Pagine

lunedì 16 ottobre 2023

I RACCONTI DI RIZZUTO


La copertina del libro

Ho letto con attenzione le pagine dell’ultimo lavoro di Vincenzo Rizzuto (Racconti e riflessioni alla luna, Pubblisfera Edizioni 2022) e le ho trovate interessanti e ricche di osservazioni, di considerazioni e di spunti che invitano il lettore a riflettere. Il libro, mi piace definirlo uno specchio dell’anima e della mente dell’autore.  Vincenzo Rizzuto è una bella penna, una penna che sa svolgere, con immagini vive e chiare e in una prosa agevole, i propri sentimenti, i propri stati d'animo e gli elementi delle proprie analisi e sollecitando il lettore a riflettere. È un libro che racchiude racconti, versi e riflessioni, note di critica letteraria e testi di analisi politico- sociale. Sono pagine interessanti e coinvolgenti, pagine in cui emerge l'anima dell'educatore, l'anima dell'intellettuale impegnato per la costruzione d'un mondo migliore. Come si può cogliere dalla lettera sul 25 aprile, una missiva destinata ai nipoti, ma indirizzata a tutti gli uomini, perché apprezzino i valori della libertà e della democrazia e non si stanchino di impegnarsi per difenderli e per sostenerli. “La festa del 25 aprile 1945, carissimi nipoti, ricorda la Liberazione da quelle dittature, che se non fossero state sconfitte anche dalla Resistenza del popolo, avrebbero compromesso il vostro futuro, un futuro a cui tutti i nonni come me hanno tenuto e tengono più che ad ogni altra cosa” (p. 196). Ed è un futuro di pace, di libertà e di amore fra i popoli quello cui egli guarda con attenzione e con speranza. Questo libro, in fondo, è anche un ritorno ad un passato di impegno fatto di lotte, di attese deluse, e, scrivendone, egli sembra riviverne ancora lo spirito e le vicende. Emblematiche, in merito, le parole che egli fa pronunciare ad un vecchio docente universitario, presso la bottega di mastro Nicola: “Politicamente, pur considerandomi un uomo libero da ideologie accecanti, sono stato orientato sempre a sinistra, quella sinistra che condanna lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che rifiuta la guerra come strumento di sopraffazione e di dominio del più forte. Sì, a quella sinistra che rispetta la dignità dell'uomo come soggetto libero tra liberi, uguale tra uguali. In nome di questa visione del mondo, pure da ateo quale mi considero, credo che uno dei primi movimenti che ha portato avanti questi ideali sia stato senz'altro il Cristianesimo delle origini” (p. 64). E in queste note pare riapparire il senso del mondo lontano e della vita stessa degli Apostoli, ma sembra affacciarsi anche l'essenza d'un pensiero filosofico profondamente meditato. Penso, ad esempio, a Ludwig Feuerbach che, ritenendo l'uomo un corpo cosciente, sottolinea che solo il Cristianesimo l'ha visto nella sua “integrità e concretezza”. Ma il libro è anche un ritorno alla terra d'origine, al suo mondo, alle vicende e alle lotte che le hanno accompagnate; è un ritorno alle proprie radici, al ricordo delle persone care che rivivono in queste pagine. Vibra ancora intatto il suo profondo senso di uomo di scuola impegnato a educare, a formare coscienze libere e forti, capaci di affrontare il difficile cammino verso una società democratica. Lo studioso di filosofia aperto a cogliere, in essa, le condizioni di fondo per realizzare un giusto rapporto fra “sapere tecnico- scientifico” e “chiarezza”; fra scienza e valori. Sono l'uomo di scuola ed il filosofo che sollecitano a lottare, nel nome del sapere, contro il male che opprime il mondo, contro i tiranni della terra, contro “i signori della guerra” e i seminatori di discordia e di morte. “Sono pure io Ucraina, - fa dire ad un personaggio femminile di uno dei suoi racconti - e mia madre era russa, figlia di mio nonno che morì a Stalingrado nella grande battaglia contro i tedeschi nazisti; (…). Un mio figlio, mentre noi parliamo, sta combattendo a Kiev contro i cosiddetti fratelli russi (…). Siano maledetti i signori della guerra, che ci mandano al macello mentre essi se ne stanno al caldo e al sicuro nelle loro lussuose dacie con tutti i loro parenti” (p. 107). È l'invettiva dell'intellettuale pacifista che, pur sentendosi tradito nelle proprie lotte e nel proprio impegno, vuole spendersi ancora e sempre a favore della giustizia sociale e della pace. Il ritorno al paese e alla propria terra, per Vincenzo Rizzuto, è anche questo, è anche il triste confronto con gli ideali di ieri e di oggi, traditi e negati da un mondo che ha dimenticato i propri martiri per la libertà e per la pace e che vive nell'oblio delle proprie antiche ragioni di umanità, di giustizia e di solidarietà. “Fatemi urlare – egli canta – come un lupo / il mio dolore al vento. / Sono stanco di tutto, / maledetti signori della guerra! / Anche di notte popolate / i miei sogni di incubi maligni, / miserabili Caini, / che da millenni / insanguinate la terra senza posa. / (…) / Sono stanco di tutto, / pure dei 'compagni non compagni', / (…) / Voglio ululare, / ululare al vento / come un lupo mannaro / delle mie montagne” (L'urlo, p. 117).   
Ma il ritorno alla propria terra è anche memoria di luoghi e di persone, di botteghe e di “mastri d'ascia e di pennello”, botteghe che, negli anni della sua gioventù, erano anche dei piccoli salotti letterari e delle calde scuole di pensiero e di formazione. Nel suo “mastro Nicola”, in fondo, si profilano anche l'antica figura paterna, cui egli ritorna con tanto affetto, e quelle di tanti altri suoi maestri, così come nell’immagine di quella bottega “cenacolo”, lontana ma ancora viva, ritornano tante altre botteghe “cenacolo” del suo passato. È, questo il libro di Vincenzo Rizzuto, un libro di sentimento e di pensiero; “racconti” di “riflessioni”, di stati d'animo, di idee, di impegno, di lotte e di ideali. “Racconti e riflessioni alla luna” perché si svolgono fra la dimensione dello spirito e la realtà della terra cui sono rivolti, ma forse anche perché egli sente sempre più lontana la dimensione di quelli che, più degli altri, dovrebbero fare tesoro del suo messaggio.
 
Eugenio Maria Gallo