La
poesia empatica di Antje Stehn Benché
la sua lingua di origine sia il tedesco, Antje Stehn sceglie per Guerra, sottotitolo: L’empatia è
un lungo percorso di apprendimento (Rucksack Book Edizioni, pagine 70, 2024)
un italiano di energica espressività e in versi liberi, con limitate
concessioni liriche. Coordinatrice del progetto internazionale di poesia civile
“Rucksack a poetry patchwork”, l’autrice si conferma fedele all’esigenza
dello sconfinamento linguistico. Pace come contrario della guerra e
comunicazione che può prevenire la violenza. Cos’è infatti la pace? “Da decenni
/ vogliamo parlare della pace / non esiste innocenza in questa parola / ciò che
si stende tra guerra e pace / ha solo il breve respiro di una tregua”. Guerra propone visioni utopiche,
purtroppo non più pre-visioni, che collocano proprio la pace nell’unica ottica
possibile che ci sia dato acquisire come prospettiva politica: dichiarare, e
con ogni forza, no alla guerra. Qui, con le armi della poesia. Il “minuscolo
spazio tra privato e pubblico / il punto intermedio che concentra / conflitti e
sangue”, il confine che potrebbe abbattere la necessità del muro e aiutarci a
coltivare un seme per l’idea di limite non in quanto principio di esclusione, ma
di spazio comunitario, sarà luogo di incontro e àmbito di elaborazione del
male, della sua insistita banalità, nell’ascolto degli intenti e delle esigenze
altrui: “I bambini dovrebbero
imparare a scuola come risolvere i conflitti”.
Se anche i testi di
Guerra sono semi di pace, Antje Stehn, come il pastore delle mele Korbinian
Aigner da lei presentato, che a Dachau innestava nuovi semi di mele
(“battezzava le pianticelle con speranza / densa come sangue”), ci indica una
verità elementare: creare la pace, e non per mezzo della guerra.