Ancora
sulla Giornata della Memoria e Israele e Hamas. Non
penso, come crede la scrittrice che ha risposto al mio articolo sulla giornata
della Memoria, né ho scritto, non lo farei mai, che lei e gli altri come lei
siano filonazisti o qualcosa di simile. Semplicemente detestano l’Occidente, in
cui viviamo più bene che male, e odiano Israele, più di quanto condannino Hamas
e le teocrazie autocratiche in genere. In Francia li chiamano islamo-gauchisti.
Per risponderle ci vorrebbe un libro di storia dal 1948 ad oggi, anzi dal 1922,
fine dell’Impero ottomano che uno Stato palestinese di certo non lo aveva
creato e che considerava la Palestina una derelitta provincia semidesertica. Come
non lo hanno creato la Giordania che dal 1948 al 1969 ha avuto la piena
sovranità, questa è storia, su Gerusalemme est (ove ogni vestigia ebraica fu
distrutta) e sulla Cisgiordania abitata da palestinesi (ora territorio
dell’ANP) né l’Egitto che aveva la sovranità su Gaza.Anzi i “fratelli arabi” hanno fatto strage di
palestinesi a migliaia nell’operazione Settembre Nero in Giordania nel 1970. Ma
sono morti che non valgono. Paradossalmente se non vi fosse stato il progetto
dello stato di Israele anche l’idea di uno stato palestinese non sarebbe mai
nata. Mi limito a una citazione e una immagine. Conosciamo
le parole del premier israeliano Golda Meir che durante le prime guerre con i
paesi arabi disse “posso perdonare i
terroristi per aver ucciso i miei figli ma non posso perdonarli per avermi
costretto ad uccidere i loro”. Parole del genere non sarebbero nemmeno
concepibili nella testa di un uomo di Hamas o di gruppi di simili. Ma spiegano
tutto, quale differenza, un abisso morale, vi sia tra le due parti. Infatti se Gaza
fosse la scena di un film di fantasia Hamas sarebbe il dirimpettaio che, seduto
nel balconcino di casa sua e tenendo il figlioletto sulle ginocchia, spara con
un mitra contro di te e la tua famiglia, costringendoti a rispondere con il
rischio di uccidere il suo bambino. Hamas
sapeva benissimo quali conseguenze vi sarebbero stati per i civili perché Gaza
è l’unico luogo del mondo che è diventato il tetto, abitato, di un’orribile e
immensa caserma sotterranea piena di ordigni micidiali. Un reticolo di cunicoli
costruito anche usando gli aiuti internazionale sottratti ai bisogni dei civili
di Gaza che ci vivono sopra. A questi nascondigli gli abitanti di Gaza non si
avvicinano nemmeno, non possono rifugiarvisi.
Gli
abitanti di Gaza non possono decidere nulla, vivono sotto il tallone di Hamas,
una delle organizzazioni che nel mondo assomiglia di più al fascismo. Sono
anche loro, i 2 milioni di cittadini di Gaza, ostaggi di Hamas non meno dei 130
israeliani e cittadini di altre nazionalità scomparsi il 7 ottobre e non ancora
ritrovati. Chi
giustamente piange i morti, di questi mesi, tutti e soprattutto i molti civili
palestinesi, dovrebbe per prima cosa rivolgere ad Hamas, che di questi morti è diretta
responsabile, un appello ad arrendersi e a lasciare Gaza. Ma nessuno lo ha
fatto e nemmeno l’autrice dell’articolo che mi critica. Se ne guardano bene
perché l’odio per Israele, non so se della scrittrice ma di molti sì, è troppo
forte. Per un democratico sarebbe invece la prima iniziativa da lanciare, ferme
anche tutte le critiche e le censure all’attuale governo israeliano di
Netanyahu. L’autrice,
nel criticare il mio giudizio sugli eventi di oggi, fa anche riferimento e con
un certo disappunto, come se vi fosse un contrasto, alle mie indagini sulle
stragi eversive. È una polemica inutile. Le stragi sono sempre stragi sia che
avvengano in Italia ad opera di fascisti e “servizi deviati” sia che avvengono
il 7 ottobre nei villaggi di Israele. E in tema di stragi magari sarebbe il
caso di ricordare qualche volta anche quelle di Fiumicino del 1973 e del 1985 compiute
da estremisti palestinesi con 45 morti tra italiani e stranieri. Tra loro un
addetto allo scalo “giustiziato” sulla pista, lo si vede in una famosa foto,
con un colpo alla nuca. Domenico Ippoliti era il suo nome. Morti, vittime di stragi anch’essi, del tutto rimosse.
Senza dimenticare anche l’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 in
cui trovò la morte il bambino italiano di origine ebraica Stefano Tachè. Marco
Pannella negli anni ’80 aveva fatto alcuni viaggi a Gerusalemme, ove si erano
tenuti anche i lavori di un Consiglio federale radicale, e aveva lanciato una
campagna affinché Israele fosse ammesso nella Comunità Economica Europea per
proteggerlo e con l’obiettivo di allargare la democrazia ai paesi confinanti.
Con gli occhi di oggi non si sbagliava.