Diario
Civile Quand’ero
ragazzo, il sostantivo ‘polizia’ faceva rima con l’aggettivo ‘fascista’. E per
le divise, quali che fossero, nutrivamo una sincera e radicale avversione,
beatniks o sessantottini o hippies che fossimo. L’esperienza di questi ultimi
decenni mi rivela lati molto nuovi della faccenda. Per esempio, ho avuto modo
di sperimentare già da metà degli anni Novanta l’intolleranza (usiamo questo
eufemismo) con cui i servizi d’ordine della cosiddetta sinistra - sorta di
polizia interna - affrontavano il dissenso, se solo provavi a manifestarlo -
anche civilmente - in circostanze pubbliche, durante festival o manifestazioni. A
un altro livello, proprio dall’area ‘progressista’ mi è capitato di ricevere
minacce velate o esplicite di querela, prive del minimo fondamento, a solo
scopo intimidatorio. In altre parole, mi pare di avere assistito a una deriva
autoritaria progressiva proprio in quegli ambienti che amavano dipingersi come
innovatori e illuminati. Su un’altra scala, ben più grave e deprimente, ne
abbiamo avuto del resto conferma, al quadrato, nella stagione della ‘tessera
verde’: una notte della ragione nella quale, avrebbe detto il filosofo, tutte
le ideologie - da destra a sinistra - sono diventate solidalmente nere. Ecco,
incontrare Carola stamani, vigilessa della Municipale, e potermi intrattenere
con lei a lungo a ragionare sul presente, a smontarlo e a rimontarlo insieme
per intravedere un futuro migliore, mi ha dato una prova ulteriore della
clamorosa maturazione civile e culturale che si è prodotta in questi anni,
invece, proprio nelle cosiddette ‘forze dell’ordine’. Carola sa di questa cosa
in programma stamani, e allora: ‘E cosa è questo Idra di preciso?’. Arrivo
a porgerle il testo dell’invito al sindaco, e mentre glielo descrivo scopro che
Carola ha partecipato convintamente alla fiaccolata per la pace di San Miniato
al Monte promossa da padre Bernardo! Lo leggerà con attenzione, quindi,
promette. Ma adesso deve star dietro a un movimento di auto e furgoni di
carico-scarico merci che stamani ha qualche difficoltà in più: da piazza San
Firenze non si passa, perché lì stanno girando le scene di un film sul ‘mostro
di Firenze’!
Intanto
vado a stuzzicare questa classe di studenti delle medie seduta sulla lunga
panca di pietra: sono fiorentini, vengono dalla ‘Manzoni’, e li sfido a
tradurre il motto del cartello. Il ragazzino che, pronto, risponde pretende un
nove e mezzo dalla prof. E a ragione! Non sono mancati, anche oggi, gli
attestati anche vivaci di consenso a questa lettera inviata al
sindaco-che-non-c’è. Giòr, rumeno in Italia, non sopporta che un popolo abbia
dovuto subire decenni di angherie: una cosa da matti! Ma poi, si parla anche
della nostra città, e dei suoi monumenti, e dei fiorentini che sono stati
espulsi, perché Firenze deve ‘rendere’, deve trasformarsi tutta in merce
turistica. E racconta come l’ha trovata irriconoscibile, dopo averla lasciata
nel 2005. Paul, irlandese verace, quasi mi assale con la sua indignazione per
quello che sta succedendo a Gaza. Furibondo. ‘Sembra che il nostro governo sia
sul punto di votare l’espulsione dell’ambasciatore di Israele, lo speriamo
forte!’. Kàrima, marocchina, non nasconde col suo volto mesto lo sconforto. Lui
invece è croato: mentre chiede convinto il volantino in inglese, saluta a voce
alta ‘free Palestine!’ Persino una ragazza cinese si ferma: ma parla italiano,
evviva! C’è persino un folto gruppo di orientali che prima di entrare si
raccordano animatamente sul da farsi quando saranno dentro Palazzo vecchio,
indossano le cuffiette, e sostano anche a lungo. Potrebbero essere vietnamiti,
o tailandesi. Fra di loro, c’è anche un gruppo di giovani monaci buddisti, con
la bella kesa ocra. Sicuramente qualcosa diranno, qualcosa faranno, penso. Senza
esagerare, mi accosto di più col cartello inglese. Non ci posso credere: non lo
degnano, nessuno, neppure di un barlume di sguardo. E quando, agli ultimi che
entrano provo un ‘ where are you from?’, è come non avessero sentito. Ho la
sensazione che davvero parlino solo la loro lingua. E
passano questi meravigliosi pulcini colorati tutti in fila uno dietro l’altro.
Chissà come sarà apparso a loro ancora più gigantesco, questo superfortino
inventato per i priori delle Arti da Arnolfo di Cambio! Loro, un trenino di
dolcezza. E pensi ai loro coetanei di Gaza.
Carola
è tornata, ed è davvero piacevole e istruttivo conversare con lei (dove Carola
è naturalmente un nome di fantasia; a persone come lei lo devo: l’aria che
respiriamo è sempre più illiberale). Si premura di chiedermi che ascolto ho
riscosso fra i destinatari della lettera, che è stata inviata anche a tutti i
consiglieri comunali. ‘Non è dato sapere’, le spiego: ‘solo due di loro si sono
fermati a parlare, la settimana scorsa, ma che ne è nato? Viaggiano qualche
ettometro sopra la testa della gente, ci vorrà una bella rimestata sociale.’ ‘E
comunque - aggiungo - ho trovato fra voi della Municipale gente simpaticissima
e cordialissima. Anche ieri che ero in via della Ninna mi hanno risalutato con
amabile simpatia due suoi colleghi. È bello. Io trovo davvero molta più
intelligenza, ultimamente, nelle forze dell’ordine. Anche nella Digos, nella
Questura…’. Annuisce e rinforza: ‘Vede, io ho lavorato in tanti altri contesti,
anche fuori Firenze. E ho visto nei poliziotti, mi creda, in circostanze anche
molto critiche e delicate, una umanità incredibile! Non tutti magari, ma…’. ‘E
poi - propongo - io credo che c’è anche un altro ingrediente, sa? È che voi,
voi vedete tutto. Voi sapete tutto. Non potete, magari, ma sapete. E questo vi
dà un’apertura mentale speciale’. Carola mi confida a questo punto quest’idea
che non mi sembra affatto peregrina: ‘Ora che - giustamente - non c’è più il
servizio militare obbligatorio, io però un annetto di vigile urbano lo farei
fare a tutti, perché qua hai una visione trasversale, hai a che fare veramente
con tutte le situazioni, con tutti gli strati sociali, con tutte le istanze, ed
entri in gioco psicologicamente: è molto educativo, per la formazione , ecco.
Stare a contatto con la gente è proprio la parte bella del nostro lavoro! E se
non lo si prova, però, non lo si capisce’. Che bello sentire queste parole,
questa passione! Quando si allontana, ecco che arrivano dal portone d’ingresso
altri due vigili, e uno è per l’appunto il collega di cui parlavo prima a Carola.
È di nuovo un saluto amichevole. ‘Ho fatto una bellissima chiacchierata con la
vostra collega. Le dicevo, e lei mi confermava, che voi siete ormai persone
preparatissime. Quand’ero ragazzo, le forze dell’ordine eran quelli cattivi,
che picchiavano e basta. Ora è molto cambiato, ora si trova molta più consapevolezza’.
C’è una formazione completamente aggiornata, commenta affermativo. Prima si
tirava più a far ciccia. Quale
miglior sintesi?