Il
tema dell'egemonia culturale rivendicata dalla destra sta assumendo una forma
politica determinata dal governo Meloni che sta realizzando un forte impatto
sull'insieme degli equilibri culturali, politici e sociali: si tratta di una
determinazione fortemente identitaria, divisiva nella società secondo il criterio
della strutturalità delle disuguaglianze, della promozione del darwinismo
sociale, del corporativismo. Si stanno creando gli arroccamenti le parti
privilegiate: fortezze dalle mura costruite attraverso l'utilizzo dei mezzi di
comunicazione. Si sta sviluppando una "narrazione" di rottura
rispetto ai precedenti tentativi di annacquare le identità storiche
dell'uguaglianza, della solidarietà, dell'intreccio tra le diversità culturali.
Dovremmo essere capaci di aprire una riflessione
riguardante, prima di tutto, il passaggio nel sistema liberale da concezione
leaderistica a concezione autoritaria. Dal sistema liberale dell'alternanza si
è passati a quello della governabilità comunque (con la formula elettorale
maggioritaria che ha ucciso la partecipazione politica) e
dalla "governabilità" alla democrazia "governante"
incentrata sulla personalizzazione.La vera
crisi della democrazia liberale è quella dell'essersi ormai tramutata in
"democrazia recitativa". Su questo punto la destra ha trovato
l'acqua per far nuotare i suoi pesci. La risposta non può che essere
simmetricamente identitaria in una fase in cui è difficile rintracciare sfumature.
Si riduce sempre di più lo spazio per la ricerca di equilibri terzaforzisti
alimentati da ambizioni da "autonomia del politico". Rimane
ineludibile il nesso tra la costruzione politica con la condizione sociale. La
condizione sociale rimane colpita prima di tutto dalla filosofia dell'inuguaglianza
intesa come fattore propulsivo dell'egemonia antidemocratica.