Malgrado
un’ampia mobilitazione popolare internazionale, la guerra di Gaza si estende
anche alla Cisgiordania, e, a detta del governo israeliano, proseguirà con le
stesse modalità che ha assunto finora. È venuto il momento che i
governi occidentali, in particolare quelli europei - e, fra questi, quello
italiano - si assumano le loro responsabilità. Con
l’estensione del conflitto, la dimensione delle violazioni del diritto
internazionale sin qui commesse pare destinata ad aumentare. Il rischio del
consumarsi di un genocidio sembra destinato a moltiplicarsi, come sembrano
destinate a moltiplicarsi le violazioni generalizzate delle norme più
elementari del diritto umanitario sinora già ampiamente commesse ai danni di
civili inermi. Non vi è dubbio, poi, che l'autodeterminazione del popolo
palestinese continuerà a essere conculcata, accentuandosi la sua sottoposizione
a un regime di chiara segregazione razziale, se non di apartheid. A
tutte queste circostanze, la Corte internazionale di giustizia ha fatto
riferimento sia nelle sue ordinanze sull'azione intrapresa contro Israele,
dinanzi ad essa, dal Sudafrica, sia nel parere (reso su richiesta
dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite) sulle conseguenze giuridiche
dell'occupazione israeliana. Qui va sottolineato con chiarezza che si tratta di
circostanze che non sono neutre politicamente, e neppure giuridicamente, per
gli Stati terzi rispetto al conflitto. Gli obblighi derivanti dal divieto di
genocidio, dal divieto di violazioni gravi, massicce e sistematiche dei diritti
umani, dal principio di autodeterminazione dei popoli sono obblighi
inderogabili ed "erga omnes". Essi sono tutti contemplati dal diritto
internazionale generale, oltre che da alcune convenzioni internazionali
rilevanti (per esempi, quella sul genocidio del 1948 e quelle sul diritto
internazionale umanitario del 1949, di cui gli Stati europei e l'Italia sono
parti). In forza di questi obblighi, gli Stati terzi rispetto al conflitto sono
tenuti, dunque, non solo a disconoscere le situazioni illecite in cui si
traducono le violazioni in corso, ma anche a non prestare alcun aiuto o
assistenza a chi le ponga in essere. Ad oggi, però, solo pochi Stati europei,
fra i quali non rientra l’Italia, hanno riconosciuto lo Stato di Palestina,
adottando una decisione che esprime il disconoscimento della situazione
illecita, creata dall'occupazione israeliana e sancita come tale dal parere
della Corte internazionale di giustizia. Inoltre, gran parte degli Stati
occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, continuano a fornire supporto
militare e finanziario a Israele, malgrado - val la pena ripeterlo - il rischio
del verificarsi di un genocidio, il ricorrere di violazioni massicce e
generalizzate del diritto umanitario, la persistente e crescente
occupazione israeliana di territori palestinesi. Insomma,
va detto forte e chiaro: ai crimini contro l’umanità commessi da Hamas,
tragicamente ancora in corso, e ai crimini commessi dalle truppe israeliane -
oggetto di ben due procedimenti giudiziari internazionali (rispettivamente,
dinanzi alla Corte internazionale di giustizia e alla Corte penale
internazionale) - si aggiungono oggi violazioni del diritto internazionale,
forse meno eclatanti, ma non meno produttive di tragici effetti, commesse da
larga parte della comunità internazionale. E va aggiunto che la commissione di
tali violazioni, per quanto riguarda l’Italia, si traduce anche nella mancata
attuazione di obblighi costituzionali, da parte dello Stato. Ciò
perché, in virtù dell’art. 10 della Costituzione, che impone il rispetto del
diritto internazionale generale nel nostro ordinamento, i doveri di
disconoscimento di situazioni derivanti dalla violazione di obblighi
internazionali cogenti ed erga omnes, e di non cooperazione rispetto
alla loro violazione, gravano sugli organi statali, con la forza propria dei
doveri costituzionali.Dinanzi a una
simile situazione è assolutamente necessario dunque che il governo italiano si
metta in condizione di adempiere a tali doveri; che esso faccia chiarezza,
anzitutto, sull'opaca questione del trasferimento di armi italiane a Israele,
fugando ogni dubbio sorto al riguardo, per via di accurate, recentissime
inchieste giornalistiche; che esso renda conto, in modo altrettanto puntuale,
dell'entità e dell'effettiva proporzionalità dell’impegno finanziario italiano
a sostegno dell’azione di agenzie delle Nazioni Unite (e di altri organismi
internazionali), volta a mitigare la catastrofe umanitaria e a prevenire il
verificarsi di un genocidio; che su dette questioni e sul complessivo atteggiamento
dell’Italia a proposito delle violazioni in atto e di quelle suscettibili di
prodursi, siano puntualmente e dettagliatamente informati, sia l’opinione
pubblica che il Parlamento; che il Parlamento sia posto nell’effettiva
condizione di dibattere e di adottare una mozione di indirizzo sui
comportamenti necessari a dare piena e immediata esecuzione agli obblighi
internazionali indicati, e allo stesso art. 10 della Costituzione. Marisa
Laurito, Luciano Stella, Giulia Agrelli, Ottorino Cappelli, Nino Daniele,
Pasquale De Sena, Alfredo Guardiano, Amalia Scielzo, Biancamaria Sparano,
Vitaliano Menniti, Marialuisa Firpo, Mario Rusciano.