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martedì 19 settembre 2023

DISARMISTI E PARLAMENTO
di Beppe Corioni


 
Chissà perché ogni volta che c’è una scadenza elettorale si affaccia sempre qualcuno che chiama a raccolta tutte le formazioni politiche e sociali nel tentativo di mettere una nostra rappresentanza dentro le istituzioni, come se quella voce potesse contribuire a un possibile e auspicabile cambiamento. Dopo di che, conclusa la campagna elettorale, solitamente con un esito molto deludente rispetto alle aspettative, ecco che ognuno torna nel proprio “ovile” aspettando un altro evento che possa di nuovo metterci insieme, e la cosa si ripete a livello locale, nazionale ed europeo. Chi, come me, ha fatto politica per una vita queste cose le conosce molto bene perché le ha vissute direttamente sulla propria pelle attraverso l’impegno militante di tutti i giorni, senza mai chiedere nulla né tantomeno rivendicando ruoli o cariche di qualsiasi genere. Faccio parte di quei militanti di Brescia che hanno fatto i banchetti per raccogliere le firme per i 3 referendum contro l’invio di armi e per la difesa della sanità pubblica senza riuscire a raccogliere le 500000 firme che servivano per presentare la richiesta di referendum. Chi ha già raccolto le firme sa quanta fatica si deve fare per ottenere un buon risultato, e se posso dirlo noi siamo stati anche bravi perché abbiamo raccolto quasi 3000 firme tutte autenticate. Quando parlo di noi, parlo di poche persone che hanno fatto questo lavoro, una piccola realtà, come il CentroSociale28maggio, ha gestito il tutto dalla A alla Z, e tutti gli altri che ora si stracciano le vesti per mostrare il loro pacifismo, cosa hanno fatto? 



Tutte le forze politiche, sociali che in questo momento stanno tentando di costruire questo nuovo soggetto che ha come finalità la rappresentanza nel parlamento europeo di una forza di pacifici, dove erano? Forse perché l'impegno per i referendum non era premiato con una poltroncina e non c’era la possibilità di ricoprire un ruolo dentro le istituzioni, allora non valeva la pena schierarsi? Eppure era un’operazione importante, se fossimo riusciti a portarla a termine avremmo dato la possibilità a tutti i cittadini di esprimersi con un referendum, ci pensate? 
Ora si presenta questa nuova possibilità, non entro nel merito della raccolta firme per poter presentare questo nuovo soggetto politico, per carità, mi limito solo a dire: che cosa ce ne facciamo di un rappresentante nelle istituzioni se non abbiamo una vasta mobilitazione di massa sul tema della guerra che lo possa sostenere, perché è questo il problema vero. Una voce nel Parlamento europeo che non è supportata dalla mobilitazione di piazza non serve a niente, è una voce che grida nel deserto. Questa è la vera discussione che dobbiamo affrontare: come rimettere insieme tutte le realtà che sono contro la guerra che ad ora sono completamente divise, e non riescono a parlarsi. Io sostengo che bisogna utilizzare il Parlamento come cassa di risonanza delle nostre istanze, ma solo se fuori ci sono migliaia di voci che gridano in ogni piazza e in ogni luogo quello che la rappresentanza rivendica all’interno delle istituzioni: noi dovremmo saper “governare” le piazze, perché le piazze sono l’istanza dei bisogni della gente. Purtroppo in questo momento non vedo altre strade da percorrere. L’impegno elettorale che si sta delineando è la ripetizione in negativo di quello che abbiamo già sperimentato in passato. In questi anni noi siamo stati sconfitti, bisogna prenderne atto, ma la cosa peggiore non è la sconfitta che abbiamo subito, è che molti di noi, militanti ed attivisti, l'hanno interiorizzata. Tra le persone inoltre è passata la cosa peggiore che potesse passare, si chiama Rassegnazione, quello di pensare che tanto non cambierà mai niente, che tanto sono tutti uguali, questo sentimento allontana la gente dalla politica dall’impegno sociale e dalle urne. 



Chiudo con un’ultima puntualizzazione, che non è solo polemica, ma volontà di confronto franco e costruttivo, partendo da una rivendicazione chiara che dovrebbe essere l’introduzione a tutto questo percorso: Sciogliamo la Nato, basta guerre, e questa dovrebbe essere, a parer mio, la condizione da condividere prima di ogni altra discussione, perché la rivendicazione della pace senza individuare i soggetti che alimentano la guerra non fa altro che nascondere la realtà che stiamo vivendo, lasciando spazio a narrazioni fasulle che alimentano solo il populismo guerrafondaio. 
 
*CentroSociale28maggio - Rovato