Iprimi
due scritti del libro di Lodovica San Guedoro: Sacro Amor Profano (Les
Flâneurs Edizioni, Bari, 2023, pagine 158 € 15), compresi nella sezione “Storie
Diafane”, raccontano dei gironi infernali dentro cui, chi ha intrapreso
l’insano mestiere di scrittore, si trova a vivere. E sia detto subito: questo
vale sia nel “Regno scellerato”, cioè l’Italia delle lettere e dell’editoria,
sia “nel pallido, improbabile Impero del Nord”, cioè i paesi di lingua tedesca
dove l’autrice ha vissuto e operato. Se vi illudete che basti del talento,
l’applicazione al limite della follia, una passione smodata che rischia di
incenerirvi, una cultura piuttosto robusta e la vostra consapevolezza di valere
qualcosa, molto molto più di tanti polli di allevamento in circolazione, siete
fuori strada. Non vi sarà riconosciuto nulla di tutto questo; non è con tale
bilancia che verrete pesati da burocrati, funzionari editoriali, direttori di
giornali, programmi televisivi, cricche dell’industria delle recensioni. La
riprova è che quasi tutti i libri della San Guedoro hanno potuto vedere la luce
grazie alla caparbia decisione di creare a Monaco di Baviera, assieme al sodale
Johann Lerchewald, una casa
editrice tutta sua: la Felix Krull. La prima narrazione dal titolo ‘La ballata
di un giovane bardo’ ci illumina sulla preoccupazione di collocare e mettere in
salvo le opere già edite e i manoscritti inediti. L’ansia spasmodica e la tensione
che divorano la scrittrice si scioglieranno, infine, quando la cassa col suo
prezioso contenuto “riposerà”, finalmente, presso la Biblioteca Nazionale di
Firenze. La seconda narrazione ‘Continua in prosa, ma è sempre un sogno’
riguarda un ambito che conosco bene, il teatro. La lettura vi mostrerà che se
coltivate qualche velleità in merito alla scrittura teatrale, è bene che vi
disilludiate subito. Ci ho messo una pietra sopra anch’io da tempo, dopo aver
raccolto i miei testi nel volume Ostaggi a teatro. Ma non crediate che
vada meglio al racconto, genere a cui questo libro appartiene. Gli editori
maggiori lo hanno assassinato da lustri; critici e recensori lo snobbano, e si è
arrivati al punto che ad un premio nato per promuovere questa difficile e
antica forma espressiva, assegnano i riconoscimenti a biografie di personaggi
noti per altri mestieri, e a libri che col genere racconto (rigorosamente
inteso), non hanno nulla a che vedere.
La copertina del libro
Ad un occhio esercitato, a chi ha – o dovrebbe avere – (visto
che si interessa di libri per mestiere) un minimo di gusto estetico e capisce
qualcosa di stile, possono bastare poche pagine o appena dei brandelli dei
racconti della San Guedoro. Vi troverà capacità descrittive, forza espressiva, sapienza
nel far vibrare corde profonde, spiazzamenti di visuale, tocchi poetici
meravigliosi, e sentimenti in grado di prendervi alla gola, se avete conservato
ancora un’anima e non vi siete pietrificati del tutto. Che dite, può bastare
tutto questo per farne uno scrittore di razza? Pardon, una scrittrice di razza.