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sabato 21 ottobre 2023

INCONTRI

Mino Lorusso

“Odissea” conversa con lo scrittore Mino Lorusso.
 
Odissea: Perché Umbrie? Perché una regione al plurale?
Lorusso: «Umbrie perché è attraverso la pluralità dei luoghi, delle storie e dei personaggi – e anche delle leggende – che si è formata l’unicità dell’Umbria».

O: Lei sottolinea nell’introduzione che occorre possedere la capacità di vedere oltre le cose, di saper ascoltare. Può essere definita una “partecipazione sensoriale”?
L: «Attraverso una partecipazione sensoriale, un luogo, un paesaggio, una piazza, una chiesa, un’opera d’arte non solo trasmettono “un brivido di bellezza”, ma entrano in contatto con noi: ci comunicano l’essenza del luogo; la storia che si fa carne e che una piazza o un’opera d’arte racchiudono in sé stessi. Si tratta di tanti frammenti della memoria che compongono l’articolato mosaico del passato. È soltanto allora che avviene un coinvolgimento con il luogo: un rapporto che si può definire “geografico-sentimentale”. Ed è questo il dialogo sensoriale».

O: La storia, come direbbe Croce, ci mostra il suo lato “contemporaneo”. Ma credo ci sia molto altro…
L: «Sì. Non c’è soltanto una successione temporale degli avvenimenti. C’è anche una “dimensione dello spazio”. Essere e tempo, le coordinate spaziali, danno ai fatti un senso, una ragione più profonda per giungere alla loro comprensione. Lo spiega lo storico tedesco Karl Schlögel, il quale ha scritto un bellissimo libro, “Leggere il tempo”, pubblicato da Bruno Mondadori».

O: Come si spiega questa nuova tendenza storiografica?
L: «Paradossalmente il globalismo non ha fagocitato il local, ma lo ha rafforzato. Nella ricerca del passato c’è sempre la ricerca della propria identità, del proprio legame con il territorio e con la propria storia. Siamo il risultato di una sintesi tra luogo e tempo: il passato finisce sempre per conciliarsi col presente. Senza rotture traumatiche. Non è poco, in un mondo sommerso dalla paura delle guerre, delle malattie e, più in generale, dall’incertezza sul futuro. Basta guardarsi attorno».

O: Si può affermare che la dimensione geografica e spaziale abbia assunto una funzione nuova per recuperare e ripercorrere gli eventi?
L: «Oggi c’è un termine che racchiude il concetto di recupero del passato, attraverso piccoli frammenti che colpiscono i nostri sensi. Si parla di “metonimia”.  E proprio per questo, un luogo non è solo come appare. È il risultato di come è nel profondo dello spirito».



O: C’è dunque un “carattere spirituale” comune?
L: «Lo dice bene lo storico e giornalista Luigi Salvatorelli, quando parla dell’esistenza di una “comunanza spirituale”, di “tratti specifici della spiritualità”. Il risultato è una matrice identitaria che mette insieme la vita trascorsa in comune, in una dimensione del tempo e dello spazio. 

O: Nel libro, tra l’altro, c’è un capitolo su Angelo Moratti. Uno su Luigi Salvatorelli, su Walter Tobagi e anche sull’ex presidente del Portogallo, Mario Soares.  
L: «Tutti hanno un legame con l’Umbria. Salvatorelli e Tobagi sono umbri di nascita. Soares ha trascorso alcuni mesi in esilio sul lago di Piediluco. Qui ha scritto Il Portogallo imbavagliato, il libro simbolo della cosiddetta “Rivoluzione dei Garofani”, che riuscì a rovesciare pacificamente, nell’aprile del 1974, il regime militare di Salazar. E poi Angelo Moratti, che arriva a Tavernelle nel 1937 e a soli 28 anni, grazie a Enrico Falk, acquista la miniera di Lignite di Pietrafitta, la Somintra. Tavernelle-Somintra era anche il nome della squadra di calcio composta da minatori, che nel ’46 con i colori nerazzurri sfiora la promozione in serie C. Un modello calcistico e societario che negli anni ’50 e ’60 Moratti adotterà nella sua Inter, sull’esempio di quanto facevano gli Agnelli per la Juventus. La grande Inter di Helenio Herrera vinse 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. L’idea vincente di una squadra nata, casualmente, alle porte di Perugia»
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