Pagine

sabato 23 marzo 2024

SE SCIARE … NECESSE EST!  
di Luigi Mazzella


 
 
Le recenti (e per un laico: razionalmente incomprensibili) diatribe circa l’estensione dei giorni di assenza giustificata e autorizzata degli scolari dagli istituti di istruzione non solo per la ricorrenza di festività religiose cattoliche ma anche per quelle islamiche e (perché no?) ebraiche, induiste e di qualsiasi altro credo fideistico hanno occupato largo spazio nelle pagine della stampa nazionale. A chi non abbia perso il gusto e la voglia di ragionare hanno posto anche qualche delicato problema di coerenza logica. Sul piano individuale, personale e soggettivo le norme che tutelano il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma anche associata (etc. etc.) non fanno una grinza, perché esse non intaccano le libertà degli altri di fare altrettanto per i propri convincimenti né pongono gerarchie tra i vari culti. Cominciano, invece, a destare qualche perplessità quelle che consentono a uno Stato, entità astratta, impersonale (e che dev’essere, per principio, necessariamente equidistante e imparziale) di qualificare un periodo di vacanze invernali (per consentire lo sci su piste innevate) o primaverili (per le prime gite fuori porta, favorite dal bel tempo) con denominazioni derivate dalla tradizione di una sola religione, anche se praticata da una maggioranza di cittadini. E ciò in un mondo che va globalizzandosi e articolandosi con molteplici e diverse presenze etniche e fideistiche. Lo Stato, in altre parole, in contesto umano ormai perennemente in via di trasformazione, dev’essere necessariamente ispirato a principi di laicità. Concordati o altre Intese di favore stipulate con Chiese e con altre istituzioni religiose sono aberrazioni che contraddicono tali principi. 
Se la parola d’ordine, soprattutto degli stessi credenti cristiani (ricordiamo tutti papa Francesco a Lampedusa), è quella di aprire le frontiere a chiunque, indipendentemente dai suoi convincimenti, è doveroso far sì che gli stranieri, una volta entrati negli italici confini e legittimati a permanere, possano mandare i figli nelle nostre scuole godendo del beneficio di sottrarsi alle lezioni per un periodo limitato di tempo in Gennaio o Febbraio o in Aprile-Maggio senza tirare in ballo né “natività” che altri non riconoscano come evento divino (disinteressandosi da essa) né Babbi vestiti di rosso né Befane volanti sulla scopa né fantasiose “resurrezioni” cui non tutti riescono a credere, né bianche colombe e ramoscelli d’ulivo. Naturalmente ciascuno nel proprio intimo darà a quei giorni di assenza dalle lezioni il significato anche sacro che vuole attribuirgli e si raccoglierà in preghiera dove e come creda; ma dopo una salutare vacanza trascorsa all’aria aperta quel quidam de populo, spinto a essere litigioso dall’assolutismo intollerante che è di ogni credo religioso, ci risparmierà recriminazioni su offese subite alla propria coscienza di credente.