LA GENIALE BREVITÀ DI GIORGIO GRAMOLINI
di Lidia Sella
Questo libriccino (Frammenti di inesistenza,
Puntoacapo 2022) incandescente pirotecnico sapienziale è uno scrigno di acume
passione inquietudine ironia, un albero da cui stilla linfa vitale, una sorsata
di azzurro, un conforto per chi si sente estraneo, e solo, in questo mondo
omologato, ipertecnologico, stritolato dal politicamente corretto. L’occhio critico
dell’autore funge da lente, da filtro, da setaccio. E cosi sulla pagina
affiorano piccole pepite, intuizioni folgoranti, scaturite da una sofferenza
priva di ostentazione, nobile e virile.
Una scrittura scarna, tagliente, che centra il bersaglio, mostra
una funambolica abilità a giocare con la parola, germoglia da un fecondo
retroterra culturale, ma senza sfoggio di erudizione, con modestia, e misura.
Frasi ben congegnate diventano grimaldelli, arieti, oracoli, proiettili di
umorismo, scandagliano abissi, intrigano, consolano. E tramortiscono. L’opera è
un prodigioso intreccio di incisività, delicatezza, intensità. Il testo
evidenzia una naturale inclinazione a trascurare l’ovvio e il superfluo, per
puntare piuttosto sull’essenziale e l’eterno. A partire però da dettagli del
quotidiano che, per qualche stravagante congiuntura, si sono transmutati in
significati illuminanti, in simboli potenti. Gramolini è uno studioso
dell’animo umano. Smaschera gli sguardi obliqui, ama la trasparenza, detesta
l’inganno, eppure sa riconoscere e accogliere le sfumature, il dubbio,
l’ambiguità. In questo volumetto ci conduce lungo gli aspri sentieri delle sue
scoperte, scioglie il nodo del dolore, stempera il dramma in un sorriso,
risolve rebus su cui ci siamo arrovellati invano per decenni. E, persino quando
ci confida il suo sconforto, il suo malessere, la sua amarezza, suggerisce
nuove angolazioni filosofiche, allestisce contesti psicologici sorprendenti ed
esprime giudizi sociologici in odore di eresia. I suoi colpi di scena
tradiscono un gusto da regista, da poeta, da taumaturgo. Analizza al
microscopio le miserie umane, ma subito dopo sembra osservarle come da
un’immensa lontananza, prende le distanze da quel fango, lo annacqua e
diluisce. Tanto da rendere più tollerabile il reale, e meno tragico il destino
umano. Prima usa la lama della logica, sviscera l’oggettività fenomenica,
indaga il mistero del male, poi si tuffa nell’onda del caos e, dai fondali,
riporta a galla l’ancora della pietà. Forse anche per questo le sue
affermazioni assumono una commovente valenza spirituale. Che assurge automaticamente
a messaggio universale. Poiché Gramolini scava, scava, fino a individuare quel
senso profondo che si cela dietro le quinte dell’assurdo. E quando infine
rinviene il tesoro, generosamente lo dona a noi. In questo forziere di carta e
inchiostro troviamo infatti una messe di ritratti antropologici, fotografie del
presente, guizzi satirici, ricette per sopravvivere. Nel suo giardino del
pensiero Giorgio Gramolini ha insomma coltivato fiori esotici dai mille colori,
nati da una combinazione fra semi linguistici, sensibilità, circostanze,
esperienza e stile. Siccome profumano di intelligenza e quindi non
appassiranno, ne abbiamo qui raccolti alcuni, per la gioia di futuri lettori: “Nascere
è uno strappo, la morte lo ricuce”, “Le persone non cambiano.
Qualche volta si svelano”, “Anche un pessimista ogni tanto ha diritto
di sperare”, “Non è facile capire dove finisce la furbizia e comincia
la meschinità”, “Per un artista il brutto è anzitutto qualcosa di
sbagliato, di sostanzialmente ingiusto. L’estetica è per lui una forma di
moralità”, “La tua assenza è più ingombrante della tua
presenza. Con l’aggravante che non posso metterla alla porta”, “In
Borsa ufficialmente solo Orsi e Tori; in realtà molti falchi…
e nessuna colomba”.