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domenica 14 luglio 2024

DOVE LA CITTÀ COMINCIA
di Alessandro Zaccuri


 
Lo scrittore Alessandro Zaccuri

La mia famiglia arrivò a Milano nel 1972. Avevo nove anni e resto convinto che, rispetto a oggi, fosse un’altra città. Abitavamo alla Barona, quartiere meridionale che in quel periodo si stava riqualificando come zona residenziale. I padroni di casa erano tutt’altro che abbienti, ma avevano acceso il mutuo al momento giusto e quel mutuo adesso glielo pagava il nostro affitto. Era un grande complesso abitativo, di quelli che andavano per la maggiore all’epoca. Un unico serpentone con tanti ingressi in successione, sussiegosamente rinominati “scale”. Nelle giornate di nebbia, da un estremo dell’edificio non riuscivi a vedere la costruzione per intero. Anche la nebbia, cinquant’anni fa, era di una sostanza diversa, più invadente e densa. Quando ho nostalgia di quello scenario, mi basta recuperare certe sequenze dello Stalker di Tarkovskij. Non per vantarmi, ma per un po’ anch’io sono stato uno della Zona.
Qualche anno più tardi, quando i proprietari si decisero a insediarsi nell’appartamento, ci spostammo verso il centro, in quello che era e rimane un buon indirizzo. Non lo rivelo più per pudore che per privacy, anche se di recente mi sono reso conto di aver avuto un futuro presidente del Consiglio tra i vicini di casa. Vogliamo restare sul vago? Bene, diciamo piazza De Angeli e adiacenze, il Pio Albergo Trivulzio dall’altro lato della circonvallazione e le boutique di via Marghera a due passi. Alla Barona, da lì in poi, era tutta campagna. Da De Angeli, invece, era tutta città: piazza Piemonte, corso Vercelli, corso Magenta, via Meravigli, lo slargo del Cordusio, il trionfo del Duomo. L’Università Cattolica rimane a metà strada: lì ho studiato, lì lavoro. Per me questa è Milano in purezza. Il Cenacolo, Sant’Ambrogio, San Maurizio, i resti romani. Non mi azzardo a chiamarla la mia zona, mi ritengo fortunato per il solo fatto di poterla frequentare ogni giorno.



Nel frattempo abito da un’altra parte, non lontano dalla Barona. Sono tornato a sud, si vede che era destino. Ancora una volta, non eccediamo in dettagli. Siamo verso Gratosoglio, lungo il Naviglio Pavese. Parva sed apta mihi, definiva Ariosto la sua dimora ferrarese e, sinceramente, non posso non essere d’accordo. Dalla finestra della stanza dove sto lavorando si vedono gli alberi e, dietro gli alberi, c’è una fuga di campi. Forse questa è la mia Milano preferita: il punto in cui sembra che la città finisca, mentre è qui – proprio qui – che la città comincia.