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lunedì 10 luglio 2023

MIGRAZIONE E LAVORO /1
di Giorgio Riolo

 
Il testo che segue è la rielaborazione della relazione introduttiva all’incontro svoltosi a Casale Monferrato il 30 settembre 2021. Era quello il primo appuntamento di un ciclo di incontri dal titolo “Cantiere migrazione: un altro punto di vista”, organizzato dal Tavolo Migrazione della stessa città. Si riprende quella relazione, aggiornando al luglio 2023 alcuni dati e soprattutto argomentando ancor più la centralità della questione migranti oggi in Italia e in Europa. Non solo come questione della solidarietà per chi è animato da sentimenti e da idee di sinistra. In gioco è piuttosto il destino della nostra democrazia, della giustizia sociale e della qualità della nostra civiltà. È ormai evidente il pericolo della presa della propaganda e della retorica della destra e dell’estrema destra in Italia e in Europa. Anche e soprattutto, per ciò che interessa noi, presso le classi subalterne, investite come sono dalla onnipresente “guerra tra poveri”. La questione migranti nel nostro tempo è problema strutturale. In particolare, le formazioni politiche della sinistra e le organizzazioni sindacali sono interpellate, sono messe alla prova, in un contesto molto difficile. Ne va della credibilità di detti organismi come rappresentanza nell’agone politico, da una parte, e nella società e nel mondo del lavoro, dall’altra. Ripetiamo, qualora ce ne fosse bisogno, molto retroterra delle destre nel Nord Globale poggia sull’uso politico e ideologico della questione migranti.
 
1. Sistema-mondo
 
È la nozione decisiva. L’unità di analisi minima entro cui inquadrare i fenomeni storico-sociali, ma anche i fenomeni naturali, ambientali, climatici.
La categoria di “sistema-mondo”, elaborata dallo storico francese Fernand Braudel, è stata ripresa dal sociologo americano Immanuel Wallerstein e dalla scuola che da lui origina, chiamata “scuola del sistema-mondo”. Il sistema-mondo e l’economia-mondo capitalistica sovraordinano, strutturano, plasmano, influenzano l’economia nazionale e lo stato-nazione. Non viceversa. Le ineguaglianze, le fratture, le scissioni ecc. entro uno stato-nazione hanno il corrispettivo decisivo nelle ineguaglianze, nelle fratture e nelle scissioni su scala mondiale. Centro-periferia, sviluppo-sottosviluppo, dominanti-dominati ecc. rappresentano le coppie dialettiche senza le quali non riusciamo a capire come funziona il mondo. Noi terzomondisti, giovani e giovanissimi dei primi anni settanta del Novecento, usavamo allora una nozione importante, centrale ancora oggi e infatti ripresa da alcuni settori dei giovani di Friday For Future. È la nozione di “malsviluppo”, caratterizzante il capitalismo dalle origini a oggi. Percepivamo allora, anche confusamente, come il sistema capitalistico fosse irrimediabilmente asimmetrico, polarizzante, ineguale. I libri di Samir Amin di quegli anni, L’accumulazione su scala mondiale e Lo sviluppo ineguale, nelle edizioni italiane rispettivamente nel 1971 e nel 1977, ci hanno fornito il quadro teorico interpretativo fondamentale.
“Malsviluppo” non solo nella dimensione economica e sociale. Già allora avevamo chiaro che la questione ambientale era importante, che la questione di genere, la questione dei diritti umani, dei diritti civili ecc. erano importanti. Nel capitalismo “tutto si tiene”. E cercavamo di sfuggire alla gerarchia delle contraddizioni. La contraddizione capitale-lavoro salariato veniva considerata decisiva, sicuramente, ma non così egemonica rispetto alla contraddizione uomo-natura e produzione-ambiente, rispetto alla contraddizione uomo-donna, rispetto alle contraddizioni riguardanti i diritti umani e civili.
Qui si nomina appena, ma meriterebbe una trattazione a sé, la nozione decisiva di colonialismo (e poi di neocolonialismo e di imperialismo) per comprendere le dinamiche contemporanee in generale. E in particolare rispetto alla “mente colonialistica” europea e occidentale, plasmata nei secoli del colonialismo, e che molto ha a che fare con il comportamento nei confronti dei migranti.
Entro questo contesto, per il tema del nostro incontro, si anticipa qui la nozione di “differenziazione etnica della forza-lavoro”, caratterizzante il capitalismo dalle origini a oggi, dallo schiavismo al cosiddetto “proletariato esterno” (Marx), formato da migranti.

