Pagine

giovedì 19 settembre 2024

EUROPA: SPAZIO POLITICO PER LA PACE
di Franco Astengo


 
La formazione della nuova Commissione Europea è condizionata da un fattore centrale, quello della guerra: ed è sul tema della guerra che si sta sviluppando quella sorta di "supercommissariamento" attraverso la cosiddetta "ricerca Draghi" che appare nella proposta di investimento per le spese belliche il vero riferimento della nuova maggioranza europea sostenuta a destra da chi ritiene necessaria la coincidenza UE/NATO. A fianco della proposta di crescita esponenziale delle spese militari si ripresenta anche lo spettro del nucleare, che si vorrebbe "civile" facendo finta di non capire che si tratta comunque di un ulteriore passo nell'avventura bellica (non apriamo il capitolo dell'innovazione tecnologica, del cyberspazio, dell'uso dell'Intelligenza Artificiale, dell'utilizzo degli strumenti di informazione e conoscenza). Così, in questo quadro drammatico, apparentemente sulla questione di un voto "istituzionale" il gruppo socialista è andato in fibrillazione e il PD italiano che ne fa parte rischia una rottura (mutatis mutandis è l'antica storia dei crediti di guerra, quella che affondò nel 1914 l'Internazionale Socialista). In questo contesto che sicuramente è qui analizzato in maniera a dir poco lacunosa e che, invece, avrebbe bisogno di un ampio approfondimento la sinistra italiana è chiamata a riconsiderare lo spazio politico europeo. Lo spazio politico europeo è stato fin qui oggetto di logiche alternative: chi lo ha considerato coincidente con l’UE sposando in toto gli intendimenti maggioritari e chi (sempre confondendo spazio politico europeo e UE) l’ha demonizzato come fonte di totale acquiescenza ai meccanismi capitalistici di finanziarizzazione dell’economia e di conseguenza della guerra. Nella situazione attuale potrebbero invece servire proposte politiche che individuino l’Europa come “spazio politico”, affidando alla questione della pace la necessaria centralità. Tornano così alla mente concetti che apparivano desueti quali quelli di “neutralità” o di “smilitarizzazione.
Non è questa la sede per avanzare proposte immediate al riguardo di una situazione in così repentino sviluppo, ma appare proprio il caso di definire un ritorno alla riflessione su alcune concezioni di teoria politica. È il caso del concetto di “neutralità” sul quale, tra l’altro, al tempo della prima guerra fredda insistettero molto i partiti socialisti occidentali, nello specifico il PSI, che pure aveva una grande tradizione nel merito, se pensiamo al “né aderire, né sabotare” adottato in occasione della prima guerra mondiale. Posizione originale e coraggiosa rispetto agli altri grandi partiti socialisti occidentali, quello francese e l’SPD tedesca che, come ricordavamo all'inizio, appoggiarono, invece, nella sostanza le azioni di guerra imperialistiche dei rispettivi Paesi votando sia all’Assemblea Nazionale sia al Reichstag i necessari crediti di guerra.



Limitiamoci però all’analisi del concetto teorico di “neutralità” che potrebbe essere collegato alla definizione di uno spazio politico europeo e alla presenza di una sinistra sovranazionale. In senso stretto neutralità è la situazione giuridica regolata dal diritto internazionale di estraneità e di equidistanza di uno Stato in presenza di un conflitto armato, tra gli stati. L’istituto ha una lunga storia di convenzioni e norme. Il concetto, invece, pone una serie di problemi, provocati dalla pluralità dei significati di neutralità e dei termini giuridici e politici da esso derivanti (neutralizzazione, neutralismo) ma soprattutto dalla relazione di neutralità con concetti come guerra, terzo, amicizia. Oggi l’idea di “neutralità” potrebbe essere collegata a una ripresa del discorso su di una “terza via” riferita non semplicemente alla ricerca di un equilibrio tra sistemi politici ma all’elaborazione di una strategia globale posta sul piano delle relazioni internazionali riportando al centro l’idea fondamentale del rapporto Nord/Sud in un quadro di progressiva smilitarizzazione. Potrebbe essere possibile allora avanzare una proposta di struttura politica europea fondata sulla ripresa di alcune concezioni di carattere costituzionale e di ruolo degli organismi elettivi in un disegno di raccordo tra il lavoro dei Parlamenti Nazionali e di quello Europeo.
La sinistra potrebbe tentare di muoversi per costituzionalizzare la neutralità in parallelo con la nascita di uno spazio politico europeo nel quale agire in una dimensione di potestà sovranazionale. Una sovranazionalità che ritorni ad individuare un nesso con il concetto di neutralità codificato in passato, tra gli altri, da Grozio, Wolff, Vattel e poi ripreso da più parti nel cuore della “guerra fredda”. Una sinistra sovranazionale che recupera la centralità del diritto pubblico europeo come proprio fondamento nel determinare l’indirizzo della propria politica.