La rivolta anticolonialista. Il 17 agosto sotto l’Ambasciata della Nigeria di Roma è stato organizzato
un presidio - con la partecipazione anche di cittadini di vari paesi africani -
per chiedere che i paesi facenti parte dell’ECOWAS, cioè dell’organizzazione
degli stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO in francese), rinuncino all’uso
della forza contro il Niger. Gli stati facenti parte dell’organizzazione
(attualmente guidata dalla Nigeria) sono tradizionalmente succubi delle politiche
neocolonialiste della Francia, degli Stati Uniti e di altri paesi europei che
tendono a mantenere il loro controllo economico e politico verso i paesi
africani pure dopo che formalmente hanno ottenuto l’indipendenza. La rivolta
anticolonialista nel Niger (ex-colonia francese), anche se formalmente attuata
con un colpo di stato da parte di un gruppo di militari progressisti, ha ricevuto
in realtà l’appoggio entusiastico di gran parte della popolazione che ha
assediato l’Ambasciata Francese con slogan anticolonialisti. L’intervento armato minacciato dai
membri dell’ECOWAS con l’appoggio dei vecchi colonialisti ancora presenti in
quei paesi con presidi militari (francesi, statunitensi e persino italiani) non
si presenta - però - facile. Tre paesi dove già avevano avuto successo rivolte
anticolonialiste (e per questo “sospesi” dall’ECOWAS), Mali, Guinea e Burkina
Faso, hanno fatto sapere che non rimarrebbero con le mani in mano in caso di
attacco militare al Niger. Anche un importante paese di grandi tradizioni
anticolonialiste come l’Algeria ha fatto sapere la stessa cosa. L’Unione
Africana, che rappresenta tutti i paesi africani, si è dichiarata nettamente contraria. Gli Africani, così come anche tutti i
popoli asiatici e latino-americani conoscono bene i precedenti disastri e le
distruzioni provocate dai paesi occidentali e dalla loro organizzazione
militare, la NATO: innanzitutto nel 2011 in Libia (che era il paese più
benestante dell’Africa, e di chiare tendenze anticolonialiste), fatto che ha
segnato l’espansione del terrorismo jihadista in tutta l’Africa Occidentale;
poi in Afghanistan (paese in cui per 20 anni la NATO ha fatto terra bruciata
salvo poi lasciarlo nelle mani dei fanatici Talebani); e poi in Siria (paese
che eroicamente ha resistito, anche se circa un terzo della Siria, comprendente
tutte le zone petrolifere, è ancora occupato da truppe USA); e poi in Iraq e
tanti altri paesi vittime dell’Imperialismo e del Neo-colonialismo. Un segno
significativo dei tempi è il fatto che i manifestanti in Niger abbiano
inneggiato a Putin e sventolato bandiere russe. In realtà i Russi (già
impegnati in Ucraina e in parte anche in Siria) non hanno avuto parte nel
rovesciamento del precedente governo del Niger ed anzi hanno assunto un
atteggiamento molto prudente.
Il fatto significativo - però - è che i
popoli del mondo vedono scemare il dominio del capitalismo occidentale che ha
cercato di imporre i propri voleri al mondo negli ultimi cinque secoli. Vedono
sorgere agguerriti concorrenti a questo dominio come Russia e Cina
(indipendentemente dai loro regimi interni la cui analisi meriterebbe un ampio
spazio che non abbiamo in questo articolo). La maggior parte degli altri paesi
del mondo, tra cui giganti come India, Brasile o Sudafrica, si è defilata dalle
strategie occidentali e si è rifiutata di imporre sanzioni alla Russia per la
guerra in Ucraina. Questi paesi comprendono molto bene che questa guerra - anche
se formalmente iniziata dalla Russia - è stata voluta in realtà da USA e NATO, prima
con l’espansione forsennata della NATO verso i confini russi (violando gli
accordi presi dagli USA con Gorbacev), e poi cercando di far entrare nell’orbita
della NATO anche l’Ucraina (paese sempre profondamente legato alla Russia e
dove vivono milioni di Russi), prima con la rivoluzione “colorata” del 2008 (poi
fallita), e poi con il colpo di stato di chiara ispirazione nazista e razzista del
2014, ed infine con il rifiuto di trattare con la Russia sulla base degli
accordi di Minsk del 2015 che prevedevano il mantenimento della neutralità dell’Ucraina
a garanzia della sicurezza della Russia. Tutto questo sposta gli equilibri
mondiali in Asia, in Africa e persino in America Latina (con la grande vittoria
di Lula in Brasile e la vittoria di un candidato di sinistra persino in
Colombia, paese tradizionalmente di destra e molto legato agli USA). L’Occidente
formato da USA, UE ed alcuni alleati come Canada o Australia, rischia a sua
volta di rimanere isolato e di non poter più dettare al mondo la propria agenda.
Gli sviluppi sono imprevedibili, perché c’è sempre la tragica eventualità -
assolutamente da evitare - che tutto questo sfoci in uno scontro militare
mondiale scatenato dagli USA che non si rassegnano alla perdita dell’egemonia.