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sabato 1 giugno 2024

DIARIO CIVILE
di Girolamo Dell’Olio



Un altro puntino da unire.
 
Accoglienza sorridente, oggi, dalla giovane agente di turno al civico 1 di via Cavour, sede del prefetto di Firenze, e quindi del ministro dell’Interno, e quindi, su su, del presidente del Consiglio. La Casa del Potere. La Casa dell’Esecutivo. Le ricambio volentieri il sorriso.
‘Le cerco la comunicazione in questura?’
‘No, grazie, so già tutto…!’
E infatti, meraviglioso, anche la ‘prova del reato’ ce l’ha già: quella letterina Pec di dieci (10!) mesi fa che non ha dato fastidio a nessuno, né alle Ferrovie né alle Istituzioni, né ai controllati né ai controllori. Fino al prossimo disastro…
Questo era il tema principe in agenda. Almeno da inizio ottobre con quella lettera ci faccio il viottolo, come si dice a Firenze, in via Larga, come si chiamava un tempo via Cavour. E già a partire dal primo di agosto dell’anno scorso la prefetto Ferrandino e il ministro Piantedosi hanno iniziato a ricevere la richiesta - rigorosamente Pec - di “come e quando si intende rispristinare, a fronte della disinvolta inosservanza delle norme attestata dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze, il terreno della legalità”.
Silenzio. Fino al prossimo disastro.


 
Poi c’era l’altro tema - irrilevante? - del conflitto fra l’azione di sostegno politico e militare a paesi belligeranti come la repubblica Ucraina e lo stato di Israele, e l’art. 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Così difficile ricordarsela, quella Carta?
 
Infine un argomento nuovo, proposto per la prima volta in questi termini ai passanti più o meno distratti, metti che càpiti loro di frequentare bambini o ragazzi, o di esserlo addirittura loro, come le studentesse e gli studenti del vicino Liceo Galileo: il rimbambimento digitale. Dove un ruolo non secondario lo gioca la scuola, anzi la Scuola, coi soldi del contribuente paracadutati dal Ministero della (d)istruzione.
In linea con le distopie dominanti, il ‘Piano Scuola 4.0’ distribuisce a pioggia soldi e avanzamenti di carriera purché obbedienti, dirigenti e insegnanti, al comandamento digitale.
E dire che è stato proprio viale Trastevere a trasmettere a tutti i Comprensivi del Regno l’allarme lanciato all’unanimità tre anni fa dalla coraggiosa Settima Commissione permanente del Senato che aveva interpellato studiosi di ogni campo disciplinare sull’impatto devastante del digitale sugli studenti, e in particolare sui processi di apprendimento. In cima ai risultati di quell’indagine si leggono cose del tipo “Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica”.
Quisquilie, insomma.
Quel documento si chiude col richiamo alla «dittatura perfetta» vaticinata da Aldous Huxley: «Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù». E con una diagnosi impietosa: “Giovani schiavi resi drogati e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro”.
Quello che il nostro Francesco ha saputo sintetizzare in un’asciutta idea grafica: nella Scuola 4.0 entri umano ed esci automa.


 
E allora, una sveglia va data! Sì: una sveglia!
Anche oggi m’è scappato più di una volta di dirlo a qualche gruppetto di adolescenti che girano come senza meta: ‘Sveglia ragazzi, sveglia! Qui si dorme!’
È buffo vedere come reagiscono. Ti aspetteresti che si offendano, o che protestino, o che ti ‘mandino’. E invece no: ti guardano sorpresi come se un campanello avesse iniziato a squillare, come se li avesse davvero destati dal torpore dei gesti ripetuti, delle posture obbligate, delle mode qualsiasi. Ti guardano e ti chiedono: ‘Perché? Cosa dovremmo fare?’.
‘Guardarvi intorno, ragazzi, aprire gli occhi: vi stanno mangiando il presente e l’avvenire e manco ve ne accorgete. Cominciate a dargliela voi una direzione, a questo mondo che gira sbagliato, invece di stare col capo chino su queste macchinette che vi stregano. Per esempio… l’avete visto qui a Firenze…’
‘Ma noi siamo di Pisa’, mi ribatte questo gruppetto, oggi.
E scoppiamo a ridere.
‘Però leggetelo lo stesso ’sto volantino, che di sicuro a Pisa fanno uguale…!’
Ripartono, ma quello che il volantino l’ha preso si volta, mi strizza l’occhio e alza il pollice. Non ha avuto il tempo di leggere neanche un rigo, è chiaro, ma il messaggio e l’impulso l’ha afferrato in pieno.
Gli ricambio di cuore il segno d’intesa.
 
Una cosa è certa. Su questa storia del digitale, del green e del gender occorre manifestare davanti alle scuole. Come durante la cupa stagione del green pass. Occorre che i ragazzi vedano, sentano, tocchino che - come recita quel bell’adagio che col Covid ha fatto la fine della bandiera della pace, della cultura alternativa e dell’ecologismo sociale - ‘un altro mondo è possibile’.
Prima che l’anno scolastico chiuda i battenti, ci si proverà. Magari anche in zona ‘maturità’, quando ai ragazzi viene chiesto - ma in quale spazio di pensiero critico? - di unire i puntini delle discipline, dei saperi, delle consapevolezze.