Ciò che viene preposto ad una radice o ad una parola è un modificativo
logico o un deduttivo logico, così come tutto quanto viene posposto. I latini, strutturando
substo, pensarono a: sto sotto, traducendo in base ai significati
acquisiti dai due termini, ma generarono anche: sto latente (sono allo
stato latente), in quanto la traduzione letterale di sub (va dall’ho il
mancare: è ciò che si genera) e diστα(dal tendere il
legare) determinò un nuovo contesto del processo di formazione dell’essere: nel
flusso gravidico che si lega alla madre, la creatura c’è, ma non si vede:
sono allo stato latente. Formulando subfero (suffero), dissero:
porto sotto (sostengo/sopporto), ma anche: soffro, in quanto
tradussero alla lettera tutta la perifrasi subfer: va dall’ho il
mancare (è ciò che si genera) dallo scorrere il nascere (decorsa la
gestazione), che contestualizza il travaglio.Pertanto, la pregnanza di
significato a soffro (subfero) viene data dall’immagine della
partoriente. Infatti, spesso, la parola è un deittico. Bisogna dire
che i prefissi sono tantissimi e non solamente quelli che hanno valore
prepositivo o avverbiale. I greci coniarono la radice γελ, che si può tradurre: dal generare lo sciogliere, che,
sicuramente, indicò il flusso gravidico e che servì per rendere qualcosa di
ricorrente nel suo modo di essere: rido: γελάω. Per il pastore rendere ridere,secondo la sua logica e i
mezzi a disposizione, non era facile, per cui il sentir dire che la
nascita era il risultato del flusso gravidico era per lui motivo di una sonora
risata. A suffragare quanto detto, si ricorda che questo verbo ha anche il
significato di: deridere. Poi, di γελάω, divenuto un
deittico, si dimenticò il percorso formativo ed indicò, definitivamente,
l’espressione ilare del viso. Questa radice
servì ai latini per coniare gelus, mediante questa perifrasi: dal generare
lo sciogliere, inteso come acqua/flusso gravidico, si genera (us: è ciò che
manca) il gelo. Con gelus, il pastore latino asserisce che è dei liquidi
gelare. I greci, inoltre, da γελ, mediante il
prefisso αγ/αν(dal
generare/da dentro) coniarono: ἄγ-γελ-ος: nunzio,
messaggero, angelo, dedotto così: quel grembo pronunciatoè
portatore di notizia, poi, aggiunsero un altro prefisso: ευ(dall’ho
divenne anche: buono/buona) formulando l’aggettivo a due uscite εὐ-άγ-γελος: annunciatore di buona notizia. Da questo nucleo di concetti si
formò, in italiano, vangelo, come messaggio vero e buonodi
Cristo, che determinò l’ardore di evangelizzare.
Il concetto di
gioco (iocus), nel senso vero e proprio, è legato per latini ed italici
al figlioletto, in greco υἱός: e, per i
greci, al παῖςπαιδός(figlio
piccolo). Con gioco (in greco da παῖςfu dedotto παίγνιον: gioco, trastullo) si volle intendere l’attività precipua
della creatura dopo la nascita. Poi, verosimilmente, da παίγνιον fu dedotto: compagno, mentre compagno,come convivente,
fu dedotto da: πάγνυμι/πήγνυμι: conficco. Nell’antichità
c’erano altri giochi, desunti dall’attività fisica, come lotta corpo a corpo (è
ciò che si genera da dentro il legare), che portò i greci a formulare ἀγῶνεςe i latini a
elaborare ludi. In realtà la radice lud (dove la u dovrebbe
rimandare al dittongo εο) contiene la
seguente perifrasi: lo sciogliere dall’ho il legare, che, nel processo
formativo dell’essere, rimanda a più significati, per cui aggiungendo us:
è ciò che manca, ciò che si genera, i latini dedussero: svago,
passatempo, ricreazione, divertimento, scuola, in
quanto il legare, nella cultura greco-latina, indicò: il fare/il
lavorare, l’accapigliarsi, l’odio, l’approccio amoroso che porta alla
