“Odissea” conversa con lo scrittore
Mino Lorusso. Odissea: Perché Umbrie? Perché
una regione al plurale? Lorusso:
«Umbrie
perché è attraverso la pluralità dei luoghi, delle storie e dei personaggi – e
anche delle leggende – che si è formata l’unicità dell’Umbria».
O: Lei sottolinea nell’introduzione che occorre possedere
la capacità di vedere oltre le cose, di saper ascoltare. Può essere definita
una “partecipazione sensoriale”? L:
«Attraverso
una partecipazione sensoriale, un luogo, un paesaggio, una piazza, una chiesa,
un’opera d’arte non solo trasmettono “un brivido di bellezza”, ma entrano in
contatto con noi: ci comunicano l’essenza del luogo; la storia che si fa carne
e che una piazza o un’opera d’arte racchiudono in sé stessi. Si tratta di tanti
frammenti della memoria che compongono l’articolato mosaico del passato. È soltanto allora
che avviene un coinvolgimento con il luogo: un rapporto che si può
definire “geografico-sentimentale”. Ed è questo il dialogo sensoriale».
O: La storia, come direbbe Croce,
ci mostra il suo lato “contemporaneo”. Ma credo ci sia molto altro… L:
«Sì. Non
c’è soltanto una successione temporale degli avvenimenti. C’è anche una
“dimensione dello spazio”. Essere e tempo, le coordinate spaziali, danno ai
fatti un senso, una ragione più profonda per giungere alla loro comprensione.
Lo spiega lo storico tedesco Karl Schlögel, il quale ha scritto un bellissimo
libro, “Leggere il tempo”, pubblicato da Bruno Mondadori».
O: Come si spiega questa nuova tendenza
storiografica? L:
«Paradossalmente
il globalismo non ha fagocitato il local,
ma lo ha rafforzato. Nella ricerca del passato c’è sempre la ricerca della
propria identità, del proprio legame con il territorio e con la propria storia.
Siamo il risultato di una sintesi tra luogo e tempo: il passato finisce sempre
per conciliarsi col presente. Senza rotture traumatiche. Non è poco, in un
mondo sommerso dalla paura delle guerre, delle malattie e, più in generale,
dall’incertezza sul futuro. Basta guardarsi attorno».
O:Si può affermare che la dimensione geografica e
spaziale abbia assunto una funzione nuova per recuperare e ripercorrere gli
eventi? L:
«Oggi
c’è un termine che racchiude il concetto di recupero del passato, attraverso
piccoli frammenti che colpiscono i nostri sensi. Si parla di “metonimia”.E proprio per questo, un luogo non è solo
come appare. È il
risultato di come è nel profondo dello spirito».
O: C’è dunque un “carattere
spirituale” comune? L:
«Lo
dice bene lo storico e giornalista Luigi Salvatorelli, quando parla
dell’esistenza di una “comunanza spirituale”, di “tratti specifici della
spiritualità”. Il risultato è una matrice identitaria che mette insieme la vita
trascorsa in comune, in una dimensione del tempo e dello spazio.
O: Nel libro, tra l’altro, c’è un
capitolo su Angelo Moratti. Uno su Luigi Salvatorelli, su Walter Tobagi e anche
sull’ex presidente del Portogallo, Mario Soares. L:
«Tutti
hanno un legame con l’Umbria. Salvatorelli e Tobagi sono umbri di nascita.
Soares ha trascorso alcuni mesi in esilio sul lago di Piediluco. Qui ha scritto
Il Portogallo imbavagliato, il libro
simbolo della cosiddetta “Rivoluzione dei Garofani”, che riuscì a rovesciare
pacificamente, nell’aprile del 1974, il regime militare di Salazar. E poi
Angelo Moratti, che arriva a Tavernelle nel 1937 e a soli 28 anni, grazie a
Enrico Falk, acquista la miniera di Lignite di Pietrafitta, la Somintra. Tavernelle-Somintra
era anche il nome della squadra di calcio composta da minatori, che nel ’46 con
i colori nerazzurri sfiora la promozione in serie C. Un modello calcistico e
societario che negli anni ’50 e ’60 Moratti adotterà nella sua Inter,
sull’esempio di quanto facevano gli Agnelli per la Juventus. La grande Inter di
Helenio Herrera vinse 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali.
L’idea vincente di una squadra nata, casualmente, alle porte di Perugia».