Ieri solo tre giornali, il Sole 24 Ore, il
Fatto Quotidiano e la Stampa, hanno dato notizia con
titoli in prima pagina dell’ammonimento di Putin – il titolo della Stampa,
l'unico seguito dalle parole iniziali del commento – quello di una
professionista dell’antiputinismo – è un esempio di superidiozia giornalistica:
"Lo zar spalle al muro alza ancora la posta”. Il riferimento è
al breve discorso con il quale mercoledì il presidente russo ha introdotto il
Consiglio di Sicurezza dedicato alla revisione della dottrina della deterrenza
nucleare. Si tratta di un ammonimento, e di un ammonimento
molto tempestivo, perché è rivolto a Washington mentre è in corso la
visita del fantoccio Zelensky, il quale, come si sa, avendo ormai esaurito le
forze, vuole l’escalation e un più diretto coinvolgimento della
NATO. L’ammonimento consiste nel minacciare l’uso dell’atomica anche nel caso
di attacco non nucleare NATO; esso si aggiunge a quello di San Pietroburgo,
con il quale il presidente spiegava perché l’impiego dei missili a lungo raggio
contro la Russia rappresenti un attacco NATO. Siamo dunque a un passo dalla
guerra nucleare, e il giornalismo mainstream, non
solo nostrano, sottovalutando l’ammonimento, dà prova ancora una volta di
asservimento e di irresponsabilità. La lodevole eccezione è Barbara Spinelli
che, pur senza fare diretto riferimento all’ammonimento di Putin, denuncia la
superficialità, l’incoscienza, con la quale il mondo, sotto la spinta degli
Stati Uniti, dell'UE e di Israele, marcia spedito verso la catastrofe nucleare.
Disarmo, nucleare in primis, è ormai una parola in disuso, dopo che Washington
ha smantellato, uno alla volta, i trattati che avevano portato prima alla
Distensione, poi alla fine della Guerra Fredda. Disarmo è una parola assente
nella campagna elettorale americana, nota il Bulletin of the Atomic
Scientists, che propone i suggerimenti di 9 esperti ai giornalisti per
sollecitare il dibattito su una questione vitale. E, con l’eccezione del
segretario generale, disarmo è una parola assente anche nell’aula dove si
svolge l’Assemblea annuale delle Nazioni Unite. Qui il tono è dato dalle
(abituali) fesserie di Baiden. Altri tempi e altra America quella di John
Kennedy, il cui discorso del 1961 ha al centro il disarmo nucleare. Il valore
di queste parole è accresciuto dal fatto che il presidente era ancora un “cold
warrior”, come si può vedere dai giudizi sul Sud Est asiatico e su Berlino.
Sarà poi la volontà di cambiare rotta in Vietnam uno dei moventi
probabili dei suoi assassini – il criminale Johnson darà via libera
immediata all’escalation. Probabile è anche che i mandanti
dell’assassinio di Dag Hammarskjold, il segretario generale dell’ONU perito
durante una missione di pace in Congo, al quale Kennedy rivolge un
commosso omaggio, siano gli stessi del presidente. Sono due assassinii
che segnano un cambiamento epocale per la democrazia americana e per il
mondo, da allora sotto il giogo del deep state”.