Che cos’è
questo libro lo chiarisce Cataldo Russo stesso nella nota introduttiva al
volume: “Fra due mari, raggruppa poesie ispirate per lo più alla Calabria.
Vedo e parlo, raccoglie poesie di impegno civile che riguardano il mondo
intero e richiamano l’attenzione su fatti e accadimenti che hanno scosso le
nostre coscienze. Miscellanea, contiene poesie di variogenere e
contenuto. Viaggio da naufrago, racchiude le sensazioni di viaggi veri o
immaginari in un paese che non è più il giardino d’Europa”. Quattro sezioni
distinte, dunque, e dove le date dei singoli componimenti non ubbidiscono a
nessun criterio cronologico perché estrapolate dalle tante raccolte precedenti
per comporre L’arco teso della storia (Campanotto Editore 2023, pagg.
158). Ha fatto benissimo a ordinare in questo modo il suo libro Cataldo Russo,
un libro assolutamente compatto e soprattutto necessario. Leggendolo in tale
ordine e in tale quantità ci facciamo immediatamente l’idea di un percorso poetico
che è stato temporalmente lungo, ampio, interrogante, di presa di coscienza
profonda, di indignazione e attento come pochi alla realtà. Ad una realtà empia
e poetica insieme; scandalosa e tenera, struggente e dolorosa, malinconica e
nostalgica, e dove la prepotente bellezza della natura violata dagli uomini
sanguina e resiste come può. Grande merito di Russo è di avere rimesso al centro
la fatica del lavoro, soprattutto della vita contadina al Sud che lui ha
conosciuto a fondo. Loglio s’è attaccato alla spiga/ e la pula al chicco./
Non c’è vento/ a dar respiro alle tue fatiche./ La calura opprime anche i
pensieri./ Un’altra giornata nella vana attesa/ che una folata di vento dia
conforto/ al tuo respiro guerriero” (Estate sull’aia, 1970). Tutti i testi
scritti a Crucoli, sua terra di origine, o a quella terra dedicati, sono
potenti letterariamente, come lo sono per la profondità di adesione e di
sentimento. Ma non c’è solo la Calabria: c’è Milano e ci sono una serie di
luoghi, di città, divenute sempre più a misura di profitto e sempre meno a
taglia d’uomo (come chiude la poesia “Venezia”) e il poeta ne registra lo
sfascio, la speculazione, l’alienazione, la desocializzazione, la disumanità.
Sulla guerra, sui migranti, sulla tragedia palestinese, pochissimi poeti mi
sono parsi consapevoli ed efficaci quanto lui. Nel chiuso della carlinga/
l’angelo sterminatore semina morte. - Fratello, perché uccidi le rane?/ -
Perché gracidano ./ (…) - E quei ragazzi davanti la scuola…/ e ledonne al mercato… e?/ Perché sono troppo vicini al bersaglio.
Sono alcuni dei versi del testo “Guardo ma non vedo”. Stupendi anche i testi
più privati e familiari compresi nella sezione Miscellanea in cui dolcezza e
saggezza si fondono magnificamente. Si ha l’imbarazzo della scelta, ma almeno
uno è obbligatorio riportarlo per intero. Assaporiamo i versi di questo “Amo
l’autunno”: L’autunno frantuma le onde sugli scogli/ e soffia rabbia sugli
inermi alberi./ L’autunno urla il suo rancore e apre/ la strada al gelo
dell’inverno./ Non c’è quiete nel mio cuore. L’autunno delle passioni/ s’è
destatoprepotente e non/c’è gelo dell’inverno a stemperarlo. Un
poeta, Cataldo Russo, che ha costruito passo passo e con pazienza la sua
parabola espressiva e che in questo libro si rivela nella sua più piena e
consolidata maturità.