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mercoledì 15 novembre 2023

EMPATIA
di Girolamo Dell’Olio



Diario Civile
 
Quand’ero ragazzo, il sostantivo ‘polizia’ faceva rima con l’aggettivo ‘fascista’. E per le divise, quali che fossero, nutrivamo una sincera e radicale avversione, beatniks o sessantottini o hippies che fossimo. L’esperienza di questi ultimi decenni mi rivela lati molto nuovi della faccenda. Per esempio, ho avuto modo di sperimentare già da metà degli anni Novanta l’intolleranza (usiamo questo eufemismo) con cui i servizi d’ordine della cosiddetta sinistra - sorta di polizia interna - affrontavano il dissenso, se solo provavi a manifestarlo - anche civilmente - in circostanze pubbliche, durante festival o manifestazioni.
A un altro livello, proprio dall’area ‘progressista’ mi è capitato di ricevere minacce velate o esplicite di querela, prive del minimo fondamento, a solo scopo intimidatorio. In altre parole, mi pare di avere assistito a una deriva autoritaria progressiva proprio in quegli ambienti che amavano dipingersi come innovatori e illuminati. Su un’altra scala, ben più grave e deprimente, ne abbiamo avuto del resto conferma, al quadrato, nella stagione della ‘tessera verde’: una notte della ragione nella quale, avrebbe detto il filosofo, tutte le ideologie - da destra a sinistra - sono diventate solidalmente nere. Ecco, incontrare Carola stamani, vigilessa della Municipale, e potermi intrattenere con lei a lungo a ragionare sul presente, a smontarlo e a rimontarlo insieme per intravedere un futuro migliore, mi ha dato una prova ulteriore della clamorosa maturazione civile e culturale che si è prodotta in questi anni, invece, proprio nelle cosiddette ‘forze dell’ordine’. Carola sa di questa cosa in programma stamani, e allora: ‘E cosa è questo Idra di preciso?’.
Arrivo a porgerle il testo dell’invito al sindaco, e mentre glielo descrivo scopro che Carola ha partecipato convintamente alla fiaccolata per la pace di San Miniato al Monte promossa da padre Bernardo! Lo leggerà con attenzione, quindi, promette. Ma adesso deve star dietro a un movimento di auto e furgoni di carico-scarico merci che stamani ha qualche difficoltà in più: da piazza San Firenze non si passa, perché lì stanno girando le scene di un film sul ‘mostro di Firenze’!


 
Intanto vado a stuzzicare questa classe di studenti delle medie seduta sulla lunga panca di pietra: sono fiorentini, vengono dalla ‘Manzoni’, e li sfido a tradurre il motto del cartello. Il ragazzino che, pronto, risponde pretende un nove e mezzo dalla prof. E a ragione! Non sono mancati, anche oggi, gli attestati anche vivaci di consenso a questa lettera inviata al sindaco-che-non-c’è. Giòr, rumeno in Italia, non sopporta che un popolo abbia dovuto subire decenni di angherie: una cosa da matti! Ma poi, si parla anche della nostra città, e dei suoi monumenti, e dei fiorentini che sono stati espulsi, perché Firenze deve ‘rendere’, deve trasformarsi tutta in merce turistica. E racconta come l’ha trovata irriconoscibile, dopo averla lasciata nel 2005. Paul, irlandese verace, quasi mi assale con la sua indignazione per quello che sta succedendo a Gaza. Furibondo. ‘Sembra che il nostro governo sia sul punto di votare l’espulsione dell’ambasciatore di Israele, lo speriamo forte!’. Kàrima, marocchina, non nasconde col suo volto mesto lo sconforto. Lui invece è croato: mentre chiede convinto il volantino in inglese, saluta a voce alta ‘free Palestine!’ Persino una ragazza cinese si ferma: ma parla italiano, evviva! C’è persino un folto gruppo di orientali che prima di entrare si raccordano animatamente sul da farsi quando saranno dentro Palazzo vecchio, indossano le cuffiette, e sostano anche a lungo. Potrebbero essere vietnamiti, o tailandesi. Fra di loro, c’è anche un gruppo di giovani monaci buddisti, con la bella kesa ocra. Sicuramente qualcosa diranno, qualcosa faranno, penso. Senza esagerare, mi accosto di più col cartello inglese. Non ci posso credere: non lo degnano, nessuno, neppure di un barlume di sguardo. E quando, agli ultimi che entrano provo un ‘ where are you from?’, è come non avessero sentito. Ho la sensazione che davvero parlino solo la loro lingua.
E passano questi meravigliosi pulcini colorati tutti in fila uno dietro l’altro. Chissà come sarà apparso a loro ancora più gigantesco, questo superfortino inventato per i priori delle Arti da Arnolfo di Cambio! Loro, un trenino di dolcezza. E pensi ai loro coetanei di Gaza.


 
Carola è tornata, ed è davvero piacevole e istruttivo conversare con lei (dove Carola è naturalmente un nome di fantasia; a persone come lei lo devo: l’aria che respiriamo è sempre più illiberale). Si premura di chiedermi che ascolto ho riscosso fra i destinatari della lettera, che è stata inviata anche a tutti i consiglieri comunali. ‘Non è dato sapere’, le spiego: ‘solo due di loro si sono fermati a parlare, la settimana scorsa, ma che ne è nato? Viaggiano qualche ettometro sopra la testa della gente, ci vorrà una bella rimestata sociale.’ ‘E comunque - aggiungo - ho trovato fra voi della Municipale gente simpaticissima e cordialissima. Anche ieri che ero in via della Ninna mi hanno risalutato con amabile simpatia due suoi colleghi. È bello. Io trovo davvero molta più intelligenza, ultimamente, nelle forze dell’ordine. Anche nella Digos, nella Questura…’. Annuisce e rinforza: ‘Vede, io ho lavorato in tanti altri contesti, anche fuori Firenze. E ho visto nei poliziotti, mi creda, in circostanze anche molto critiche e delicate, una umanità incredibile! Non tutti magari, ma…’.
‘E poi - propongo - io credo che c’è anche un altro ingrediente, sa? È che voi, voi vedete tutto. Voi sapete tutto. Non potete, magari, ma sapete. E questo vi dà un’apertura mentale speciale’. Carola mi confida a questo punto quest’idea che non mi sembra affatto peregrina: ‘Ora che - giustamente - non c’è più il servizio militare obbligatorio, io però un annetto di vigile urbano lo farei fare a tutti, perché qua hai una visione trasversale, hai a che fare veramente con tutte le situazioni, con tutti gli strati sociali, con tutte le istanze, ed entri in gioco psicologicamente: è molto educativo, per la formazione , ecco. Stare a contatto con la gente è proprio la parte bella del nostro lavoro! E se non lo si prova, però, non lo si capisce’. Che bello sentire queste parole, questa passione! Quando si allontana, ecco che arrivano dal portone d’ingresso altri due vigili, e uno è per l’appunto il collega di cui parlavo prima a Carola. È di nuovo un saluto amichevole. ‘Ho fatto una bellissima chiacchierata con la vostra collega. Le dicevo, e lei mi confermava, che voi siete ormai persone preparatissime. Quand’ero ragazzo, le forze dell’ordine eran quelli cattivi, che picchiavano e basta. Ora è molto cambiato, ora si trova molta più consapevolezza’. C’è una formazione completamente aggiornata, commenta affermativo. Prima si tirava più a far ciccia.
Quale miglior sintesi?