Un senso di sollievo diffuso: questo l’effetto della presa di
posizione del segretario generale delle Nazioni Unite, l’altro ieri al
Consiglio di Sicurezza. Finalmente Guterres è uscito dalla gabbia
dell’impotenza in cui è costretta l’istituzione - detto per inciso, anche
questa sessione del Consiglio si è conclusa con una fumata nera - e ha detto al
governo israeliano ciò che va detto, ossia che il 7 ottobre non è un fulmine a
ciel sereno, ma viene dopo 56 anni di oppressione dei palestinesi, e che la
legge internazionale umanitaria, nata a Norimberga, vale anche per Israele.
Naturalmente poteva dire di più, e cioè che Israele persegue un disegno di
pulizia etnica che le Nazioni Unite contrasteranno con ogni mezzo; oppure, se
non voleva sbilanciarsi fino a questo punto, avrebbe potuto chiedere al
governo presieduto da Netanyahu di spiegare al mondo come vede il futuro della
Palestina, se in essa c’è posto anche per i palestinesi, e in quale forma.
Fintanto che Israele non dichiari di avere un piano diverso, i fatti - le
violenze e le limitazioni cui sono sottoposte le comunità palestinesi, la
colonizzazione in regime di occupazione militare, la legge costituzionale che
riconosce la piena cittadinanza solo agli ebrei, ecc. - portano a concludere
che Israele voglia completare l’opera iniziata prima della nascita dello stato,
espellendo il maggior numero possibile di palestinesi. Se il governo tace,
parlano i tink tank; è Jonathan Ofir a dare notizia di un rapporto uscito “a
caldo” nei giorni scorsi, nel quale l’autore spiega che mandare i due milioni e
mezzo di abitanti di Gaza in Egitto sarebbe un affare per entrambi i paesi. Più
serio il tema proposto da Steve Randy Waldman: ha senso l’autodeterminazione
dei popoli, il nazionalismo, la pretesa di costringere lo stato entro gli
incerti confini dell’identità etnica, nazionale? La risposta dell’autore, un
economista molto raffinato di origini rumene ed ebraiche, che scrive avendo
evidentemente in mente il sionismo, è no: la modernità è costruita sulla
sovranità degli stati, non sulle nazioni. Il Risorgimento ne è una prova
lampante: è la costituzione dello stato unitario e sovrano - una sovranità
purtroppo oggi limitata che indebolisce la stessa unità del paese - che dà
forma all’identità linguistica e culturale italiana, altrimenti dispersa in
mille rivoli. La conclusione di Waldman è però incerta, da economista: infatti
lo stato unico israelo-palestinese c’è già, non resta che prenderne atto e
iniziare il lungo percorso che porti all’uguaglianza, o a un’uguaglianza sempre
da conquistare, come quella dei neri d’America, il cui contributo alla cultura
americana è fondamentale, basti pensare alla musica.