ABROGARE L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA di
Franco Astengo
In
un momento di grandissima delicatezza per i già fragili equilibri costituzionali
muovere una macchina organizzativa di grandi dimensioni come quella
referendaria per obiettivi parziali tattici significherebbe mostrare sfiducia
rispetto alla nostra capacità di mobilitazione e di conseguimento di un
risultato - quello di respingere il ddl sull’autonomia differenziata -
fondamentale per la prospettiva democratica del Paese. Al di là delle giuste
ragioni di carattere giuridico (ed anche tattico) che pure fanno prevalere per
questo tipo di scelta si tratta del nodo politico che va affrontato fino in
fondo sul terreno della qualità della democrazia costituzionale che è
necessario difendere e affermare. Si ricorda ancora l’importanza nel frangente
delle categorie definite “No Lep” che collocano la vicenda ben oltre a quella
fondamentale dell’equità e dell’uguaglianza formale ma nel pieno della
prospettiva di collocazione strategica dell’Italia anche rispetto all’Europa
(intervento in economia, finanza, fisco, ecc.). La richiesta di abrogazione
totale risulterebbe inoltre in linea con la necessità di invertire la rotta da
quella sciagurata rincorsa alle ragioni di altri che fu all’origine della
modifica del titolo V della Costituzione nel 2001; analogo atteggiamento
subalterno del resto fu tenuto anche in occasione del referendum del 2020 sul
taglio nel numero dei parlamentari, scelta di cui stiamo pagando conseguenze
molto amare. Naturalmente la scelta dell’abrogazione totale presenta rischi
evidenti e necessità di un impegno straordinario, ricordando sempre le grandi difficoltà
di mobilitazione dell’elettorato: ma non è possibile deflettere dal cercare un
risultato che alla fine rappresenterebbe una vera alternativa.