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martedì 15 ottobre 2024

SCAFFALI
di Giancarlo Sammito



La poesia empatica di Antje Stehn
 
Benché la sua lingua di origine sia il tedesco, Antje Stehn sceglie per Guerra, sottotitolo: L’empatia è un lungo percorso di apprendimento (Rucksack Book Edizioni, pagine 70, 2024) un italiano di energica espressività e in versi liberi, con limitate concessioni liriche. Coordinatrice del progetto internazionale di poesia civile “Rucksack a poetry patchwork”, l’autrice si conferma fedele all’esigenza dello sconfinamento linguistico. Pace come contrario della guerra e comunicazione che può prevenire la violenza. Cos’è infatti la pace? “Da decenni / vogliamo parlare della pace / non esiste innocenza in questa parola / ciò che si stende tra guerra e pace / ha solo il breve respiro di una tregua”. Guerra propone visioni utopiche, purtroppo non più pre-visioni, che collocano proprio la pace nell’unica ottica possibile che ci sia dato acquisire come prospettiva politica: dichiarare, e con ogni forza, no alla guerra. Qui, con le armi della poesia. Il “minuscolo spazio tra privato e pubblico / il punto intermedio che concentra / conflitti e sangue”, il confine che potrebbe abbattere la necessità del muro e aiutarci a coltivare un seme per l’idea di limite non in quanto principio di esclusione, ma di spazio comunitario, sarà luogo di incontro e àmbito di elaborazione del male, della sua insistita banalità, nell’ascolto degli intenti e delle esigenze altrui: “I bambini dovrebbero imparare a scuola come risolvere i conflitti”. 



Se anche i testi di Guerra sono semi di pace, Antje Stehn, come il pastore delle mele Korbinian Aigner da lei presentato, che a Dachau innestava nuovi semi di mele (“battezzava le pianticelle con speranza / densa come sangue”), ci indica una verità elementare: creare la pace, e non per mezzo della guerra.