Per quanto ci riguarda preferiamo restare
con i piedi per terra e legare la pace a delle questioni molto più concrete e
terrene: fine delle sfere di influenza e della politica di rapina ai danni di
altri Paesi, abolizione delle armi nucleari, conversione dell’industria di
guerra (cioè di morte), scioglimento degli eserciti e delle alleanze militari,
in una parola: procedere ad atti di disarmo unilaterale in maniera da spezzare
la catena che lega Stati e Governi alla logica della distruzione planetaria. Responsabile
non è Dio (di cui fra l’altro capi di Stato e di Governo si riempiono la bocca,
come si riempiono la bocca con la religione e i suoi precetti, e vanno in
chiesa, e si battono il petto da ipocriti quali sono, ed è un vero peccato che
non ci sia un Dio per fulminarli), ma uomini di Governo e di Stato ben precisi.
Ai quali fanno da corolla speculatori della finanza, banchieri, mercanti di armi.
Sono costoro che fomentano contrasti e guerre. Ed è un piacere, in caso di
conflitto nucleare, sapere che saranno liquefatti anche loro assieme ai loro
familiari e ai beni che hanno avidamente accumulati. Non sarà la mano di Dio a
incenerirli, ma la loro criminale stupidità. [“Odissea”]
Se volessimo banalizzare il pensiero del Papa potremmo
dire: se tutti sono buoni, fraterni gli uni con gli altri, la pace è assicurata.
Oppure, peggio ancora: se la comunità mondiale fosse segnata dai (nostri)
valori, la pace sarebbe assicurata. Qui il peggio sta nello sbandierare quei
famigerati feticci della modernità che sono i valori. Ognuno ha infatti i
suoi valori, o li intende a modo suo – e la loro oggettività è solo presunta.
Oggi, come ha correttamente previsto Karl Schmitt, i valori sono diventati
pretesto per la guerra. In realtà Francesco, richiamandosi a Benedetto XVI che
a sua volta si richiamava a Paolo VI, dice una cosa giusta e una sbagliata: la
prima è che la ragione – in termini più precisi, la politica – non è in grado
di assicurare la pace perpetua, ma al massimo di predisporre le condizioni
perché essa sia più giusta e duratura (che non è poco); la seconda è che
affidandosi a Dio la pace perpetua è possibile. Questa seconda parte è
insoddisfacente per almeno due motivi: primo, perché non si capisce in
pratica come funzioni questo affidamento – viste le esperienze del potere
temporale e dello IOR, meglio escludere che sia la Chiesa a fare da demiurgo;
secondo, perché ogni attacco alla ragione è sbagliato. La ragione ha infatti
due facce: da un lato è sete di conoscenza, della quale gli infiniti perché
dei bambini sono la prima manifestazione; dall’altro è voce che viene dal
profondo, che il pensiero religioso aiuta ad ascoltare. La ragione insomma non
rinuncia all’ottimismo, all’ambizione di trasformare il caos in ordine; al
tempo stesso, essa prepara al peggio indicando la via (infinita) per una vita
comunque piena.