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venerdì 27 ottobre 2023

GUTERRES HA PARLATO
di Franco Continolo
 

A. Guterres

Un senso di sollievo diffuso: questo l’effetto della presa di posizione del segretario generale delle Nazioni Unite, l’altro ieri al Consiglio di Sicurezza. Finalmente Guterres è uscito dalla gabbia dell’impotenza in cui è costretta l’istituzione - detto per inciso, anche questa sessione del Consiglio si è conclusa con una fumata nera - e ha detto al governo israeliano ciò che va detto, ossia che il 7 ottobre non è un fulmine a ciel sereno, ma viene dopo 56 anni di oppressione dei palestinesi, e che la legge internazionale umanitaria, nata a Norimberga, vale anche per Israele. Naturalmente poteva dire di più, e cioè che Israele persegue un disegno di pulizia etnica che le Nazioni Unite contrasteranno con ogni mezzo; oppure, se non voleva sbilanciarsi fino a questo punto, avrebbe potuto chiedere al governo presieduto da Netanyahu di spiegare al mondo come vede il futuro della Palestina, se in essa c’è posto anche per i palestinesi, e in quale forma. Fintanto che Israele non dichiari di avere un piano diverso, i fatti - le violenze e le limitazioni cui sono sottoposte le comunità palestinesi, la colonizzazione in regime di occupazione militare, la legge costituzionale che riconosce la piena cittadinanza solo agli ebrei, ecc. - portano a concludere che Israele voglia completare l’opera iniziata prima della nascita dello stato, espellendo il maggior numero possibile di palestinesi. Se il governo tace, parlano i tink tank; è Jonathan Ofir a dare notizia di un rapporto uscito “a caldo” nei giorni scorsi, nel quale l’autore spiega che mandare i due milioni e mezzo di abitanti di Gaza in Egitto sarebbe un affare per entrambi i paesi. Più serio il tema proposto da Steve Randy Waldman: ha senso l’autodeterminazione dei popoli, il nazionalismo, la pretesa di costringere lo stato entro gli incerti confini dell’identità etnica, nazionale? La risposta dell’autore, un economista molto raffinato di origini rumene ed ebraiche, che scrive avendo evidentemente in mente il sionismo, è no: la modernità è costruita sulla sovranità degli stati, non sulle nazioni. Il Risorgimento ne è una prova lampante: è la costituzione dello stato unitario e sovrano - una sovranità purtroppo oggi limitata che indebolisce la stessa unità del paese - che dà forma all’identità linguistica e culturale italiana, altrimenti dispersa in mille rivoli. La conclusione di Waldman è però incerta, da economista: infatti lo stato unico israelo-palestinese c’è già, non resta che prenderne atto e iniziare il lungo percorso che porti all’uguaglianza, o a un’uguaglianza sempre da conquistare, come quella dei neri d’America, il cui contributo alla cultura americana è fondamentale, basti pensare alla musica.