Come ribattere punto su punto contro il pamphlet “lungo
e ripetitivo” più celebrato degli ultimi mesi, diventato un vero e proprio caso
letterario, ma soprattutto lanciato rapidamente e in maniera stupefacente nelle
classifiche di vendita? Il riferimento è a Il mondo al contrario del
generale e già Comandante dell’Istituto geografico militare di Firenze Roberto
Vannacci che ha scaldato e ancora vivacizza l’agone politico tra critici e
sostenitori, preso ora in esame da Michele Monina con il suo volume Il mondo
per il verso giusto. Le cose come stanno, recentemente apparso nella
Collana Moralia del romano Gruppo Editoriale Fanucci. Marchigiano di origine, critico
musicale e scrittore, autore di quasi cento pubblicazioni alcune delle quali firmate
insieme ad artisti del calibro di Vasco Rossi e Caparezza, Monina in 12 capitoli
elenca le tante tematiche affrontate dal militare cercando di smontarne i
contenuti e sollevando le contraddizioni con precedenti tesi sostenute dallo stesso
che di volta in volta attacca migranti, donne, omosessuali, ambientalisti, politici.
Leggiamo: “Al generale Vannacci non interessa fare discorsi che indichino nelle
varie categorie che prenderà di mira (…) un nemico. Non è in guerra, dichiara. A
lui interessa farci sapere come sia vivere per queste minoranze, ci tiene a
chiamarle così, e che chi si occupa di loro è un caso a parte”. Contro la
morale dominante, contro lo Zeitgeist, contro il mainstream attuale il generale
oppone una visione a suo dire “naturale”, di buonsenso, diretta a ripristinare
un poco di ordine e di civiltà nel solco di quel patriarcato di cui ancora è
imbevuta, in parte, la nostra società: le minoranze, per lui, non possono
dettare l’agenda quindi l’attacco contro esse è costante, a seconda dell’argomento
scelto. Così diventa “preda” della stigmatizzazione dello scrittore marchigiano
che lo accusa di avere idee “rozze e offensive” e di volere un mondo fatto di
auto sfreccianti, di sacchetti dell’immondizia lasciati in pasto ai cinghiali e
di gente mossa esclusivamente dal proprio estro, alla faccia del ruolo di chi
nella vita si è messo al servizio della propria nazione. Non c’è spazio per la
provocazione “perché quelle di Vannacci non sono tali: le provocazioni, del resto,
bisogna saperle fare e vanno sempre prese molto sul serio. Qui invece - scrive ancora
Monina che spazia dal mondo cinematografico a quello letterario e musicale per
sostenere le proprie tesi - siamo proprio nei pressi di un rimpianto triviale di
un passato neanche troppo remoto, nel quale le donne, magari neanche avevano
diritto di voto, venivano licenziate al momento di sposarsi e comunque non
potevano neanche permettersi l’idea di avere un figlio e al contempo un lavoro”.
Il libro che in pochi giorni è diventato campione di vendite, pubblicato su
Amazon e in attesa che esca per una casa editrice, è dunque tutt’altro che un’opera
capace di far riflettere seriamente o di indurre a un confronto serio e ponderato.
Anche sul tema della sicurezza, tema a lui molto caro considerando il ruolo
ricoperto e al quale è dedicato un intero capitolo, “Vannacci mostra di
guardare a un modello da Stato di polizia, che vede le forze dell’ordine
autorizzate a un tipo di controlli e di interventi che mal si addicono al concetto
di democrazia” e dove i cittadini “hanno diritto di tutelarsi perché la difesa
è sempre legittima”.
Per “disinnescare” il mondo all’incontrario, per ribaltare
le idee che in questo mondo si professano è necessario prendere, insomma, il tutto
dal verso giusto. Monina, coraggiosamente, ci ha provato aprendo in maniera civile
e pacata un dibattito politico, sociale e, perché no, anche etico tra due visioni
dell’uomo e sull’uomo nelle sue più varie sfaccettature.