluo, per puntare piuttosto sull’essenziale e l’eterno. A partire però da dettagli del quotidiano che, per qualche stravagante congiuntura, si sono transmutati in significati illuminanti, in simboli potenti. Gramolini è uno studioso dell’animo umano. Smaschera gli sguardi obliqui, ama la trasparenza, detesta l’inganno, eppure sa riconoscere e accogliere le sfumature, il dubbio, l’ambiguità. In questo volumetto ci conduce lungo gli aspri sentieri delle sue scoperte, scioglie il nodo del dolore, stempera il dramma in un sorriso, risolve rebus su cui ci siamo arrovellati invano per decenni. E, persino quando ci confida il suo sconforto, il suo malessere, la sua amarezza, suggerisce nuove angolazioni filosofiche, allestisce contesti psicologici sorprendenti ed esprime giudizi sociologici in odore di eresia. I suoi colpi di scena tradiscono un gusto da regista, da poeta, da taumaturgo. Analizza al microscopio le miserie umane, ma subito dopo sembra osservarle come da un’immensa lontananza, prende le distanze da quel fango, lo annacqua e diluisce. Tanto da rendere più tollerabile il reale, e meno tragico il destino umano. Prima usa la lama della logica, sviscera l’oggettività fenomenica, indaga il mistero del male, poi si tuffa nell’onda del caos e, dai fondali, riporta a galla l’ancora della pietà. Forse anche per questo le sue affermazioni assumono una commovente valenza spirituale. Che assurge automaticamente a messaggio universale. Poiché Gramolini scava, scava, fino a individuare quel senso profondo che si cela dietro le quinte dell’assurdo. E quando infine rinviene il tesoro, generosamente lo dona a noi. In questo forziere di carta e inchiostro troviamo infatti una messe di ritratti antropologici, fotografie del presente, guizzi satirici, ricette per sopravvivere. Nel suo giardino del pensiero Giorgio Gramolini ha insomma coltivato fiori esotici dai mille colori, nati da una combinazione fra semi linguistici, sensibilità, circostanze, esperienza e stile. Siccome profumano di intelligenza e quindi non appassiranno, ne abbiamo qui raccolti alcuni, per la gioia di futuri lettori: “Nascere è uno strappo, la morte lo ricuce”, “Le persone non cambiano. Qualche volta si svelano”, “Anche un pessimista ogni tanto ha diritto di sperare”, “Non è facile capire dove finisce la furbizia e comincia la meschinità”, “Per un artista il brutto è anzitutto qualcosa di sbagliato, di sostanzialmente ingiusto. L’estetica è per lui una forma di moralità”, “La tua assenza è più ingombrante della tua presenza. Con l’aggravante che non posso metterla alla porta”, “In Borsa ufficialmente solo Orsi e Tori; in realtà molti falchi… e nessuna colomba”.