procreazione. Verosimilmente, il concetto di svago/gioco fu desunto dalla sospensione
della fatica. Da lud i latini derivarono anche scuola,non
perché fosse uno svago o un divertimento, ma perché l’infanzia, per alcuni ceti
sociali, immune dalla fatica, consentiva di frequentare la scuola. Si
può anche pensare che il legare del grembo, come realizzazione di
qualcosa, indichi anche un mostrare come si fa la creatura a chi osserva, al discipulus,
in dialetto: discipu’u. Da ricordare che discipulus è un deverbale di disco:
imparo, per cui la perifrasi ipulus significa qui: è colui che
(discit). I latini, come
prima i greci, usarono l’εe l’η, frutto
della crasi tra εe α(dal
generare), come deduttivi logici. Dalla radice lud, che aveva generato lud-us:
il gioco, venne formato il verbo e-lud-o: schivo/evito,
in quanto lo sciogliere, come flusso spermatico senza freni, è preferibile allo
stare ristretto. Il pastore ragiona così: evito di restare ristretto,
perché godo della libertà del fluire. I latini
utilizzarono il simbolo delta dei greci, che acquisì due significati: legare
e mancare, presenti in ad (genera il mancare/il legare)e
de/di (da e dal generare il mancare/il legare).
Con il prefisso
ad, qui: genera il mancare, dal mancare, furono dedotti: scherzare
e alludere, come sottinteso dell’approccio d’amore. Quindi: in-ludere:
beffare, dileggiare, ingannare. Se il legare rappresenta
la fatica, pensare che, con il parto, abbiano termine le amare vicissitudini
della vita, è una pia illusione. Poi,
de-ludo: schernisco, canzono, burlo, inganno,
che è ciò che si genera (dal mancare) da ludere (gioco, scherzo, mi diverto),
ad indicare che il rovescio della leggerezza dello scherzo è la beffa/delusione,
anche come mancata nascita della creatura. Poi, fu coniato con-ludo: gioco
insieme, me l’intendo, perché il gioco è, almeno, a due e nel gioco
c’è l’intesa immediata. Inoltre, fu dedotto: proludo, che, da una parte,
rimanda all’allenamento dell’atleta, dall’all’altra ai giochi d’amore,
come preambolo. Poi, dal participio perfetto prolusus fu dedotta:
prolusione. Infine, fu dedotto:
prae-ludere, che è il fare prove prima come preludio di quello
che farò. Il concetto
di laboro fu così congegnato dai latini: dall’andare lo sciogliere
(durante i nove mesi), si genera. Nella concezione del pastore il
fare, il lavorare è successivo al flusso gravidico, quando si
realizza la creazione legando; poi, dedussero: collaboro, quindi:
elaboro: mi applico con cura/con diligenza, mentre noi abbiamo
aggiunto il concetto di lavoro come sviluppo realizzativo di un’idea che ho
in mente, da cui il nostro concetto di ri-e-laborare. Anche i greci
dallo stesso contesto elaborarono: ἔργον: lavoro
(eseguito), opera, affermando: è ciò che si trova dentro (ον), mentre decorrono
i nove mesi (dall0 scorrere il generare). Da ἔργον, i greci, premettendo:
εν(da dentro),
ricavarono energia: chi fa un lavoro ha bisogno di forza. I
greci, inoltre, formularono anche: συν-εργία: cooperazione, che è ciò che si desume da un lavoro fatto da più
persone. Successivamente, si modificò il concetto di cooperazione in: unione
di forze. La parola chimera
(sogno vano, desiderio irrealizzabile) degli italici è una parola dedotta da:
(imeros) ἵμερος: desiderio, brama. La parola λῆρος: vaniloquio, che indica chi dice una sciocchezza attinente al
processo formativo: il flusso gravidico determina la nascita, fece generare ai
latini il verbo: de-λῆρ-o, deliras: farnetico. Quindi,
elaborarono chi vaneggia/chi delira: delirus, mentre gli italici
formularono: delirio.