Usa-Israele Seguo
quasi puntualmente le manifestazioni in sostegno alla Palestina; quando posso
col freddo, con la pioggia, col vento o con l'afa vado. Nondimeno fin dagli
anni ottanta ho cercato di approfondire le cause e gli effetti della situazione
colà creatasi a partire dal 1948. Riflettendoci mi sono reso conto che sulla
guerra v'è un elemento di cui non si parla, o si parla poco e non nei media di
grande impatto, quindi risulta misconosciuto ai più. Tutti sanno dell'asse
d'acciaio tra Usa e Israele, dell'aiuto e sostegno ad ogni livello che gli Usa
elargiscono agli israeliani, ma nessuno verifica o risale alle cause originarie
dalle quali deriva e si cementa. I più riducono il fatto alle forti pressioni
economiche e politiche della forte lobby israeliana che vi è in America.Non è solo per via
del lobbismo. Allora perché quest'asse? Non è solo nemmeno per una questione di
mera geopolitica. Sulla guerra è passata, sopra le nostre teste, la narrazione
che la causa scatenante sia stata dovuta all'attacco di Hamas del 7-10-2023.
Nessuno, tranne poche eccezioni, molto minoritarie e censurate
dall'informazione, ha cercato di capire se il 7 ottobre sia stata la causa
oppure di converso l'effetto. In pratica si è cercato in tutti i modi
d'oscurare che il 7 ottobre altro non è stato se non l'effetto dei numerosi
raid israeliani sulla striscia e dei numerosi insediamenti coloniali in Cisgiordania.
Tutto ciò ha creato odio e rancore tra i palestinesi. Di fatto sono gli
israeliani a voler cacciare i palestinesi dalla Palestina: idea assurda e
irrealizzabile alla quale solo i fondamentalisti ebraici possono credere,
grazie alla forza della superiorità militare. Se cessassero le cause
cesserebbero gli effetti. Invece la narrazione ha polarizzato l'informazione:
chi giustifica Israele riconducendo e riducendo il tutto all'attacco del 7
ottobre e chi si commuove di fronte a cotanta tracotanza e alle stragi di bambini
e civili. La polarizzazione è una tecnica volta a confondere le acque e fare di
tutta l'erba un fascio cosicché tutti hanno ragione e tutti hanno torto: cioè
nessuno ha torto e tutti hanno ragione. Si genera una sofisticata realtà dove
verità e falsità vengono messe sullo stesso piano e si ribaltano a vicenda come
la frittata. Ma di quale idilliaca corrispondenza d'amorosi sensi si tratta?
Quali sono le originarie e profonde consonanze mentali, filosofiche e religiose
che li accomunano? Per capirlo bisogna ricercare le origini della formazione
degli USA. Modus operandi e forma mentis degli Stati Uniti vanno trovati nella
mentalità Puritana. Il puritanesimo è una religione protestante che si ispira
alle idee di Calvino sull'interpretazione delle Sacre Scritture. Sulle idee
Puritane si informa e si nutre la colonizzazione dell'America; ancora oggi
queste idee sono il fulcro della mentalità statunitense. Questa mentalità è
molto affine all'ebraismo. Infatti entrambe le fedi pensano e reputano di
essere le uniche depositarie della verità dei sacri testi. Di conseguenza
entrambe sono delle religioni fondamentaliste, dogmatiche e intolleranti
all'altrui visione del mondo sia in senso stretto quanto in senso lato. I Padri
Pellegrini partiti da Plymouth concepirono l'estenuante traversata dell'oceano
come un vero e proprio Esodo biblico. Concepirono il Nuovo Mondo (New England)
come la Terra Promessa (Nuova Sion) da conquistare alla Wilderness (terra
selvaggia, ostile) e strapparla ai Nativi; quest'ultimi da addomesticare e
convertire.
I
puritani sono la nuova Gerusalemme, il nuovo popolo eletto, sono, come dice
la PiattaformadiCambridge del 1648: “una compagnia di gente messa insieme dal
Patto per il culto di Dio”. I primi nuclei di colonie furono delle vere e
proprie Teocrazie. Queste similitudini con l'ebraismo dimostrano la stretta
affinità elettiva tra USA e Israele. Alla stregua degli ebrei i puritani
considerarono la traversata come una liberazione dalla schiavitù della Vecchia
Inghilterra. Ebbero gioco facile contro i Nativi indigeni e non trovarono
ostacoli né nella vecchia religione costituita, né nell'aristocrazia resiliente
contro cui nel Vecchio Mondo la borghesia nascente dovette lottare. Dal
calvinismo i Puritani attinsero la concezione individualista dell'uomo sotto le
due forme, a) utilitaristico, b) espressivo. Il Self Made Man e il
comportamento interiore ed esteriore, (come ti vedi tu e come ti vedono gli
altri). Questa è l'American way, o meglio l'American Puritan way. Ci si deve realizzare
(per il proprio bene) mettendo in pratica tutto ciò che è utile per raggiungere
una posizione, altrimenti sei un fallito (gli altri ti vedono e giudicano
così). Questa forma mentis è tradotta nella gestione del potere da una élite di
persone che rientrano nel cerchio magico WASP (Withe Anglo Saxon Protestant).
Su queste tesi si basa l'ideologia del capitalismo che è l'altro pilastro del
potere su cui si fonda l'asse di ferro Usa/Israele. Il
sionismo è un fascismo mascherato basato sulla bieca convinzione nazionalista
del Popolo Eletto; il migliore, il perfetto. Esso è prediletto da Dio e ne ha
l'investitura per compiere la missione di redimere tutti gli altri popoli a
loro immagine e somiglianza con le buone o con le cattive. Non si può essere
antisionisti se non si è nel contempo anticapitalisti, altrimenti si scivola in
contraddizione Nel giro di meno un secolo, dal 1945, siamo passati da un mondo
bipolare (capitalismo/socialismo) al mondo unipolare del pensiero unico
ricattatorio (se non ti adegui ti affamiamo). Ora negli ultimi anni, aldilà del
blocco Atlantico, un mondo multipolare con nuovi protagonisti si affaccia sulla
scena internazionale: Asia, America Latina, Africa e Russia. Può darsi che il
pensiero unico sia al tramonto e le guerre sono il suo colpo di coda?
D'altronde
sarebbe augurabile un'economia di mercato senza pensiero unico, una coesione
pacifica tra tutti gli Stati e non una competizione sfrenata che genera
conflitti e guerre. Non si può essere contro la guerra e nel contempo avallare
il modello sociale ed economico americano con la sua falsa democrazia di
facciata da esportare a livello globale. I neoliberisti di sinistra, (ci sono
tante di anime belle che si pavoneggiano pro Palestina solo per l'immagine
mentre nei fatti restano incoerenti con le mani in tasca), se ne facciano una
ragione. È contraddittorio essere contro il genocidio su Facebook e non
sventolare la bandiera palestinese dal balcone. Questa si chiama ambiguità
politica alla spasmodica ricerca di consenso elettorale. Un fine che non
giustifica i mezzi.