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sabato 10 febbraio 2024

CONFRONTI
di Guido Salvini



Ancora sulla Giornata della Memoria e Israele e Hamas.    
 
Non penso, come crede la scrittrice che ha risposto al mio articolo sulla giornata della Memoria, né ho scritto, non lo farei mai, che lei e gli altri come lei siano filonazisti o qualcosa di simile. Semplicemente detestano l’Occidente, in cui viviamo più bene che male, e odiano Israele, più di quanto condannino Hamas e le teocrazie autocratiche in genere. In Francia li chiamano islamo-gauchisti. Per risponderle ci vorrebbe un libro di storia dal 1948 ad oggi, anzi dal 1922, fine dell’Impero ottomano che uno Stato palestinese di certo non lo aveva creato e che considerava la Palestina una derelitta provincia semidesertica. Come non lo hanno creato la Giordania che dal 1948 al 1969 ha avuto la piena sovranità, questa è storia, su Gerusalemme est (ove ogni vestigia ebraica fu distrutta) e sulla Cisgiordania abitata da palestinesi (ora territorio dell’ANP) né l’Egitto che aveva la sovranità su Gaza.  Anzi i “fratelli arabi” hanno fatto strage di palestinesi a migliaia nell’operazione Settembre Nero in Giordania nel 1970. Ma sono morti che non valgono. Paradossalmente se non vi fosse stato il progetto dello stato di Israele anche l’idea di uno stato palestinese non sarebbe mai nata. Mi limito a una citazione e una immagine.
Conosciamo le parole del premier israeliano Golda Meir che durante le prime guerre con i paesi arabi disse “posso perdonare i terroristi per aver ucciso i miei figli ma non posso perdonarli per avermi costretto ad uccidere i loro”. Parole del genere non sarebbero nemmeno concepibili nella testa di un uomo di Hamas o di gruppi di simili. Ma spiegano tutto, quale differenza, un abisso morale, vi sia tra le due parti. Infatti se Gaza fosse la scena di un film di fantasia Hamas sarebbe il dirimpettaio che, seduto nel balconcino di casa sua e tenendo il figlioletto sulle ginocchia, spara con un mitra contro di te e la tua famiglia, costringendoti a rispondere con il rischio di uccidere il suo bambino.
Hamas sapeva benissimo quali conseguenze vi sarebbero stati per i civili perché Gaza è l’unico luogo del mondo che è diventato il tetto, abitato, di un’orribile e immensa caserma sotterranea piena di ordigni micidiali. Un reticolo di cunicoli costruito anche usando gli aiuti internazionale sottratti ai bisogni dei civili di Gaza che ci vivono sopra. A questi nascondigli gli abitanti di Gaza non si avvicinano nemmeno, non possono rifugiarvisi.



Gli abitanti di Gaza non possono decidere nulla, vivono sotto il tallone di Hamas, una delle organizzazioni che nel mondo assomiglia di più al fascismo. Sono anche loro, i 2 milioni di cittadini di Gaza, ostaggi di Hamas non meno dei 130 israeliani e cittadini di altre nazionalità scomparsi il 7 ottobre e non ancora ritrovati.
Chi giustamente piange i morti, di questi mesi, tutti e soprattutto i molti civili palestinesi, dovrebbe per prima cosa rivolgere ad Hamas, che di questi morti è diretta responsabile, un appello ad arrendersi e a lasciare Gaza. Ma nessuno lo ha fatto e nemmeno l’autrice dell’articolo che mi critica. Se ne guardano bene perché l’odio per Israele, non so se della scrittrice ma di molti sì, è troppo forte. Per un democratico sarebbe invece la prima iniziativa da lanciare, ferme anche tutte le critiche e le censure all’attuale governo israeliano di Netanyahu.
L’autrice, nel criticare il mio giudizio sugli eventi di oggi, fa anche riferimento e con un certo disappunto, come se vi fosse un contrasto, alle mie indagini sulle stragi eversive. È una polemica inutile. Le stragi sono sempre stragi sia che avvengano in Italia ad opera di fascisti e “servizi deviati” sia che avvengono il 7 ottobre nei villaggi di Israele. E in tema di stragi magari sarebbe il caso di ricordare qualche volta anche quelle di Fiumicino del 1973 e del 1985 compiute da estremisti palestinesi con 45 morti tra italiani e stranieri. Tra loro un addetto allo scalo “giustiziato” sulla pista, lo si vede in una famosa foto, con un colpo alla nuca. Domenico Ippoliti era il suo nome. Morti, vittime di stragi anch’essi, del tutto rimosse. Senza dimenticare anche l’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 in cui trovò la morte il bambino italiano di origine ebraica Stefano Tachè.
Marco Pannella negli anni ’80 aveva fatto alcuni viaggi a Gerusalemme, ove si erano tenuti anche i lavori di un Consiglio federale radicale, e aveva lanciato una campagna affinché Israele fosse ammesso nella Comunità Economica Europea per proteggerlo e con l’obiettivo di allargare la democrazia ai paesi confinanti. Con gli occhi di oggi non si sbagliava.