Le “affinità elettive”
di Stefano Gianuario. Per Fabrizio Tarducci, il protagonista del secondo romanzo del
giornalista milanese Stefano Gianuario dal titolo Ci penseremo domani (Morellini
Editore, 248 pagine), l’uscita dal mondo dei riflettori televisivi era stata
ben ponderata e a poco erano serviti gli inviti più o meno pressanti dei
colleghi a fare marcia indietro. A 60 anni di età, con un fisico prestante e la
mente ancora vivace, una moglie che frequenta lo stesso mondo seppur decisamente
più giovane, decide infatti di chiudere l’esperienza durata metà della sua vita
alla guida di una trasmissione sportiva per ritirarsi in pensione. Osservare il
tempo che sfuma e che gli mette sotto lo sguardo calciatori che per età
potrebbero essere ormai suoi nipoti ritiene che non faccia più al caso suo. Si chiude
dunque un ciclo ma se ne aprirà un altro: lui, egocentrico donnaiolo, fumatore
incallito, amante del buon vino, dissacratore privo da sempre di eccessive ambizioni,
in una sola serata piomberà in una scoperta eccezionale, che mai avrebbe immaginato.
La sua esistenza, che si stava ormai incamminando verso un percorso consolidato,
riceverà una sorpresa smontando molte certezze grazie a Jennifer De Angelis,
giovane illustratrice per diletto con una laurea magistrale in tasca, ma
incapace a trovare un’occupazione stabile e rispondente alle proprie
aspettative tanto da ripiegare a svolgere il mestiere di cameriera “a chiamata”
nel bar di proprietà del fratello. L’estro, le debolezze, la spontaneità
frammista a imbarazzo di questa rappresentante della Generazione Z uniti a una
grinta da donna ormai navigata la rendono agli occhi del giornalista di vaglia
fonte di sicuro interesse: nascerà così un’intesa che la trama del romanzo
sviluppa lungo l’arco di una sola serata offrendo al lettore una forma curiosa
di dialogo e di relazione tra i sessi e tra età molto lontane fra loro. Il colpo
di scena giunge però al termine quando arriverà la confessione di una lontana
storia d’amore che in realtà appare molto più vicina di quanto si creda. Il plot
narrativo si snoda attraverso le voci alternate dei due protagonisti che
affrontano dubbi, tormenti, desideri, e mette in luce la scelta di Gianuario di
penetrare nei reconditi pensieri femminili fornendo una visione spesso
speculare e opposta a quella maschile. Ma c’è anche il confronto tra generazioni,
con genitori assenti o rimpianti e figli ribelli, occasione altresì per
rinverdire i ricordi di gioventù in questo libro che dietro il velo di una semplice
“affinità elettiva” tra due anime mette in risalto molto altro. Di fronte all’ipocrisia
imperante, alla ricerca spasmodica e sgomitante del successo figlio di un narcisismo
sovente patologico e purché sia ci sembra azzeccato e puntuale uno dei
passaggi del romanzo, forse il migliore: “Si sbaglia quando si dice che l’Italia
del calcio è fatta di sessanta milioni di allenatori. L’Italia è un paese di
papi, di sessanta milioni di pontefici che vogliono affacciarsi al balcone di
San Pietro e dire la loro con la speranza - neanche troppo recondita - che sia
legge insindacabile, che sia il verbo, la parola di Dio”. Del resto il calcio,
come sosteneva più di cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini, resta l’ultima
rappresentazione sacra del nostro tempo, quella rappresentazione che Tarducci
ha voluto lasciarsi alle spalle per guardare maggiormente dentro sé.