 

2. Il lavoro
 
a. La categoria “lavoro” è il fenomeno originario del processo di ominazione. Possiede una dimensione “filosofica”, oltre alla sua ovvia dimensione materiale, economica. Ma il lavoro è un’astrazione. E come ogni astrazione unifica fenomeni concreti diversissimi. Pertanto le scissioni e le differenziazioni sono tantissime al suo interno. Lavoro manuale e lavoro intellettuale, lavoro direttivo e lavoro esecutivo, lavoro dipendente privato e lavoro dipendente pubblico, lavoro nel mercato del “lavoro formale” e lavoro nel mercato del “lavoro informale” (lavoro precario, lavoro nero, lavoro senza diritti e senza protezioni ecc.).
Il neoliberismo, ripetiamolo, già negli anni ottanta con la signora Thatcher e con Ronald Reagan, ma soprattutto negli anni dopo il 1989 (caduta del Muro di Berlino) e il 1991 (fine dell’Urss e quindi del socialismo reale) ha comportato un potente processo di svalorizzazione e di umiliazione del lavoro. Con il concomitante processo di “solitudine” del lavoro, a causa del venir meno del sostegno per lavoratrici e per lavoratori di settori sociali importanti come intellettuali, insegnanti, professionisti ecc. Il venir meno di quegli strati sociali in seguito denominati “ceto medio riflessivo” che tanto hanno apportato, tra fine anni sessanta e anni settanta (“il lungo 68 italiano”), alle lotte, alle mobilitazioni, alle conquiste complessive delle classi subalterne in Italia. Entro questo quadro del classico laisser faire, laisser aller, con il neoliberismo la flessibilizzazione, la precarizzazione, la segmentazione estrema delle forme del lavoro e delle figure lavorative. Alla vecchia formula del divide et impera si aggiunge la nuova formula del “segmenta e domina”. Centinaia e centinaia di tipi di contratto, di figure, fino alle partite Iva fasulle, hanno investito e continuano a investire il mondo del lavoro italiano e coinvolgendo soprattutto i migranti.
 
b. A proposito di mercato del lavoro formale e mercato del lavoro informale. Oggi nel mondo 6 lavoratrici e lavoratori su 10 sono impiegati nel settore informale. Naturalmente come media, con ovvie differenze tra paese e paese. In India, solo come esempio su scala mondiale, il 70% della manodopera rientra in questo settore.
 
c. Si diceva “differenziazione etnica della forza-lavoro”. Wallerstein lo considera tratto distintivo del “capitalismo storico”, dalle origini. E questa dinamica riguarda più da vicino il nostro incontro.
Marx ed Engels analizzarono bene la questione irlandese e trattarono, entro il complessivo movimento operaio inglese, in particolare delle cause e degli effetti della scissione, fino all’odio reciproco, tra operaio irlandese e operaio inglese. Tra gli effetti anche una delle ragioni del mancato sbocco rivoluzionario in Inghilterra, benché vi esistessero nell’Ottocento le condizioni oggettive per un rivolgimento. È il modello classico della dinamica della non-unità dei subalterni. Una situazione tanto nefasta e tanto significativa, sempre avendo come riferimento il tema al centro di questa relazione.
 
d. Altra classica nozione, trattata da Marx nel Libro I de Il Capitale, è il cosiddetto “esercito industriale di riserva”. Disoccupati, sottoccupati, precari, disperati, come la gran parte dei migranti, che premono sul mercato del lavoro e che in tal modo consente ai capitalisti e alle imprese di tenere bassi i salari e precarie le condizioni di lavoro.