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martedì 6 febbraio 2024

DIO, IL PAPA, E LA PACE
di Franco Continolo 



Per quanto ci riguarda preferiamo restare con i piedi per terra e legare la pace a delle questioni molto più concrete e terrene: fine delle sfere di influenza e della politica di rapina ai danni di altri Paesi, abolizione delle armi nucleari, conversione dell’industria di guerra (cioè di morte), scioglimento degli eserciti e delle alleanze militari, in una parola: procedere ad atti di disarmo unilaterale in maniera da spezzare la catena che lega Stati e Governi alla logica della distruzione planetaria. Responsabile non è Dio (di cui fra l’altro capi di Stato e di Governo si riempiono la bocca, come si riempiono la bocca con la religione e i suoi precetti, e vanno in chiesa, e si battono il petto da ipocriti quali sono, ed è un vero peccato che non ci sia un Dio per fulminarli), ma uomini di Governo e di Stato ben precisi. Ai quali fanno da corolla speculatori della finanza, banchieri, mercanti di armi. Sono costoro che fomentano contrasti e guerre. Ed è un piacere, in caso di conflitto nucleare, sapere che saranno liquefatti anche loro assieme ai loro familiari e ai beni che hanno avidamente accumulati. Non sarà la mano di Dio a incenerirli, ma la loro criminale stupidità. [“Odissea”] 

 
 
Se volessimo banalizzare il pensiero del Papa potremmo dire: se tutti sono buoni, fraterni gli uni con gli altri, la pace è assicurata. Oppure, peggio ancora: se la comunità mondiale fosse segnata dai (nostri) valori, la pace sarebbe assicurata. Qui il peggio sta nello sbandierare quei famigerati feticci della modernità che sono i valori. Ognuno ha infatti i suoi valori, o li intende a modo suo – e la loro oggettività è solo presunta. Oggi, come ha correttamente previsto Karl Schmitt, i valori sono diventati pretesto per la guerra. In realtà Francesco, richiamandosi a Benedetto XVI che a sua volta si richiamava a Paolo VI, dice una cosa giusta e una sbagliata: la prima è che la ragione – in termini più precisi, la politica – non è in grado di assicurare la pace perpetua, ma al massimo di predisporre le condizioni perché essa sia più giusta e duratura (che non è poco); la seconda è che affidandosi a Dio la pace perpetua è possibile. Questa seconda parte è insoddisfacente per almeno due motivi: primo, perché non si capisce in pratica come funzioni questo affidamento – viste le esperienze del potere temporale e dello IOR, meglio escludere che sia la Chiesa a fare da demiurgo; secondo, perché ogni attacco alla ragione è sbagliato. La ragione ha infatti due facce: da un lato è sete di conoscenza, della quale gli infiniti perché dei bambini sono la prima manifestazione; dall’altro è voce che viene dal profondo, che il pensiero religioso aiuta ad ascoltare. La ragione insomma non rinuncia all’ottimismo, all’ambizione di trasformare il caos in ordine; al tempo stesso, essa prepara al peggio indicando la via (infinita) per una vita comunque piena.